Trovate tracce lasciate dalle prime stelle dell’universo

Trovate tracce lasciate dalle prime stelle dell’universo

Riuscire ad osservare le prime stelle dell’universo, nate circa 13.5 miliardi di anni fa, è il sogno di ogni astronomo che si rispetti, ma purtroppo finora nessuno è riuscito a realizzarlo.

Ora però, utilizzando il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (European Southern Observatory), in Cile, un team di ricercatori ci avvicina a quell’obiettivo: per la prima volta, infatti, sono state individuate tracce dell’esplosione di alcune di quelle stelle primordiali.

Di seguito analizzeremo brevemente questa scoperta, cercando di capire perché è così importante.

Le prime stelle dell’universo e il mistero che le circonda

Ovviamente non abbiamo dati precisi riguardo le prime stelle formatesi nell’universo, ma è probabile che esse fossero molto diverse da quelle attuali.

Innanzitutto, dovevano contenere principalmente idrogeno ed elio, gli elementi chimici più semplici in natura. Poi, si pensa che fossero decine o anche centinaia di volte più massicce del Sole.

Comunque sia, in seguito alla loro esplosione (detta supernova), esse avrebbero arricchito il gas circostante coi primi elementi chimici pesanti (carbonio, ossigeno e magnesio, più raramente ferro), di fatto facendo da apripista per la successiva, più “metallica” generazione di stelle.

Ed è proprio su queste esplosioni che si è concentrata la ricerca di un gruppo internazionale di astronomi, guidato dall’italiano Andrea Saccardi, come riporta Astrospace (qui l’articolo completo).

La scoperta di tracce delle prime stelle e il futuro della ricerca

In particolare, il team di Saccardi ha analizzato i dati prodotti dallo strumento X-shooter del VLT e relativi a una serie di quasar dell’epoca in cui l’universo era molto giovane (circa 2 miliardi di anni).

I quasar sono oggetti estremamente luminosi, alimentati da buchi neri supermassicci al centro delle galassie; la loro luce, mentre viaggia per l’universo, attraversa nubi di gas contenenti diversi elementi chimici, che lasciano tracce diverse nello spettro della luce stessa.

Lo strumento X-shooter è perfetto per analizzare tali spettri, ed è stato infatti in grado di trovare rare nubi di gas a basso contenuto di ferro, come ci si aspetta siano quelle generate dalle esplosioni delle stelle primordiali.

La speranza ora è che il JWST o, più probabilmente, telescopi di futura generazione come  l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO riescano ad analizzare ancora più dettagliatamente le suddette nubi, per svelare finalmente tutti i segreti delle prime stelle.Ma già la scoperta attuale costituisce un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’universo primordiale e, in definitiva, delle nostre origini più remote.

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Pubblicato da Girolamo Castaldo

I miei interessi principali sono scacchi, sci, anime, manga, videogiochi, musica e (astro)fisica. Storie Semplici: http://storiesemplici.substack.com

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