Hitler e Sionismo, un’alleanza segreta tenuta nascosta

Hitler e Sionismo, un’alleanza segreta tenuta nascosta

Adolf Hitler sarebbe servito al progetto Sionista di creare un grande Stato di Israele. Finanziato tra gli altri dai Rothschild. Ecco come.

L’intreccio Sionismo-Nazismo che si sta consumando in Ucraina non deve sorprendere più di tanto. Questi due emisferi della storia, così apparentemente agli antipodi, si sono già incrociati giusto un secolo fa. Il Sionismo si è servito delle ambizioni e del rancore di Adolf Hitler per la realizzazione dello Stato di Israele.

Anche nella stessa Ucraina, il nazismo ha messo radici nella Seconda guerra mondiale, grazie a una figura come Stephan Bandera, l’eroe dei nazisti ucraini che governano il Paese dal 2014 e del quale abbiamo parlato qui. I nazisti ucraini si resero protagonisti di indicibili massacri verso i loro connazionali ebrei, anche neonati.

Ma torniamo all’alleanza tra Sionismo e Hitler, ben secretata dai libri di storia e dai media mainstream. E non certo raccontata alle scolaresche in visita ad Auschwitz.

Cos’è il Sionismo

A spiegare come stanno le cose è il giornalista Cesare Sacchetti sul suo blog, partendo da cos’è il Sionismo.

La Prima guerra mondiale fu l’occasione, oltre che di sfaldare il grande Impero tedesco, anche di abbattere il vasto e glorioso Impero Ottomano, ultimo rimasto in piedi del vecchio mondo che precedeva il Secolo breve, come definì il ‘900 Eric Hobsbawm.

Quale occasione migliore per il sionismo internazionale e la famiglia Rothschild (ne abbiamo parlato qui), secondo cui l’impero Ottomano (oggi riconducibile alla sola Turchia), andava rimosso per consegnare il mandato della gestione della Palestina alla Monarchia britannica, che i banchieri controllavano dal 1815.

Padre ideologico del sionismo è Theodor Herzl, che aspirava alla costruzione di una casa nazionale per gli ebrei nel mondo che avrebbe dovuto essere la Palestina. Sul cui territorio non vi era ormai più traccia di ebraismo da molti secoli. Precisamente da quando Tito distrusse il tempio di Gerusalemme nel 70 d.C, generando la cosiddetta Diaspora.

Il sionismo nasce dunque col proposito di riportare in vita l’originario stato di Israele, ma non solo: affidando a questa nazione un ruolo di supremazia morale e politica rispetto alle altre nazioni. Israele, secondo questo filone, deve affermarsi e trionfare sopra le altre nazioni “con ogni mezzo e ad ogni costo“.

La famiglia Rothschild ha foraggiato questo progetto, sebbene gli ebrei fossero divisi sul da farsi, dato che erano ormai ben integrati nei paesi in cui vivevano.

Affinché tutto si realizzasse servì la cosiddetta dichiarazione Balfour. In cosa consisteva? Il primo ministro Balfour garantiva a Rothschild tutto l’impegno del governo britannico nel far sì che la Palestina diventasse la casa degli ebrei. Ma trovò anche opposizione politica, come quella di Edwin Montagu, un uomo di governo e aveva già ricoperto incarichi importanti, come quello di segretario finanziario del Tesoro nel 1915 per poi ricoprire l’anno successivo la carica di Cancelliere del ducato di Lanchester. Praticamente la più alta dopo quella di primo ministro nel governo britannico.

Montagu definiva il Sionismo senza mezzi termini come

un credo politico malizioso, insostenibile per ogni cittadino patriottico del Regno Unito

Tuttavia, per realizzare la nascita dello Stato di Israele serviva qualcosa di più grosso e qui entra in scena un certo Adolf Hitler.

L’alleanza tra Hitler e Sionismo

Quando Adolf Hitler sale al potere e inaugura la stagione della Germania Nazista nel 1933, uno dei suoi primissimi atti di governo è stabilire un solido patto con la federazione sionista della Germania e l’agenzia ebraica per la Palestina. Così nasce la famigerata Haavara.

Attraverso tale accordo approderanno in Palestina almeno 70mila ebrei tedeschi altamente preparati e specializzati, andando a creare la futura classe dirigente israeliana.

Inoltre, agli ebrei tedeschi venne data la possibilità di comprare con i loro fondi beni prodotti dalla Germania Nazista per un valore pari alla cifra di 125 milioni di marchi tedeschi.

