In Italia si torna a parlare di voto elettronico: i rischi e i flop in altri paesi

In Italia si torna a parlare di voto elettronico: i rischi e i flop in altri paesi

Già molti paesi hanno rinunciato al voto elettronico per i rischi di democraticità che questo sistema può comportare.

La lentezza nello spoglio delle poche schede elettorali (visto l’ormai atavico astensionismo che colpisce ogni tornata elettorale) in occasione delle elezioni regionali in Sardegna, ha ridato fiato alle trombe riguardo la necessità di introdurre in Italia il voto elettronico.

Ma forse, più che introdurre la tecnologia, occorrerebbe rivedere un po’ la preparazione e l’organizzazione delle sedi elettorali e di chi è addetto allo spoglio. Visto che in molti addetti ai lavori vedono le elezioni soprattutto un ottimo modo di marinare il lavoro venendo ugualmente pagati e la scuola per gli studenti.

Ma questo è un altro discorso. Torniamo al voto elettronico e ai relativi rischi di introdurlo e dove questo sistema ha già fallito.

I rischi legati al voto elettronico

Oggi si torna a parlare di voto elettronico anche chiamando in causa l’impiego di blockchain, sistema che abbiamo imparato a conoscere grazie alle criptovalute diventate di dominio pubblico da qualche anno, dato che ne è alla base. E che è adattabile per i più disparati utilizzi: burocratici, finanziari, ludici, economici, ecc.

Ma c’è un problema: a organizzare e manipolare una blockchain sarebbe comunque un tecnico e non certo un privato cittadino qualunque. Inoltre egli non effettua uno scrutinio, si limita a constatare che il sistema “funzioni”.

Chi ci dice che una blockchain non sia stata impostata per dare certi risultati elettorali? Magari pure il tecnico chiamato a supervisionare il tutto, alla fine potrebbe non saperlo. Almeno “carta canta” e le schede, fatti i dovuti controlli che nessuna sparisca o venga segnata dopo come nel caso di quelle lasciate bianche dagli elettori, possono sempre essere ricontati. Del resto, il ruolo dei rappresentanti di lista è quello da 80 anni.

I paesi dove il voto elettronico ha fallito

Cultura identità ha poi elencato i paesi dove il voto elettronico ha già fallito. Nel 2009 la corte costituzionale tedesca ha dichiarato il voto elettronico incompatibile con l’art. 38 della Legge fondamentale (la costituzione tedesca), che stabilisce elezioni parlamentari «a suffragio universale, diretto, libero, uguale e segreto», prescrivendo che

tutti i passaggi essenziali di un’elezione [siano] soggetti a un possibile controllo pubblico

In Norvegia nel 2014 si è definitivamente rinunciato al voto elettronico constatando che non vi erano garanzie di segretezza, poiché come ogni sistema informatico, anche quello elettorale può essere “bucato” da virus o hacker. Restando nei paraggi, anche la Finlandia, dopo alcuni anni di sperimentazione, nel 2017 ha rinunciato al voto elettronico: “i rischi superano i vantaggi”.

L’Irlanda ha rinunciato nel 2010 mentre in Giappone, dove era ammesso solo per le municipali, non ne fa uso nemmeno là dal 2018.

La bugia che con il voto elettronico si risparmia

Infine, alcuni studi hanno anche smentito la voce che questo sistema sia più economico rispetto a quello tradizionale cartaceo. Come le università di Georgia, New York e Pennsylvania.

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Pubblicato da Valeria Marano

Appassionata di Gossip e curiosità.

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