Francia in fiamme, il fallimento dell’integrazione: prossima sarà Italia?

In Francia da 4 giorni sono in corso veementi proteste da parte degli immigrati, sebbene si tratti di persone con cittadinanza.

In Francia riesplodono le banlieue, proprio come avvenne nel 2005. Ma questa volta è molto peggio. Se allora le proteste furono innescate dalla morte di due adolescenti fulminati in una cabina elettrica, e si conclusero con centinaia di arresti più vari danni tra migliaia di auto bruciate e vetrine di negozi devastanti, ora le cose vanno molto peggio.

Come riporta Il fatto quotidiano, Dopo quattro giorni di scontri (mentre nel 2005 parliamo di un bilancio di 3 settimane), parliamo di 1.311 persone fermate, 79 agenti feriti e 1.350 veicoli bruciati. In totale 2.560 incendi su strade e 234 edifici bruciati o danneggiati. A questo si aggiungono 31 commissariati, 16 stazioni di polizia municipale e 11 caserme della gendarmeria prese di mira dai manifestanti.

Ricordiamo che questa volta la miccia è stata accesa dalla morte del 17enne Nahel, ucciso da un poliziotto durante un controllo. Quindi, non parliamo di una morte accidentale di persone che vivono in precarie condizioni economiche. La linea dura dell’Eliseo – che ha annunciato lo schieramento dei blindati nelle strade e l’annullamento dei grandi eventi – non è riuscita ad arginare gli scontri.

Peraltro il Presidente Emmanuel Macron è finito pure nella bufera perché, mentre gli scontri erano in pieno svolgimento, seppur ancora agli inizi, si è recato al concerto di Elton John. In teoria il suo ultimo tour. In teoria, perché il Baronetto del Pop lo ha annunciato chissà quante altre volte in passato (un po’ come da noi i Litfiba).

Insomma, a distanza di vent’anni la Francia fa ancora i conti con la mancata integrazione degli immigrati, malgrado siano di terza o perfino quarta generazione.

Proteste in Francia: il fallimento dell’integrazione

Come detto, si tratta di persone che non solo hanno la cittadinanza francese da 3-4 generazioni, ma che ha fatto le stesse scuole dei francesi di ceppo. Condividendo i loro stessi modelli “culturali” e suggestioni di consumo: dall’abbigliamento ai videogiochi. Dunque, non si tratta di una guerra tra religioni o etnie.

Tuttavia, si tratta di una integrazione di facciata, dove i francesi oriundi continuano a vedere e trattare gli immigrati come “altri“, invasori, perfino parassiti. Tollerandoli solo quando giocano in nazionale, perché da un quarto di secolo li portano spesso e volentieri alla vittoria finale.

Insomma, nel giro di quasi vent’anni non è cambiato niente. La Francia resta sempre quella colonialista, che sfrutta le risorse degli africani, tanto che la stessa rimozione di Gheddafi è stata funzionale a evitare che l’Africa si dotasse di una moneta unica, indipendenti da Dollaro o Euro.

E noi potremmo essere i prossimi, visto che ogni giorno sbarcano immigrati dei quali ci interessiamo solo all’arrivo. Ma dei quali, una volta entrati nel nostro territorio, non ne sappiamo più nulla. Tanto ai radical chic interessa solo gridare all’accoglienza e all’umanità, l’importante è che non imbrattino con la loro presenza i quartieri bene” in cui vivono o le località di vacanza lussuose dove soggiornano (illuminante fu quanto accadde a Capalbio qualche anno fa).

Abbiamo sradicato queste persone dai loro paesi di origine, li abbiamo privati delle loro risorse, fomentiamo le loro guerre civili per vendergli le armi e pretendiamo che si integrino nelle nostre società senza però trattarli alla pari.

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