Quando il Saluto romano è reato? Solo in questo caso

Quando il Saluto romano è reato? Solo in questo caso

Una recente sentenza della Corte di cassazione chiarisce quando il saluto romano sia reato, basandosi sulle Leggi Scelga e Mancino.

Quanto accaduto il 7 gennaio scorso ad Acca Larentia – con centinaia di persone radunante a enunciare il “Presente” con tanto di saluto romano per commemorare Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, assassinati davanti alla sede del Movimento Sociale Italiano in via Acca Larenzia, nel quartiere Tuscolano – ha di nuovo acceso il dibattito sia sul Saluto romano come reato sia sull’Apologia di fascismo in generale.

La Corte di Cassazione, con una sentenza di queste ore, ha cercato nuovamente di chiarire quando il saluto sia reato. Cerchiamo di capirne di più.

Quando il saluto romano è reato

Come riporta IlSole24Ore, secondo la sentenza della Corte di cassazione (della quale però si attendono ancora le motivazioni) il Saluto romano è considerato reato (quindi violazione della legge Scelba che proibisce l’apologia di Fascismo e la ricostituzione del Partito Nazionale Fascista), quando il pericolo di ricostituzione del disciolto partito fascista è reale. Dunque concreto.

La Legge Scelba, di fatti, punisce

chiunque compie pubblicamente manifestazioni usuali al partito fascista con la pena della reclusione sino a tre anni e la multa da duecentomila a cinquecentomila lire

Ma la rilevanza penale c’è solo se

avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idoneo a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito

Sul saluto romano, invece, punisce

chi «con parole, gesti o in qualunque altro modo compie pubblicamente manifestazioni usuali al disciolto partito fascista

La sentenza della Corte di cassazione entra così nel processo per otto militanti di estrema destra che avevano fatto il saluto romano nel corso di una commemorazione a Milano il 29 aprile 2016 in memoria di Sergio Ramelli (della cui storia abbiamo parlato qui).

Gli imputati erano stati assolti in primo grado nel 2020 per l’insussistenza dell’elemento soggettivo e poi condannati nel 2022 dalla Corte d’Appello.

Il Saluto romano è reato? Solo in questo caso

Certo, non è tutto così semplice e automatico. In effetti, non è del tutto facile dimostrare la violazione del divieto, previsto dalla legge del 1952 che attua la Costituzione, di rifondare il partito fascista. Comunque, seguendo la ratio della sentenza, le manifestazioni commemorative costituiscono reato solo se il pericolo che questo avvenga è davvero concreto e consistente. E non può essere solo presunto e a prescindere.

D’altronde, la legge non punisce la manifestazione dell’ideologia fascista, dato che rientra nella libera manifestazione del pensiero essendo tutelata dalla costituzione, ma le modalità pubbliche di tale manifestazione. In altre sentenze precedenti, infatti, il reato è stato escluso quando la condotta era tesa solo a rendere omaggio ed esprimere umana pietà ai defunti, all’interno di un cimitero, da parte di un numero ridotto di persone. Si pensi alle commemorazioni che avvengono ogni anno a Predappio, dove è sepolto Mussolini.

Oltretutto, a parte la Legge Scelba, occorre tenere in considerazione anche la legge Mancino del 1993. La quale, nel tentativo di precisare ancora di più quando si tratta di apologia,

vieta di compiere manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi. I quali hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.

Infine, la Corte di Cassazione ha stabilito che tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità, e che essi possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge.

Conclusioni

Insomma, in futuro molto probabilmente ci saranno altre condanne e ricorsi e occorrerà stabilire da caso a caso. In linea di massima, si profila la possibilità che il Saluto romano possa essere esercitato in manifestazioni che abbiano solo scopi commemorativi, per esempio di militanti defunti. Ma non per scopi violenti ai danni di altre persone o gruppi o contro la democrazia e la Repubblica in generale.

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