Ennesimo ritorno al potere per Benyamin Netanyahu in Israele, leader di Likud. Il paese è tornato alle urne per la quinta volta in 3 anni e l’affluenza alle urne era scesa ai minimi storici, mentre per questa tornata elettorale è stata del 66.3%, quasi 6 punti in più delle elezioni del marzo 2021 e le più alte dal 1999.
La vittoria di Netanyahu non è mai una buona notizia per la stabilità della zona, visto che preferisce utilizzare il pugno duro con i tanto odiati vicini palestinesi e ha velleità di conquiste in Siria.
Ma questa volta la situazione è anche peggiore, visto che per governare avrà bisogno dei voti dell’estrema destra.
Israele, cosa cambia con vittoria Netanyahu
Come riporta ANSA, per governare, Netanyahu ha bisogno di 61 seggi su 120 e il suo Likud dovrebbe ottenerne poco più di 30. Serviranno dunque quelli di estrema destra, rappresentati da Sionismo religioso di Itamar Ben Gvir, che dovrebbe prenderne intorno ai 15.
Il Premier uscente, Yesh Atid, dovrebbe ottenere intorno ai 25 seggi. Reggono poi i partiti religiosi, i Laburisti, la sinistra Meretz, il partito arabo islamista di Mansour Abbas (grande alleato di Lapid), mentre restano fuori i comunisti di Hadash Taal.
Preoccupa non poco il boom del Sionismo religioso di Itamar Ben Gvir, il radicale di destra anti-arabo dalle venature razziste che vuole annettere l’intera Cisgiordania senza concedere diritti ai palestinesi. Ma anche attenuare le regole di ingaggio per soldati e agenti e depotenziare la Corte Suprema, baluardo della costituzionalità israeliana.
Ben Gvir ha già chiesto il ministero della Pubblica sicurezza per dare il suo appoggio, il che significherebbe una polizia militarizzata e senza scrupoli.
A completare il quadro a tinte fosche del prossimo governo israeliano sono due partiti ultraortodossi: Shas, che dovrebbe conseguire 12 seggi, e Torah unita nel giudaismo, con 8.
Anche gli Usa, che sono stati per anni il principale sponsor di Israele e che ne hanno voluto la nascita anche per avere un proprio intruso tra i paesi arabi, sono preoccupati di questa possibile alleanza. La quale potrebbe anche minare i cosiddetti accordi di Abramo, stretti dagli israeliani con alcuni paesi arabi, anche grazie all’intercessione di Trump.
Del resto, da anni gli americani hanno perso il proprio ascendente su Israele, che invece si è molto avvicinata alla Cina, a colpi di accordi commerciali e militari.
Vittoria Netanyahu e ripercussioni su guerra in Ucraina
Sarà anche curioso capire come cambierà l’atteggiamento di Israele rispetto alla guerra in Ucraina. Come spiega Times of Israel, fino ad oggi, il paese ha sostenuto quest’ultima inviando aiuti umanitari ma è anche interessata al disimpegno della Russia in Siria, visto che controlla lo spazio aereo siriano rendendo complicate le operazioni militari israeliane sul territorio.
Netanyahu e Putin sono buoni amici e il primo potrebbe ridurre il sostegno all’Ucraina, sebbene non abbia nascosto il proprio scetticismo rispetto alle ambizioni espansionistiche russe.
Dato che le scelte in politica estera si fanno sempre per un proprio tornaconto, è probabile che il nuovo Premier israeliano una volta tornato al potere potrebbe così decidere di ridurre appunto il proprio appoggio all’Ucraina al fine di non inficiare i buoni rapporti coi russi.
Anche perché la Russia è alleata con l’Iran, paese con cui Israele ha dei chiari contrasti. Salvo poi aver anche scoperto che i droni venduti ai russi sono stati poi girati da questi ultimi proprio agli iraniani che li hanno usati contro di loro proprio nel succitato spazio aereo siriano.
Un disimpegno della Russia in Siria potrebbe significare una avanzata degli iraniani nel paese, il che potrebbe non convenire agli israeliani.
Insomma, in un mondo già complicato la vittoria di Netanyahu era proprio l’ultima cosa che ci voleva.