Ora Israele ha il pretesto per attaccare l’Iran, proprio come ha fatto rastrellando Gaza, uccidendo o mutilando senza pietà.
Stamattina i media ci hanno dato il buongiorno proponendoci le immagini spettacolari dell’attacco sferrato nella serata di ieri dall’Iran ai danni di Israele.
Una sorta di avvertimento, in realtà, visto che il 99 per cento dei circa 300 proiettili lanciati dall’Iran contro Israele è stato intercettato agevolmente dalle difese aeree, Un attacco serio e deciso, probabilmente, avrebbe provocato qualche danno serio.
Sebbene occorra il sistema di difesa israeliano sia il più avanzato e sofisticato del Mondo. Tranne però quel 7 ottobre 2023, il quale, anche alla luce di questa notizia, appare sempre più un nuovo 11 settembre 2001.
Cosa farà Israele in risposta a Iran?
Motivo? Ora Israele ha il pretesto per attaccare l’Iran, proprio come ha fatto rastrellando Gaza, uccidendo o mutilando senza pietà adulti, anziani, donne e bambini palestinesi. Anche negli ospedali. D’altronde, per quanto gli Usa abbiano invitato gli israeliani a desistere da ogni contro risposta, in realtà hanno tra le mire l’Iran ormai da quasi mezzo secolo.
Da quando cioè al potere si è instaurato l’integralismo islamico tramite la rivoluzione dello Ayatollah Khomeyni, andando vicino ad un attacco concreto durante i governi Bush, come fatto in Afghanistan e Iraq (altri stati “canaglia”, per usare lo stesso aggettivo adoperato dagli americani). Poi per fortuna, gli 8 anni sono terminati e al governo ci sono andati altri. Ora però il governo Biden è mosso dallo stesso animo guerrafondaio.
Ora tutti si chiedono cosa farà Israele in risposta all’attacco iraniano. Come prevede il sempre arguto Maurizio Blondet, Israele bombarderà gli impianti nucleari per l’arricchimento dell’uranio dell’Iran, come vuol fare da vent’anni e per i quali gli USA hanno posto l’Iran sotto sanzioni. Adesso Sion “ne ha il diritto”.
Peccato che l’Italia abbia perso i propri rapporti economici e commerciali anche con l’Iran. Come fatto con Russia e Cina. Una diversificazione diplomatica fondamentale, ben raggiunta durante il governo Conte I e persa in questi anni, per un totale asservimento all’America.
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