Scoperta una nuova galassia satellite della Via Lattea

Scoperta una nuova galassia satellite della Via Lattea

Ursa Major III, nonostante le apparenze di ammasso stellare, sembra essere una galassia nana, tenuta insieme dalla materia oscura

La Via Lattea ha numerose galassie satelliti, tra cui spiccano la Piccola e la Grande Nube di Magellano, visibili a occhio nudo nell’emisfero australe (a patto che si viva in un luogo senza eccessivo inquinamento luminoso, ovviamente).

Pur essendo molto più piccole della nostra bella galassia (sono infatti classificate come galassie nane), esse comprendono comunque centinaia di milioni (o miliardi, nel caso della Grande Nube) di stelle e hanno una massa miliardi di volte superiore a quella del Sole.

Ora, provate a immaginare una galassia contenente meno di un centinaio di stelle e avente una massa pari a una manciata di soli: impossibile, giusto? Andrebbe definita piuttosto come un ammasso aperto, cioè un gruppo da decine a migliaia di giovani stelle blandamente tenute assieme dalla gravità.

E invece pare proprio di no: un gruppo di giovani astronomi ha di recente scoperto quella che ha tutta l’aria di essere una nuova galassia satellite della Via Lattea, Ursa Major III/UNIONS 1 (UMa3/U1), che ha subito stabilito i record di minor luminosità e dimensione tra le sue “colleghe”.

Ecco a voi Ursa Major III/UNIONS 1

Situata nella costellazione dell’Orsa Maggiore (sede del famoso Grande Carro), UMa3/U1 si trova a circa 30000 anni luce dal Sole, cioè praticamente dietro l’angolo dal punto di vista cosmico: è solo grazie alle sue minuscole dimensioni e bassissima luminosità che era finora riuscita a eludere il rilevamento.

Più precisamente, la galassia contiene appena una sessantina di stelle, vecchie più di 10 miliardi di anni, distribuite in uno spazio di soli 10 anni luce; con una massa totale pari ad appena 16 volte quella del nostro astro, risulta essere 15 volte meno massiccia della più fioca tra le galassie nane.

Fatte le presentazioni, discutiamo subito dell’elefante nella stanza: come mai il dottorando Simon Smith dell’università di Victoria (Canada) e colleghi parlano in maniera così sicura di galassia, invece che di ammasso aperto?

La risposta è che, a differenza del tipico ammasso stellare, UMa3/U1 sembrerebbe essere dominata non dalla presenza di materia “normale” (tecnicamente detta barionica), ma dall’invisibile e misteriosa materia oscura (ne ho parlato qui).

Scoperta e inquadramento come nana ultra-debole

Per spiegare il tutto, partiamo dall’inizio, cioè quando Ursa Major III/UNIONS 1 fu scoperta nel novembre 2023 nell’ambito della Ultraviolet Near Infrared Optical Northern Survey (UNIONS, appunto), un’indagine astronomica condotta con gli osservatori Canada France Hawaii Telescope (CFHT) e Panoramic Survey Telescope and Rapid Response System (Pan-STARRS), entrambi situati nelle Hawaii.

A questo punto, restava da capire se si trattasse di un semplice gruppo casuale di stelle e a tal proposito si è dimostrato fondamentale l’apporto dello strumento Deep Imaging Multi-Object Spectrograph (DEIMOS), montato sull’Osservatorio Keck, sempre nelle Hawaii: le misurazioni mostrano chiaramente che tutte le stelle si muovono a velocità molto simili e hanno una composizione chimica paragonabile.

Infine, sotto con la domanda principale: ammasso aperto (come ragionevolmente sospettato all’inizio) o galassia nana ultra-debole (UFD, dall’inglese Ultra-Faint Dwarf)? Nonostante le apparenze, ci sono due argomenti a favore di quest’ultima ipotesi:

  1. UMa3/U1 ha una massa calcolata molto maggiore della somma di quella delle sue stelle;
  2. UMa3/U1 è rimasta intatta per lungo tempo, mentre un gruppo così piccolo di stelle dovrebbe essere stato fatto a pezzi dalle violente forze di marea provenienti dal disco della Via Lattea.

La soluzione più plausibile risulta essere, quindi, che UMa3/U1 sia una UFD estremamente ricca di materia oscura, che ne aumenta la massa totale e la ancora contro le forze esterne.

Questioni aperte e implicazioni cosmologiche

Ora, come detto, la suddetta è solo l’ipotesi più plausibile: potrebbe anche essere, infatti, che UMa3/U1 sia stata per puro caso osservata immediatamente prima della sua imminente disgregazione.

Dubbi permangono anche riguardo l’origine della galassia: si è formata “in situ” o per accrescimento (cioè, fusione) di materia presente nell’alone di materia oscura che circonda la Via Lattea?

I ricercatori propendono per quest’ultima ipotesi, ma sono necessarie ulteriori osservazioni per confermarla, in quanto le analisi standard della sua metallicità (cioè, contenuto di elementi più pesanti di idrogeno ed elio) e orbita non hanno fornito indicazioni decisive in merito.

A tal proposito, se indagini successive confermeranno che UMa3/U1 è nata da materia oscura ed è da essa dominata, si tratterà di un altro punto a favore del modello Lambda CDM (dove Lambda rappresenta l’energia oscura e CDM sta per Cold Dark Matter), cioè la teoria più accredita riguardo il Big Bang: tra le altre cose, infatti, essa prevede che la Via Lattea abbia attratto gravitazionalmente numerose galassie nane durante la sua formazione, molte più di quelle scoperte finora.

UMa3/U1, la galassia dall’incerto passato e altrettanto incerto futuro, potrebbe essere quindi solo la punta dell’iceberg di una serie di rilevamenti di UFD ancora nascoste da qualche parte oltre i confini della Via Lattea.

(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)

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Pubblicato da Girolamo Castaldo

I miei interessi principali sono scacchi, sci, anime, manga, videogiochi, musica e (astro)fisica. Storie Semplici: http://storiesemplici.substack.com

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