Non a caso, l’associazione Reich Union governata da esponenti del mondo sionista fu l’unica alla quale veniva consentito di esistere. Tale associazione si proponeva di far migrare tutti gli ebrei tedeschi in Palestina, compresi anche quelli che non avevano alcuna intenzione di lasciare la Germania.

Per garantire che ciò accadesse, furono anche istituiti degli uffici centrali per la migrazione ebraica, come quello istituito da Adolf Eichmann (passato alla storia tra i peggiori aguzzini degli ebrei) in Austria nel 1938.

Insomma, la persecuzione degli ebrei da parte di Hitler creò dal nulla la necessità di una migrazione di massa, funzionale alla nascita di un “rifugio nazionale” per gli ebrei tedeschi ed europei. I vertici del sionismo internazionale assistettero inermi a tutto quanto avvenne a danno degli ebrei. Anche quando il rabbino Michael Dov Weissmandl mise a disposizione delle mappe per consentire di bombardare Auschwitz e liberare i prigionieri, i leader della comunità sionista non mossero un dito.

Successivamente, Rabbi Weissmandl accusò pubblicamente i leader sionisti di aver consegnato al massacro gli ebrei pur di giungere al loro scopo.

Gli ebrei furono usati anche come schiavi per la lavorazione dei prodotti del colosso farmaceutico tedesco, I.G. Farben, che è stato diretto fino al 1938 da Max Warburg, appartenente alla nota famiglia di banchieri. Tra gli azionisti della compagnia farmaceutica c’erano anche i Rockefeller, dinastia di banchieri di New York, altri famigerati manovratori del mondo.

Ironia della sorte, proprio Farben produceva il famigerato gas Zyklon b che si ritiene sia stato utilizzato per uccidere gli ebrei detenuti nei campi.

I Warburg starebbero dietro anche la rivoluzione d’Ottobre nel 1917 in Russia, che portò alla cacciata degli Zar. Lenin giunse dagli USA proprio coi soldi ebrei, e lo stesso avvenne per Trotzkj. Ma questa è un’altra storia…

Hitler e Sionismo: i libri che ne parlano

Nei libri di storia ci hanno dipinto la figura di Adolf Hitler come quella di un self made man, giunto al potere solo grazie alle sue ambizioni. Un libro che rivela come sono andate le cose è “Le origini finanziarie del Nazional Socialismo” scritto nel 1933 da uno scrittore che scelse lo pseudonimo di Sydney Warburg.

Nel libro, frettolosamente censurato, si narra dell’incontro tenutosi nel luglio del 1929 ai livelli più alti della finanza newyorchese al quale parteciparono il presidente della celebre banca JP Morgan assieme al giovane John D. Rockefeller. In tale incontro, fu deciso di dare ad Adolf Hitler tutti i capitali di cui aveva bisogno purché questi avesse mantenuto una “politica estera estremamente aggressiva”.

Warburg si recò in Germania dal 1929 al 1933 e nei suoi periodici incontri con Hitler trasferì al partito nazista la enorme somma – all’epoca lo era ancora di più – di 25 milioni di dollari.

Il libro tornò in auge negli anni ’70, quando alcuni ricercatori rivelarono che il suo autore era in realtà Otto Strasser, un politico membro del partito nazista fino al 1934, anno in cui venne espulso da Hitler per via della sua opposizione alle politiche di discriminazione razziale imposte dal fuhrer.

Ma non solo. Con la fine della Seconda guerra mondiale si proseguì il progetto portandolo a un livello più alto: distruggere gli stati nazione in Europa trasferendo i poteri nelle mani di organizzazioni sovranazionali quali l’ONU, la banca mondiale e il FMI.

Hitler fuggì in Argentina

Infine, c’è posto anche per smentire la storytelling che vuole Hitler morto suicida nel bunker per non cadere in mano dei sovietici. Documenti declassificati della CIA hanno rivelato che il governo americano era informato della possibilità che Hitler fosse riuscito a fuggire in America Latina, pare l’Argentina, dove morì, presumibilmente, ormai anziano per cause naturali nei primi anni ’60 (sebbene qualcuno ancora giura di averlo visto).

Un giusto salvacondotto per chi aveva contribuito enormemente alla nascita dello Stato di Israele.

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Pubblicato da Carlo Brigante

Mi definisco un "ribelle" del web

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