Come spiega Sky & Telescope (qui l’articolo completo), al di sotto della gelida atmosfera di Urano e Nettuno, composta principalmente da idrogeno ed elio, si trova un mantello dalle caratteristiche piuttosto peculiari.
Innanzitutto, a differenza della Terra e degli altri pianeti rocciosi, è fluido e non solido; inoltre, è ricco d’acqua, ammoniaca, metano e…diamanti. Sì, avete letto bene: pare che queste pietre preziose piovano letteralmente dal mantello, per poi precipitare nel nucleo roccioso.
Nonostante le numerose somiglianze tra i due giganti ghiacciati, un recente studio diretto dal prof. Cheng (qui per i dettagli) parrebbe dimostrare che tale straordinario fenomeno si verifichi solo su Nettuno.
Diamanti dal cielo?
Ma facciamo un passo indietro: com’è possibile che piovano diamanti?
Dal punto di vista chimico, il diamante non è altro che una forma solida del carbonio.
Cheng e il suo gruppo hanno quindi calcolato come raggiungere il “punto di ghiacciatura” di tale elemento su Urano e Nettuno, scoprendo che esiste una ristretta fascia di temperature e pressioni ideali a tale scopo.
All’interno di questa fascia, il carbonio si concentra in un fluido che, ghiacciandosi, produce una pioggia di diamanti.
E tali condizioni esisterebbero solo su Nettuno.
Svelato il mistero della lucentezza di Nettuno?
Da quando la sonda Voyager 2 (qui per approfondire) sorvolò i due giganti ghiacciati negli anni ‘80, gli scienziati si sono chiesti per decenni come mai Nettuno brillasse di luce propria, mentre Urano si limitasse a riflettere la luce del Sole.
Ora lo studio di Cheng avanza una soluzione al problema: sarebbero proprio le piogge di diamanti a conferire a Nettuno la sua caratteristica lucentezza.
Il principio è simile a quello dei meteoriti che precipitano sulla Terra: a contatto con l’atmosfera, i diamanti, sebbene in misura minore dei meteoriti, generano comunque frizione e quindi “bruciano” luminosamente.
Diamanti su Nettuno: critiche e sviluppi futuri
In tutta onestà, i dati disponibili sui due pianeti sono piuttosto vecchi e limitati; bisognerà quindi attendere future esplorazioni per confermare le scoperte di Cheng e del suo gruppo.
Inoltre, i modelli al computer di Urano e Nettuno andrebbero aggiornati coi calcoli sul punto di ghiacciatura per essere più affidabili.
Ma lo studio rappresenta comunque un importante passo avanti nella comprensione dei giganti ghiacciati, che si rivelerà sicuramente molto utile nelle future osservazioni al di fuori del sistema solare, dove pianeti di massa simile a Urano e Nettuno sono piuttosto comuni.
A proposito di pianeti, sapevi che c’è chi prevede i terremoti dal loro allineamento? Ne abbiamo parlato qui.