Perché le smart tv costano poco? La risposta è inquietante

Perché le smart tv costano poco? La risposta è inquietante

Le smart tv costano davvero molto poco, ma non tutti i motivi sono legati ai costi di produzione e alla concorrenza.

La televisione negli anni è radicalmente cambiata. Dalle prime in bianco e nero degli anni ’50 a quelle a colori di fine anni ’70, passando per quelle sottili senza tubo catodico dietro fino a quelle in grado di connettersi a internet e interagire con l’utente. Il quale non è più uno spettatore passivo costretto a sorbirsi ciò che gli viene proposto su pochi canali, ma utente attivo che può scegliere tra una marea infinita di canali digitali. Perfino ripartire d’accapo con un film, un evento sportivo o una trasmissione; stopparla, riprenderla il giorno dopo, ecc.

Le smart tv sono state l’ultima rivoluzione, tra schermi sempre più vividi e ricchi di colori e dimensioni sottilissime. Le sue dimensioni ridotte hanno inciso molto sul costo finale: se negli anni Ottanta un televisore con schermo da 26 pollici era venduto a 1,2 milioni di lire (pari a circa 2.000 euro dei giorni nostri), oggi può costare anche intorno ai 200 euro. Praticamente un decimo. Ovviamente dipende dalla marca e dalle funzioni. Se non è smart (ovvero non predisposta a connettersi a internet) anche sui 120 euro.

Indubbiamente, senza il tubo catodico e i componenti per farlo funzionare, la costruzione dei televisori è diventata via via sempre più semplice, veloce e soprattutto meno costosa. Aggiungiamoci poi la concorrenza, con il moltiplicarsi di megastore che li vendono, l’imporsi di marchi cinesi e sudcoreani ai danni di quelli europei e americani, e, soprattutto, l’e-commerce.

Tuttavia, c’è anche un altro motivo che ha portato all’abbattimento dei costi di una smart tv. E sicuramente non legato a ragioni industriali e dovute al mercato, ma più inquietante.

Le smart tv costano poco perché ci spiano

Come spiega Il Post, il vero ricavato per le aziende produttrici di smart tv deriva dal controllo sulle attività svolte dagli utenti davanti al televisore. Essendo quasi tutte smart-TV costantemente collegati a Internet, possono fornire di continuo statistiche sul loro utilizzo ai produttori, che vendono poi quei dati a numerosi soggetti: dalle società che offrono servizi di streaming alle aziende interessate a farsi pubblicità.

Un televisore raccoglie dati su quanto tempo viene tenuto acceso, ogni quanto avviene un’interazione per cambiare canale, mettere in pausa la riproduzione di un film o selezionare l’episodio successivo di una serie televisiva. Altri dati raccolti riguardano il tempo dedicato a utilizzare un’applicazione, la frequenza con cui viene avviata e in che periodo del giorno.

Non dimentichiamoci poi che le smart tv “ci ascoltano“, visto che possiamo guidarle anche a voce. Dunque possono registrare le nostre conversazioni e acquisire le parole chiave utili per il marketing.

Oltre a mostrare l’elenco dei contenuti e delle applicazioni disponibili, i sistemi operativi di alcuni televisori mostrano anche annunci pubblicitari simili a quelli che osserviamo quando navighiamo online.

I ricavi derivanti da queste attività possono essere enormi e per un singolo produttore, magari con centinaia di milioni di televisori attivi in tutto il mondo, si traducono in svariati miliardi di euro in più ogni anno.

Le informazioni sulla raccolta dei dati sono spesso contenute nella documentazione con cui viene fornito il televisore, mentre non sempre gli avvisi mostrati al momento della sua attivazione sono chiari ed esaustivi. Se è vero che i produttori di televisori, così come le grandi piattaforme, segnalano sempre che i dati raccolti dagli utenti vengono gestiti e analizzati in forma aggregata, quindi senza la possibilità di risalire a un singolo utente e ai suoi gusti, ci sono comunque risvolti per la privacy che non dovrebbero essere sottovalutati, specialmente se di fatto non ci sono alternative.

Ma a noi interessa risparmiare

Tutto sommato ci siamo talmente rassegnati all’idea di essere spiati in tutto e per tutto e tramite i più svariati mezzi (smartphone, auto, elettrodomestici, domotica, ecc.) che preferiamo l’idea di pagare un televisore relativamente poco al fatto che tramite esso le nostre abitudini vengono monitorate. E così ci tornano indietro sotto forma di continue proposte di prodotti e servizi, creando i nostri bisogni.

Questo non è più semplice consumismo, è autentico controllo sulle nostre menti.

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Pubblicato da Carlo Brigante

Mi definisco un "ribelle" del web

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