Ripercorriamo la storia della bellissima attrice Lilli Carati, che non resse il successo, compiendo un errore dopo l’altro.
Ci sono rose che sopravvivono agli inverni, che non appassiscono nonostante facciano tutto affinché ciò accada. Che hanno superato il male che si sono auto-inflitte. Come Lilli Carati, bellissima attrice rimasta tale anche con lo sfiorire della giovinezza, e, soprattutto, nonostante tutto il male che ha inflitto al proprio corpo.
Sopraffatta dallo star system, nel quale si trovò catapultata suo malgrado in giovanissima età, finì per prendere una brutta strada.
Ripercorriamo la storia di Lilli Carati.
La storia di Lilli Carati
Come riporta Wikipedia, Lilli Carati – pseudonimo di Ileana Caravati – nacque a Varese il 23 settembre 1956. Originaria di una famiglia di commercianti, dopo aver fatto il liceo in un istituto di suore, iniziò la sua carriera nella moda, frequentando prima una scuola per indossatrici a Milano, sebbene lei non si vedesse adatta per quel lavoro, ritenendo di non avere i canoni tipici della modella: bionda, slanciata, occhi azzurri. Lei che invece aveva dei bellissimi tratti mediterranei.
Entrò nel mondo dello spettacolo partecipando all’edizione di Miss Italia del 1974, esperienza che definì in una intervista “allucinante“, e dalla quale voleva scappare. Ma fu di fatto obbligata a restare.
Fatto sta che Lilli arrivò in finale, che si tenne a Vibo Valentia, in Calabria, posizionandosi seconda, vincendo però il titolo di Miss Eleganza. Quella esperienza le aprì le porte del cinema: fu infatti scritturata dal produttore Franco Cristaldi, che faceva parte della giuria, per la sua Vides Cinematografica.
Esordisce così nel cinema con il Il suo primo film: Di che segno sei? del 1975, di Sergio Corbucci, in cui recitò a fianco di due mostri sacri come Adriano Celentano e Mariangela Melato. Tuttavia, legò il suo nome soprattutto al genere Commedia molto in voga in Italia negli anni ’70. Non disdegnando comunque la partecipazione in film di altri generi cinematografici: dal comico al drammatico, passando per il poliziottesco (una versione tutta italiana del poliziesco americano) fino all’exploitation (genere che miscela estetismo e violenza).
La pellicola che più la rappresenta è Avere vent’anni, del 1978, diretta da Fernando Di Leo, di cui è protagonista insieme ad un’altra attrice simbolo di quel genere: Gloria Guida. Altro film più rappresentativo è Il corpo della ragassa, di Pasquale Festa Campanile, uscito nel 1979, tratto dall’omonimo romanzo del grande giornalista Gianni Brera. Qui la Carati recita al fianco di Enrico Maria Salerno e Renzo Montagnani.
Il corpo della ragassa ebbe anche un discreto successo di pubblico, ma fu quasi stroncato dalla critica. La bella Lilli fu nuovamente diretta da Festa Campanile l’anno seguente, nella commedia di successo Qua la mano, ritrovando anche Adriano Celentano.
L’ascesa cinematografica, però, è affiancata dall’inizio degli abusi di sostanze. Come la Carati ammetterà nel documentario “Lilli Carati, una vita da eroina“, iniziò prima a fare uso ed abuso di psicofarmaci, al fine di mantenere i ritmi professionali, ma poi entrò nel giro della cocaina. In quello dell’eroina ci entrò quasi per caso: una sera gli fecero sniffare eroina anziché cocaina e da lì non ne riuscì più a fare a meno. Mentre iniziò con le punture quando una sera della vigilia di ferragosto si ritrovò a Roma col suo compagno di abusi con poca roba a disposizione. E lui gli propose di iniettarsela nelle vene anziché sniffarla, perché così avrebbe avuto maggiore effetto nonostante lo scarso quantitativo disponibile. Da quel momento in poi divenne una incallita eroinomane.
Nel 1981 fece una controversa apparizione nel programma televisivo di Rai 1 TG l’una, dove si presentava il film C’è un fantasma nel mio letto, regia di Claudio De Molinis, in evidente stato di alterazione. I presenti nello studio la irrisero, ironizzando sul suo arrivo in ritardo nello studio con battute a doppio senso, del tipo “ha bucato una ruota“, ecc.
In quel periodo, comunque, oltre al cinema, lavorò per numerosi servizi fotografici su testate erotiche come Playmen e Albo Blitz. Nello stesso 1981, però, nel mese di giugno ebbe un drammatico incidente d’auto nei pressi di Arona, in provincia di Novara, che la costrinse ad un lungo periodo di inattività.
Tornò sulle scene nel 1984, con una piccola parte nella commedia Magic Moments. Mentre tra il 1985 e il 1986 interpretò quattro film erotici per la regia di Joe D’Amato. Il genere Commedia spinta, che tanto gli aveva dato popolarità era ormai tramontato. Mentre nuove attrici irrompevano sulla scena: infatti, per il film La monaca nel peccato, sempre di Joe D’Amato, gli fu preferita Eva Grimaldi.
