Chico Forti tornerà in Italia, dove continuerà a scontare la sua pena in attesa della revisione del processo. Il produttore e velista originario di Trento, nel 2000 è stato condannato all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso Dale Pike. Figlio dell’imprenditore Anthony Pike, dal quale Forti stava comperando un hotel. Pike fu ucciso il 15 febbraio 1998, e Chico Forti fu uno degli ultimi che l’uomo vide. E per questo fu subito arrestato.
Questa è stata una delle cause principali che hanno spinto alla sua accusa, in un processo veloce e sommario, con una corte prevenuta, distratta ed annoiata. Come raccontano i resoconti del processo. Corte che ritenne Chico Forti colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio“.
Sono orgoglioso del fatto di aver parlato della vicenda di Chico Forti già nel 2010, quando in Italia pochi la conoscevano. Ma la svolta mediatica si è avuta quest’anno dopo un servizio de Le Iene, che hanno acceso i riflettori sul caso, facendolo così scoprire al grande pubblico. Il resto, si sa, lo ha fatto il solito passaparola sui Social.
Non molto però si sta dicendo sull’importanza dell’amministrazione Trump nella vicenda. Il che non sorprende, dato che rientra nella solita campagna di denigrazione che accompagna The Donald dal 2016. La quale lavora alacremente per sottolineare solo gli aspetti negativi e pittoreschi dell’ormai ex presidente americano. Ma ecco perché Donald Trump è risultato decisivo nella vicenda Chico Forti.
Chico Forti e il ruolo decisivo dell’amminstrazione Trump
In questi vent’anni, si sono alternati al governo, sia italiano che americano, governi di centro-destra e di centro-sinistra. Eppure, niente si è mai concretamente mosso. Anche quando a Palazzo Chigi era di casa Silvio Berlusconi, professatosi sempre grande amico degli americani e amico personale di George Bush. Né quando al governo americano ci è finito il mito dei progressisti: Barack Obama. Che neanche un dito ha mosso nella vicenda.
Certo, mentre i presidenti cambiavano, la macchina diplomatica di Italia e Usa ha continuato a lavorare, ma senza particolari passi in avanti. Si era interessato della vicenda anche Ferdinando Imposimato, che il Movimento cinque stelle aveva pure proposto come Presidente della Repubblica.
Ma proprio grazie ai Cinquestelle che qualcosa si è mosso davvero. Con il vituperato Luigi Di Maio, spesso etichettato superficialmente come “bibitaro” e ridicolizzato, anche da me, nelle vesti di Ministro degli esteri, che si è prodigato per Chico Forti. Ponendo la risoluzione della vicenda tra le prioritarie del governo Giallo-Verde e poi tra i primi impegni da assolvere come titolare della Farnesina nel successivo Governo Giallo-Rosso.
Tra l’altro, qualche giorno prima gli era stato riconosciuto un altro merito: la liberazione dei pescatori sequestrati in Libia (sebbene non manchi qualche punto oscuro, come ho sottolineato qui).
Tuttavia, la vicenda Chico Forti – nato a Trento l’8 febbraio 1959 – non poteva non sbloccarsi se non dagli Usa. Dove è stato condannato all’ergastolo. E l’amministrazione Trump ha avuto un ruolo cruciale. In primis perché The Donald non si mai opposto al ritorno dell’imprenditore in Italia. Mostrando anzi invece sempre una certa apertura. Ma soprattutto, nella persona del Segretario di Stato Mike Pompeo, sempre ben disposto a collaborare.
Ruolo riconosciuto dallo stesso Di Maio, come riporta Libero:
Un ringraziamento speciale al Segretario di Stato Mike Pompeo, con il quale ho seguito personalmente la vicenda e con il quale ho parlato ancora nel fine settimana, per l’amicizia e la collaborazione che ha offerto per giungere a questo esito così importante
Molto importante, ovviamente, anche il lavoro dell‘avvocato di Chico Forti, Joe Tacopina. Come riporta Wikipedia, figlio di italiani – padre romano e madre palermitana – con cittadinanza italiana. Con un passato anche nel calcio italiano. Tentando prima di acquistare il Bologna, poi entrato nel CDA della Roma con la breve parentesi di Thomas DiBenedetto, diventandone pure vice Presidente. Ed infine, azionista di riferimento del Venezia. Di recente, ha poi tentato la scalata del Catania.
Sicuramente, anche la vicinanza di Tacopina all’Italia ha aiutato non poco in questa assurda vicenda. Che ho ricostruito approfonditamente in questo articolo.