Inno di Mameli è un plagio? Pare proprio di sì: la vera storia

Inno di Mameli è un plagio? Pare proprio di sì: la vera storia

L’Inno di Mameli sarebbe un plagio, di un inno scritto da Atanasio Canata che Goffredo Mameli ha lungamente frequentato.

Molti italiani lo conoscono solo grazie alle partite della Nazionale italiana di calcio, dato che viene suonato (e mestamente cantato dai calciatori) prima delle gare. Il Canto degli italiani, detto anche Fratelli d’Italia ma meglio conosciuto come Inno di Mameli, è di fatto l’Inno che sancisce l’Unità d’Italia.

A quanto pare però, l’Inno di Mameli sarebbe un plagio, di un inno scritto da Atanasio Canata (1811-1867), intellettuale giobertiano di notevole spessore, che Goffredo Mameli (1827-1849) indicato come autore del testo, ha lungamente frequentato. Lo stesso Canata scrisse poi dei versi per rivendicare “lo scippo“.

Vediamo dunque la vera storia dell’Inno di Mameli.

Chi era Goffredo Mameli

Goffredo Mameli è nato nel 1827 e morto a soli 22 anni nel 1849, sul fronte in sostegno della Repubblica romana di Mazzini e Garibaldi, nel quale era impegnato da 3 anni.

Studiò a Carcare, cittadina dell’entroterra savonese, presso i padri Scolopi. E proprio in quel collegio, in cui fu allievo peraltro anche Luigi Einaudi, avrebbe scritto l’inno nazionale. Mentre la musica sarebbe stata scritta a Torino da Michele Novaro.

Tuttavia, il testo – di cui conosciamo solo le prime strofe – più che di un’Unità nazionale e di una Repubblica – si esalta soprattutto la Monarchia. E molti elementi non quadrano.

La storia dell’Inno di Mameli: è un plagio?

Il Blog Dal Veneto al Mondo ha ritrovato un intervista a Aldo Alessandro Mola, docente emerito di Scienze Politiche alla Statale di Milano, autore di biografie e numerosi saggi storici. Il quale sostiene che Mameli abbia plagiato Padre Atanasio Canat.

Mola ha inserito queste tesi in una Biografia dedicata a Giosuè Carducci. Secondo lui:

fu adottato (provvisoriamente, nda) dall’Assemblea Costituente il 12 ottobre 1946, dal governo di Alcide De Gasperi, in gran fretta, perché bisognava trovare una sostituzione alla Marcia Sabauda, ed era quasi la vigilia del 4 novembre. Furono proposti L’Inno di Garibaldi e la canzone del Piave. Fu scelto l’Inno di Mameli, ma “come semplice inno militare”

Quello di Mameli non è però l’inno ufficiale italiano:

Nel corso degli anni, nonostante l’iniziativa di vari parlamentari, non è stato mai riconosciuto come Inno ufficiale della Nazione. E non bisognerebbe neppure usare il termine nazione, definizione ottocentesca, ma Stato italiano, visto che siamo formati da diverse etnie

Aldo Alessandro Mola poi approfondisce come è arrivato a quelle deduzioni:

Valutando l’Inno da pedagogo, quello non è un linguaggio giovanile e Mameli nel 1846 aveva diciannove anni. I sospetti sono aumentati leggendo da storico le sue opere. Dal collegio di Carcare scriveva alla madre che stava facendo proprio una bella vita: “Mangio per quattro, dormo molto, non faccio nulla, penso meno”, nessun ideale patriottico, ne voglia di scrivere poemetti. Era anche sgrammaticato. Del resto di nascita era un damerino di nobile famiglia genovese (il nonno era stato riconosciuto cavaliere e nobile da Vittorio Amedeo III, re di Sardegna). Educato alle scuole pie dei padri Scolopi genovesi, fu trasferito a Carcare dopo un pestaggio con un compagno.

Inoltre, Mameli non morì da eroe:

C’è anche da contestare il fatto che Mameli sia morto da eroe, in realtà fu ucciso dal fuoco amico (ferito da un commilitone a una gamba, poi andata in cancrena) ma la teoria eroica funzionava per l’immagine

Inno di Mameli scritto da Atanasio Canata

Veniamo ora al passaggio decisivo, che vorrebbe l’Inno di Mameli scritto da Atanasio Canata anche per i contenuti conservatori e non rivoluzionari:

Atanasio Canata, nato a Lerici, nel Golfo dei Poeti, era un prolifico autore di poesie e tragedie. E tutte le sue opere sono infuse del cristianesimo liberale di ispirazione giobertiana che ritroviamo anche nell’inno di “Fratelli d’Italia”: tipo “l’unione e l’amore/ rivelano ai popoli/ le vie del Signore”. Era un papista, non un rivoluzionario mazziniano

Canata, ricorda il Professor Mola, denunciò peraltro la cosa, seppur in versi e parlando in terza persona, a mo’ di dissing tra rapper moderni:

A destar quell’alme imbelli/ meditò (lui, Canata, nda) robusto un canto;/ ma venali menestrelli (Mameli? nda) si rapian dell’arpe il vanto:/ sulla sorte dei fratelli/ non profuse allor che pianto,/ e aspettando nel suo cuore/ si rinchiuse il pio cantore

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