Ricercatori del MIT propongono di esaminare minuscole variazioni nell’orbita di Marte per scoprire l’origine della materia oscura.
Materia oscura: questa misteriosa sostanza che pervade l’universo, in un rapporto di oltre 5 a 1 con la materia ordinaria di cui sono fatti stelle e pianeti, ma che non emette alcuna radiazione luminosa e quindi ci risulta a tutti gli effetti invisibile.
“Se è così, come facciamo a sapere che esiste?”, giustamente mi direte. La risposta è che senza di essa sarebbe molto difficile spiegare il modo in cui le stelle orbitano all’interno delle galassie e come le galassie stesse non schizzino via dagli ammassi, vista la loro incredibile velocità orbitale.
Materia oscura: siamo vicini alla verità?
Insomma, c’è bisogno di qualcosa che ancori la materia ordinaria con la sua attrazione gravitazionale (quella sì, misurabile), ma cosa? I candidati al momento più popolari sono due ipotetiche particelle (assioni e WIMP), ma di recente sta prendendo piede l’ipotesi che essa sia costituita, almeno in parte, dai cosiddetti buchi neri primordiali (PBH, ossia Primordial Black Holes).
E c’è di più: ora un gruppo di ricerca del MIT suggerisce anche un metodo per scovarli, usando un rilevatore decisamente insolito: il nostro Sistema Solare e Marte in particolare.