Presto arriveremo su Mercurio grazie a una vela solare

Presto arriveremo su Mercurio grazie a una vela solare

La proposta di missione Mercury Scout spinge per un’esplorazione del piccolo pianeta supportata da propulsione solare

Una barca a vela che naviga sul pelo dell’acqua al tramonto, gentilmente sospinta dal vento: un’immagine sicuramente poetica, ma non da meno sarebbe una sonda spaziale con vela solare che viaggia nel cosmo, gentilmente sospinta dai raggi del Sole.

Fantascienza? Niente affatto: il concetto esiste già dal 1600, quando Kepler lo propose a Galilei, ed è stato messo in pratica agli inizi del secolo, quando la Planetary Society costruì la sonda a vela solare Cosmos 1 (sebbene la prima a essere lanciata con successo sia stata la giapponese Ikaros nel 2010).

Il principio base è piuttosto semplice: pur non avendo massa, i fotoni di luce che viaggiano nello spazio posseggono una certa quantità di moto, che viene in parte trasferita alla vela solare quando colpita, imprimendole una piccola spinta.

Su questo si basa un’interessante nuova proposta di missione avanzata da un gruppo di ricercatori americani: Mercury Scout, una sonda a propulsione solare col compito di esplorare il pianeta più vicino al Sole.

Specifiche tecniche e vantaggi delle vele solari

Le vele solari sfruttano la pressione esercitata dalla luce solare su ampie superfici. Non è quindi un mistero che Stephen W. Parman della Brown University e colleghi abbiano scelto proprio Mercurio come metapiù la vela si trova vicino al Sole, maggiore è la sua efficienza.

Parimenti, è facile capire perché la dimensione prevista per tale vela sia di circa 2500 metri quadrati, divisi in quattro quadranti, con uno spessore di 2,5 micron. Per completare le specifiche tecniche, essa sarà realizzata con CP1 invecchiato e rivestito di alluminio, un materiale simile a quello usato per lo scudo termico del JWST.

Ma perché usare la propulsione solare, invece di quella classica con combustibili chimici? I motivi principali sono due:

  1. I costi sono sostanzialmente più bassi, in quanto si risparmia sul carburante (che, tra l’altro, aggiunge peso e quindi richiede ulteriore carburante), senza contare che la durata della missione (al momento calcolata intorno ai 10 anni) sarebbe limitata solo dall’usura della vela;
  2. I tempi di arrivo sono ridotti (si parla di circa 3,8 anni con un lancio dedicato), in quanto l’accelerazione solare, pur partendo lenta, progredisce all’aumentare dei fotoni che colpiscono la vela.

Gli obbiettivi della missione: mappatura mineraria

E arriviamo finalmente al sodo, cioè gli obbiettivi principali della missione dichiarati da Parman e colleghi:

  1. identificare e mappare la distribuzione di minerali sulla superficie;
  2. ottenere immagini ad alta risoluzione;
  3. fotografare i depositi di ghiaccio nelle regioni permanentemente all’ombra (PSR).

Per realizzarli, una volta raggiunto Mercurio la sonda entrerà in orbita polare, che manterrà grazie a costanti aggiustamenti dell’angolo della vela e da cui trascorrerà 176 giorni a mappare l’intera superficie.

Entrando più nel dettaglio e seguendo l’ordine esposto sopra, i ricercatori propongono l’utilizzo di uno spettrometro nel medio infrarosso (IMIR, da InterMediate InfraRed) per la mappatura mineraria del pianeta.

L’identificazione a distanza dei minerali, infatti, è particolarmente difficile per Mercurio, in quanto la scarsa presenza di ferro e l’elevato grado di erosione spaziale, subita dai corpi celesti privi di atmosfera, “appiattiscono” i rilevamenti nel visibile e nel vicino infrarosso.

Gli obbiettivi della missione: immagini e ghiacci

Non meno affascinanti (e sicuramente di maggiore impatto visivo) si preannunciano gli altri due obbiettivi di tipo fotografico, per entrambi i quali si prevede l’utilizzo di una fotocamera simile alla DRACO impiegata per la missione DART.

In particolare, le immagini verrebbero acquisite ad un’eccellente risoluzione di 1 metro per pixel, con in più la possibilità di realizzare numerosi scatti tra cui selezionare i migliori, grazie alla lunga durata della missione.

Estremamente interessante è il “trucco” escogitato dal gruppo per fotografare al meglio i ghiacci nelle PSR (ebbene sì, anche il rovente Mercurio li possiede): usare la vela solare come un gigantesco specchio con cui riflettere i raggi del Sole e fare letteralmente luce tra le ombre.

Insomma, pur essendo ancora nelle fasi preliminari, Mercury Scout si mostra sulla carta decisamente promettente e, se approvata, contribuirà ad aumentare notevolmente le nostre (ahimé, scarse) conoscenze in merito al piccolo pianeta.

(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)

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Pubblicato da Girolamo Castaldo

I miei interessi principali sono scacchi, sci, anime, manga, videogiochi, musica e (astro)fisica. Storie Semplici: http://storiesemplici.substack.com

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