Il primo caso di supernova mancata? La parola a JWST

Il primo caso di supernova mancata? La parola a JWST

Grazie alla straordinaria risoluzione del telescopio, finalmente si ha una risposta convincente sul destino della misteriosa stella N6946-BH1

Sarà capitato a tutte/i, in particolare da bambine/i, di provare quella sensazione di delusione quando qualcuno accende la miccia di un fuoco d’artificio, la fiamma inizia a scintillare e crepitare verso l’alto, arriva al punto d’innesco e… non succede niente.

In campo astronomico esiste un fenomeno teorico per certi versi paragonabile, detto supernova mancata (failed supernova, in inglese): una stella massiccia improvvisamente diventa molto più luminosa, come se stesse per esplodere in una supernova, salvo invece arrestarsi in corso d’opera.

Ed è proprio quello che si pensava fosse stato osservato per la prima volta nel 2009, con protagonista la stella gigante N6946-BH1, 25 volte più massiccia del nostro astro; quel suffisso “BH1” ne è un chiaro indizio, in quanto suggerisce che essa sia collassata in un buco nero (Black Hole), invece che esplodere in una supernova.

Ma un recente studio di cui è prima autrice Emma R. Beasor, astrofisica dell’Università dell’Arizona, esprime forti dubbi in merito, pur non riuscendo a escludere del tutto il possibile primato.

Il mistero della scomparsa di N6946-BH1

Ma andiamo con ordine, tornando a quel fatidico 2009 in cui N6946-BH1 improvvisamente iniziò a splendere milioni di volte più del Sole, salvo poi altrettanto improvvisamente…scomparire.

Beh, perlomeno questo è quanto dovettero pensare gli astronomi che dopo l’evento provarono a osservarla con ben tre telescopi diversi (il Large Binocular Telescope da terra, Hubble e Spitzer dallo spazio), ma senza successo.

Il mistero è rimasto insoluto per 14 anni, fino all’entrata in scena del solito JWST: grazie ai suoi potenti strumenti NIRCam (che guarda nel vicino infrarosso) e MIRI (per il medio infrarosso), gli astronomi hanno rilevato ciò che sembra essere un guscio di polvere residuo attorno alla posizione della stella originaria.

L’ipotesi più probabile è che si tratti di materiale espulso da N6946-BH1 durante il repentino incremento di luminosità, sebbene non si possa escludere che la luce infrarossa sia invece emessa da materiale in caduta dentro un buco nero.

C’è però un piccolo problema: Beasor e colleghi non hanno trovato solo un oggetto residuo, ma ben tre.

JWST fornisce una (probabile) risposta

Per questa imprevista scoperta bisogna ringraziare la migliore risoluzione del JWST, che consente di separare le tre sorgenti, indistinguibili nelle precedenti osservazioni con altri telescopi.

Ciò consente anche di avanzare una nuova soluzione al mistero: l’improvviso aumento di luminosità rilevato nel 2009 sarebbe dovuto alla fusione tra due stelle facenti parti di un unico sistema, con il guscio di polvere a rappresentare la terza sorgente luminosa nell’infrarosso.

Anche in questo caso, però, i dati non consentono di escludere del tutto l’ipotesi buco nero; d’altronde, sappiamo che i buchi neri di massa stellare sono piuttosto numerosi, quindi è logico pensare che alcune stelle massicce collassino per formarli.

Che ciò avvenga dopo l’esplosione in supernova è però piuttosto dubbio, perlomeno per i buchi neri stellari più massicci, visto che a quel punto non dovrebbe essere rimasto materiale sufficiente per crearli.

Insomma, c’è ancora tanto da capire riguardo le supernove mancate, ma il bello dell’astronomia è anche questo, senza trascurare che è comunque impressionante (e lascia quindi ben sperare) il fatto che JWST abbia dimostrato di riuscire a distinguere tre sorgenti così ravvicinate in una galassia distante 22 milioni di anni luce da noi.

(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)

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Pubblicato da Girolamo Castaldo

I miei interessi principali sono scacchi, sci, anime, manga, videogiochi, musica e (astro)fisica. Storie Semplici: http://storiesemplici.substack.com

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