Cos’è la Prosopometamorfopsia, la malattia delle facce demoniache

Cos’è la Prosopometamorfopsia, la malattia delle facce demoniache

Un nuovo studio sulla prosopometamorfopsia fornisce per la prima volta una rappresentazione accurata delle distorsioni facciali

Immaginate se, svegliandovi una mattina e andando a fare colazione, vedeste le facce dei vostri familiari distorte in maniera raccapricciante: occhi stiracchiati, nasi giganteschi, bocche sulla fronte o magari orecchie verdi.

Nella stragrande maggioranza dei casi si tratterà fortunatamente solo di un incubo ancora in corso, ma per le persone affette da una rarissima sindrome nota col nome di prosopometamorfopsia (PMO) rappresenta purtroppo la dura realtà.

Così chiamata dall’unione delle parole greche prosopon (faccia) e metamorphopsia (distorsioni della percezione), la PMO causa infatti disturbi nella corretta visualizzazione di forma, dimensione, posizione o colore degli elementi facciali e può durare da pochi giorni fino ad alcuni anni.

Ora però, per la prima volta nella storia medica, un nuovo studio è riuscito a fornire una rappresentazione accurata e fotorealistica delle distorsioni facciali sperimentate da un paziente affetto da PMO, dando speranze per il futuro della ricerca in merito.

Cos’è la prosopometamorfopsia: disconnessione tra reale e rappresentato

Sembrava una normale giornata di lavoro per Antônio Mello e colleghi del dipartimento di scienze psicologiche e cerebrali del Dartmouth College (USA), quando a un tratto si presentò nel loro laboratorio un uomo sulla sessantina, dichiarando di vedere facce “demoniache”.

In particolare, il soggetto affermava di percepire i lineamenti facciali di tutte le persone che incontrava in maniera estremamente stiracchiata, con profondi solchi su fronte, guance e mento; il resto del mondo, invece, era regolare come al solito.

Riconosciuto come un probabile caso di PMO, i ricercatori iniziarono a sottoporre l’uomo ai classici test per la malattia, tra cui la visualizzazione di foto di facce su schermo e carta: grande fu la sorpresa quando il soggetto dichiarò di percepirle senza alcuna distorsione.

Difatti, la maggioranza delle persone affette da PMO non nota alcun miglioramento quando i volti sono digitali o stampati, piuttosto che reali; Mello e colleghi, quindi, capirono subito che questa era un’occasione da non farsi sfuggire.

Metodologia e importanza della ricerca

Per il loro studio, i ricercatori fotografarono la faccia di una persona e la mostrarono al paziente sullo schermo di un computer, mentre allo stesso tempo l’uomo guardava dal vivo i lineamenti del soggetto.

In base alla descrizione del paziente sul come e in che modo i due volti (digitale e reale) differivano, la foto al PC veniva quindi modificata con un apposito software per combaciare quanto più possibile con la percezione distorta dell’uomo.

Tale risultato (visibile nell’immagine di copertina qui) è di straordinaria importanza per la ricerca sulla PMO, sia dal punto di vista professionale che della conoscenza pubblica del problema.

A molte delle persone affette dalla sindrome vengono infatti diagnosticate patologie diverse come la schizofrenia, con conseguente trattamento medico errato a base di psicofarmaci; e d’altro canto non è raro che i malati di PMO evitino di parlare della loro situazione, per timore di essere considerati degli schizofrenici.

Grazie al lavoro pionieristico di Mello e colleghi, le cose ora potrebbero finalmente iniziare a cambiare.

(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)

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Pubblicato da Girolamo Castaldo

I miei interessi principali sono scacchi, sci, anime, manga, videogiochi, musica e (astro)fisica. Storie Semplici: http://storiesemplici.substack.com

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