Il declino
Anche per procurarsi le sostanze, Lilli Carati passò al cinema a luci rosse, allora molto remunerativo e in grande ascesa. Iniziò prima con in genere soft-core, con il film Lilli Carati’s Dream di Giorgio Grand (1987), per poi passare a un cinema più spinto, sempre diretta da Grand. In queste pellicole figurava anche un Rocco Siffredi agli esordi. Sbarcò anche oltreoceno, diretta da Alex de Renzy e Henri Pachard. In quel periodo prosegue in parallelo anche la carriera di fotomodella, sebbene per riviste softcore e hardcore.
Malgrado la bellezza reggesse all’abuso, a risentirne fu comunque la carriera professionale. Nel maggio del 1988 fu arrestata a Mesenzana per detenzione di 4 grammi di eroina, ma al terzo giorno di incarcerazione tentò il suicidio tagliandosi le vene dei polsi. Un gesto che spinse le autorità competenti a concedergli la libertà provvisoria.
Alcuni amici la convinsero finalmente a farsi aiutare in una clinica neurologica dell’Università di Genova alla fine di luglio dello stesso anno. Purtroppo però, dopo poche ore decise di scappare, recandosi a Savona. Qui fu trovata dagli agenti della squadra mobile in un vicolo nell’atto di farsi. Arrestata nuovamente, fu consegnata ai genitori che vivevano in provincia di Varese, con tanto di foglio di via.
Purtroppo anche la permanenza a casa dei genitori non le conferì un po’ di pace interiore. Qui infatti mise in atto un secondo tentativo di suicidio nel 1989, quando si lanciò dalla finestra della camera da letto, in preda a una forte depressione per il fallimento dei suoi tentativi di disintossicarsi. Si fratturò 3 vertebre, ma quell’incidente la salvò. Infatti, l’immobilità le diede la possibilità di riconciliarsi con se stessa e con il mondo. Decise nuovamente di farsi aiutare, questa volta presso la comunità Saman: trascorse un anno e mezzo nella sede di Lenzi, in Sicilia, poi seguì un programma semi-residenziale in Puglia ed infine si trasferì in una delle case dell’associazione in provincia di Novara.
Tuttavia, durante il percorso di riabilitazione nella comunità, nel gennaio del 1993, venne condannata per i fatti del 1988 a cinque mesi di reclusione con l’accusa di concorso in detenzione di stupefacenti.
Lilli Carati come è morta
A partire dagli anni ’90 fu ospite di programmi televisivi e protagonista di documentari che ne raccontarono la triste storia. Si pensi al succitato documentario Lilli – Una vita da eroina, realizzato dalla regista televisiva Rony Daopoulos quando l’attrice risiedeva nella Saman. Qui sono mostrate anche scene di lei nella comunità e delle attività che ivi svolgeva per riprendere il contatto con gli altri. Il documentario fu mostrato anche nel programma Storie vere, in onda su Rai 3, nella puntata del 25 febbraio 1994.
Si rivide in televisione molti anni dopo, tra il 2008 e il 2009, ospite del programma Ricominciare condotto da Alda D’Eusanio su Rai 2, nella puntata del 9 luglio. E nel programma Stracult, due mesi dopo, intervistata da Marco Giusti. Ed ancora, la si vide a La vita in diretta, Italia allo specchio e Crispy News.
In quelle apparizioni, si vede una Lilli Carati ancora molto bella, nonostante tutto quanto aveva passato.
Il 2011 avrebbe dovuto segnare il ritorno al cinema, dopo ben 24 anni dall’ultima apparizione, nel film thriller di Luigi Pastore La fiaba di Dorian. Dunque, un genere più impegnato rispetto agli ultimi lavori che ne mettevano in risalto solo il fisico.
Tuttavia, il destino gli negò il definitivo rilancio: gli venne infatti diagnosticato un tumore al cervello. Male che la costrinse a sottoporsi a molti interventi chirurgici, che stavano peraltro portando anche esito positivo. O, almeno, sembrava.
Lilli Carati morì in una struttura sanitaria di Besano il 21 ottobre 2014, all’età di 58 anni. Le sue ceneri riposano accanto al padre nel cimitero di Induno Olona, sempre in provincia di Varese, da dove proveniva.
Il materiale girato da Lilli Carati per il film di Pastore non è andato comunque perso: infatti, è stato riutilizzato da quest’ultimo per la sequenza iniziale del film del 2015 Violent Shit: The Movie, dedicato alla memoria di un’attrice che, come tante, non resse al successo. Indotta a sbagliare anche da molti che in lei vedevano solo un oggetto del desiderio da sfruttare il più possibile, senza alcun rispetto per il suo essere innanzitutto donna.