In base alle osservazioni nel primo anno, astronomi ipotizzano che galassie e buchi neri supermassicci coesistessero già ai primordi
Uno dei (tanti) misteri astronomici rimanda a quello dell’uovo e della gallina, ma ovviamente con attori completamente diversi (e decisamente più massicci): sono nate prima le galassie o i buchi neri al loro centro?
Sì, perché ormai sappiamo che la maggior parte delle galassie contiene un buco nero supermassiccio (mostruosità di cui ho parlato qui), ma la relazione tra loro non è affatto chiara e tante domande restano aperte, anche a causa delle osservazioni del JWST nel suo primo anno di attività.
Tra di esse, ricordiamo in particolare le seguenti:
- come possono esistere così tanti buchi neri supermassicci così presto nell’evoluzione dell’universo?
- come mai le prime galassie sono così luminose?
Mentre per rispondere con certezza alla prima domanda bisognerà aspettare tempi migliori, un gruppo di astronomi americani e israeliani crede di avere finalmente in mano una teoria convincente per replicare alla seconda.
Teorie classiche sui primordi dell’universo
Secondo le teorie tradizionali, i primi buchi neri si sarebbero formati in seguito alla morte delle prime, enormi stelle: queste ultime, esplodendo in fragorose supernove dopo una breve vita (in termini astronomici, ovviamente), avrebbero rilasciato nello spazio la maggior parte dei loro strati esterni, mentre i nuclei sarebbero collassati.
Ciò avrebbe portato alla formazione dei primi buchi neri di massa stellare, che poi verosimilmente avrebbero accumulato materiale e si sarebbero uniti tra loro, dando vita ai semi dei primi buchi neri supermassicci.
Per quanto riguarda invece le galassie primordiali, esse si sarebbero generate in seguito al collasso di enormi nuvole di gas, responsabile di ondate di formazione stellare e, presumibilmente, di ulteriori buchi neri.
Tali teorie non sono necessariamente sbagliate, ma la prepotente entrata in scena del JWST, con la sua straordinaria capacità di osservare fino a pochi milioni di anni dopo il Big Bang, sta costringendo persone come Joseph Silk, professore di astrofisica presso le università di Johns Hopkins e Sorbonne, a rivederle anche in maniera drastica.
Una nuova teoria per spiegare le osservazioni
I dati ricavati dal primo anno di osservazioni del JWST rivelano infatti una realtà diversa da quella prevista dagli astronomi: galassie distanti, risalenti ai primordi dell’universo, si mostrano fin troppo luminose e con un numero insolitamente alto di stelle e buchi neri supermassicci.
Ecco quindi che il gruppo di Silk propone una nuova teoria in merito: nei primi 50-100 milioni di anni dal Big Bang (un battito di ciglia in termini astronomici) galassie e buchi neri supermassicci coesistevano già e si influenzavano a vicenda.
In particolare, è risaputo che i buchi neri, grazie alla loro spaventosa attrazione gravitazionale, generano potenti campi magnetici, che creano a loro volta violenti venti e turbolenti getti di plasma.
La furia di tali emissioni comprime e fa collassare le nuvole di gas nel vicinato cosmico, trasformandole in stelle: ecco perché le galassie primordiali sono così ricche di stelle e quindi così luminose, secondo Silk e colleghi.
Due fasi cosmologiche e il futuro della ricerca
Scendendo più nel dettaglio, questa nuova teoria cosmologica prevede due fasi:
- inizialmente, nelle prime centinaia di milioni di anni, venti e getti relativistici provenienti dai buchi neri avrebbero grandemente accelerato la formazione di stelle rispetto ai miliardi di anni successivi;
- in seguito, le emissioni dai buchi neri sarebbero diminuite, in quanto questi ultimi sarebbero passati in uno stato di conservazione di energia, riducendo il gas disponibile per la formazione stellare.
Certo, si tratta di una teoria suggestiva e che sembra in accordo coi dati recenti, ma Silk e colleghi prudentemente ammettono che c’è bisogno di un maggior numero di osservazioni per confermarla.
Non sarà necessario aspettare molto, però: già tra un anno, coi nuovi dati accumulati dal JWST, si saprà con più precisione il numero di stelle e buchi neri supermassicci presenti nell’universo primordiale.
(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)