Fin da quando furono scoperti i primi pianeti del sistema solare, l’uomo si è sempre chiesto se esistessero forme di vita aliena.
Ovviamente le risposte a tale domanda sono rimaste mere speculazioni fino al secolo scorso, quando per la prima volta nella storia umana si sono avuti i mezzi per osservare in dettaglio e persino esplorare l’universo al di là della Terra.
Ma finora non siamo riusciti a trovare alcuna prova dell’esistenza della vita su altri pianeti, nemmeno nelle sue forme più elementari, portandoci sempre più a pensare che siamo soli nell’universo.
Adesso, però, un recente studio fornisce un’importante prova a favore della presenza di vita al di fuori della Terra. Vediamo di che si tratta.
La nube di Perseo, “asilo nido” per stelle, pianeti e…vita aliena?
Situata a circa 1000 anni luce dalla Terra, la nube di Perseo ospita un giovane ammasso di stelle (circa 2-3 milioni di anni) ed è il centro di un’intensa formazione stellare.
Le giovani stelle ospitano, a loro volta, i cosiddetti dischi protoplanetari, cioè dei dischi di gas e polvere da cui possono nascere i pianeti.
Fin qui niente di nuovo, ma come segnala Astrospace (qui l’articolo completo) di recente è stata fatta una scoperta estremamente interessante in tale zona, analizzando i dati del telescopio spaziale Spitzer.
Le ricercatrici Susana Iglesias-Groth e Martina Marín-Dobrincic, rispettivamente dell’Istituto de Astrofísica de Canarias e dell’Università Politecnica di Cartagena, affermano infatti di aver trovato nella nube di Perseo grandi quantità di molecole prebiotiche, cioè precursori della vita.
I dettagli della scoperta e la sua importanza per lo sviluppo della vita aliena
In uno studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (qui per approfondire), le due ricercatrici spiegano come siano riuscite a individuare, nel gas da cui si stanno formando stelle e dischi protoplanetari, non solo molecole comuni come l’acqua, l’anidride carbonica e l’ammoniaca, ma anche molecole più complesse, come quelle portatrici di carbonio (acetilene, benzene, ecc.), e perfino idrocarburi e fullereni, cioè i mattoni base per la vita.
Si attendono ora ulteriori osservazioni da parte del James Webb Space Telescope, per ottenere dati ancora più dettagliati e, magari, fare un ulteriore passo avanti, cioè rilevare addirittura amminoacidi, che costituivano il codice genetico di antichi microrganismi sulla Terra.In ogni caso, già solo la scoperta attuale ha importanti implicazioni: durante la formazione di stelle e pianeti, potenzialmente in tutto l’universo e non solo nella nube di Perseo, parrebbero già essere disponibili tutti gli “ingredienti” per lo sviluppo della vita per come la conosciamo.
Ciao Francesca Silvana, grazie per il commento.
Innanzitutto, Spitzer (i cui dati sono stati utilizzati per la ricerca) è un telescopio spaziale, quindi non è ostruito dall’atmosfera terrestre; inoltre, si tratta di un telescopio che non osserva la luce visibile, ma quella infrarossa, che riesce a penetrare molto più facilmente la polvere cosmica, il che rende zone come la nube di Perseo molto più visibili ai suoi “occhi”.
Ma la cosa più importante da dire è che le molecole non vengono osservate come si farebbe in laboratorio con un microscopio; difatti, ogni molecola assorbe una parte dello spettro luminoso, quindi in pratica le ricercatrici si sono ritrovate con delle “linee nere” in determinati punti dello spettro, e da queste sono riuscite a risalire alla presenza di una determinata molecola piuttosto che un’altra.
Se hai ulteriori dubbi, non esitare a lasciare un altro commento!
Mi chiedo sempre come facciano a rilevare la presenza di molecole a 1000 anni luce di distanza, visto che hanno difficoltà perfino a mostrare i pianeti e pianetini del sistema solare coi telescopi da Terra.