Barbie, il lato oscuro della bambola: come è nata e le tante accuse

Barbie, il lato oscuro della bambola: come è nata e le tante accuse

La lunga storia di Barbie, oggi protagonista di un film, è fatta di tante ombre, a partire dalle origini della bambola.

Il film Barbie sta macinando incassi su incassi a un mese dall’uscita: un miliardo di dollari, oltre ad aver lanciato irrimediabilmente un trend social instancabile, nuove tendenze nel campo dell’abbigliamento rigorosamente di colore rosa e aver rinverdito, semmai ce ne fosse bisogno, l’interesse verso la bambola. La quale ha 64 anni e non li dimostra affatto.

Certo, a guardare questo oltre mezzo secolo di storia, si noteranno anche tante ombre sulla storia di Barbie. E forse non è un caso che il film di Greta Gerwig, diventata di un colpo la nuova eroina di Hollywood, mondo patinato messo in subbuglio da un duplice sciopero attori-sceneggiatori, inizi in modo violento e distruttivo. Evocando un cult del cinema americano: 2001 Odissea nello Spazio, del genio Stanley Kubrick.

Come è nata la bambola Barbie

Come ricostruisce Michele Giordano su Il fatto quotidiano, la bambola Barbie, dalle fattezze tipicamente californiane, prende in realtà spunto da un sex-toy tedesco, Bild Lilli, scoperta da Ruth Marianna Handler, ideatrice di Barbie, durante un viaggio in terra teutonica. Era il 1959.

Più precisamente, Bild Lilli era, a inizio anni ’50, un fumetto pubblicato sulla Bild-Zeitung. Si trattava di una ragazzina libertina, che nel 1953 divenne una bambola venduta soprattutto nei porno-shop tedeschi. Finendo però anche nei negozi di giocattoli. Cosa che allora poteva accadere facilmente, dato che i controlli e le censure, paradossalmente, non erano quelli di oggi.

Quando uscì Barbie, il produttore di Lilli citò in giudizio la Handler e il marito nel 1961: alla fine, si arrivò a un accordo extragiudiziale, fino a che la Mattel nel 1964 acquistò i diritti e i brevetti della bambola tedesca.

La storia di Barbie

Ma i problemi per la bambola bionda sono solo agli inizi. Nel 1978, 4 ex funzionari della Mattel – fra i quali la mamma di Barbie e suo marito – figurano tra i 5 incriminati per cospirazione con l’accusa di aver falsificato i registri aziendali interni.

Nel corso dei decenni successivi, con l’avanzare del femminismo e del politically correct, sono aumentati anche gli attacchi alla Barbie in merito agli stereotipi che alimenterebbe tra le bambine: meglio puntare alla bellezza; a una vita agiata, possibilmente da mantenute; pensare ai soldi e al benessere. E per contrastare ciò, sono usciti vari modelli che hanno fatto peggio. Come si suol dire, la pezza è stata peggio del buco:

  • la Barbie di colore sponsorizzata dai biscotti Oreo, criticata dalla comunità nera visto che l’Oreo è costituito da due parti al cioccolato contenente una crema bianca;
  • la Barbie Babysits che consigliava di non mangiare per dimagrire, incentivando per l’anoressia;
  • la Teen Talk Barbie contestata per aver detto che la matematica è difficile.

Questi sono solo alcuni esempi di modelli della famosa bambola che hanno fatto discutere, per poi essere miseramente rimossi dal mercato.

Non mancano poi casi di cronaca nera: Barbie e Ken sono stati persino ribattezzati due fra i più noti serial-killer canadesi. Trattasi di Karla Homolka e Paul Bernardo, apparentemente un coppietta modello che sembra, anche fisicamente, ricalcare i bambolotti della Mattel: biondi, belli, occhi azzurri, sempre eleganti. Condannati a 12 anni lei (più un ulteriore sconto di pena) perché collabora con gli inquirenti, ergastolo per lui per violenza sessuale su Tammy, la sorellina quindicenne della moglie.

Ma è solo la punta di un iceberg: si scoprirà che la coppia, così apparentemente da favola, celava storie di stupri, violenze e assassini. E il mondo di Hollywood ci ha fatto due film: Karla, del 2006, di Joel Bender e la recente serie Cacciatori di vergini – Ken e Barbie killer, una miniserie visibile in questi giorni su Nove Discovery Channel.

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Pubblicato da Valeria Marano

Appassionata di Gossip e curiosità.

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