Fare il Presepe oggi come atto di protesta

Fare il Presepe oggi come atto di protesta

Nel 1223 San Francesco creò il primo Presepe, dando inizio a una tradizione lunga ormai 8 secoli, che vede Napoli come autentica capitale di quella che è ormai largamente considerata un’arte, ma con punte di eccellenza anche altrove in Italia.

Purtroppo però la tradizione di fare il Presepe, da alcuni anni, sembra sbiadirsi anno per anno, complici vari fattori. A partire dall’invasione di nuove moderne tradizioni, in primis l’albero, che ha anche esso un passato plurisecolare (pare che il primo albero di Natale risalga al 1510, in quel di Tallin, capitale dell’Estonia). Ma anche i villaggi natalizi e figure varie che invadono le nostre case, talvolta quasi dal sapore pagano (pupazzi di neve, renne, Babbo Natale, il soldato schiaccianoci, ecc.). Per non parlare delle luci e dei festoni con cui addobbiamo giardini ed esterni delle abitazioni.

Ma non è solo un fatto di simbolismo commerciale. La fine del Presepe è un rischio dovuto a profonde ragioni sociali, perfino geopolitiche.

Fare il Presepe oggi come atto di protesta

Per quanto riguarda le prime, il presepe ha come suo fulcro proprio la famiglia tradizionale: un padre, una madre e un bambino. Bene, sembra che fattori come l’ideologia woke imperante da un lato e quella Queer in ascesa dall’altro, quasi facciano sembrare questo stato di cose una ostentazione inutile, arcaica, fuorviante, poco rappresentativa. Un po’ quanto sta accadendo per un altro simbolo della cristianità: la croce.

Infine, ci si mettono anche questioni geopolitiche. Gesù è nato da una famiglia di immigrati, i quali, partiti da Nazareth sono passati per l’attuale Cisgiordania arrivando fino a Betlemme. Oggi il cristianesimo si è svenduto al sionismo, i territori che furono rotta di Giuseppe e Maria sono prevalentemente occupati dagli israeliani e molto probabilmente, un simile viaggio oggi sarebbe quasi impossibile. Sicuramente rischioso.

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