I biologi si arrendono: il trasferimento genico orizzontale è realtà

I biologi si arrendono: il trasferimento genico orizzontale è realtà

A lungo considerato un processo esclusivo ai batteri, studi recenti hanno dimostrato che la realtà è molto più complessa

“Ha gli occhi del padre” oppure “ha il naso della madre”: sicuramente avremo sentito tantissime volte espressioni del genere. Il merito è ovviamente dell’ereditarietà genetica verticale, ma di recente i ricercatori hanno iniziato a riconoscere anche i meriti di quella orizzontale.

In questo caso i geni possono “saltare” da un individuo all’altro, ma anche da una specie all’altra, piuttosto che da una generazione all’altra tramite il classico meccanismo della riproduzione: si parla, appunto, di trasferimento genico orizzontale.

Si tratta di un processo relativamente comune a livello batterico, dove gioca un ruolo importante nell’evoluzione e nell’adattamento, così come nella diffusione della resistenza agli antibiotici, un tema molto caldo negli ultimi anni.

D’altro canto, i biologi che sostenevano che il trasferimento orizzontale potesse avvenire anche in specie multicellulari sono stati a lungo guardati con sospetto dalla comunità scientifica. Ora, però, le cose stanno decisamente cambiando.

Linea germinale e trasposoni

Il problema è che il trasferimento genico orizzontale tra specie richiede una serie di eventi piuttosto improbabili. Nell’ordine:

  1. Un gene di un individuo deve in qualche modo raggiungere la linea germinale, cioè la sequenza di cellule sessuali, di un individuo di un altra specie;
  2. Da lì deve entrare nel nucleo cellulare e quindi “sgusciare” nel genoma della nuova specie;
  3. Quest’ultima deve generare prole con quelle uova o sperma in modo da trasmettere in maniera ereditaria il genoma modificato.

Ciò nonostante, numerosi studi indicano che esso sia una realtà. Importante fattore in merito sono i cosiddetti trasposoni, elementi genetici in grado di effettuare copie di se stessi in vari punti del genoma o anche tra un genoma e l’altro, a volte “chiedendo un passaggio” a un parassita o virus.

Spesso, però, pare si tratti, di una strada a senso unico: i dati mostrano, infatti, che sia più probabile che un gene salti da un batterio a una più complessa cellula eucariote piuttosto che il contrario, in quanto in quest’ultimo caso il gene “invasore” viene solitamente espulso dal batterio.

Il trasferimento genico orizzontale in azione

Questo per quanto riguarda la teoria, ora sotto con la pratica.

Nel 2022 veniva riportato che un gene chiamato BovB si era spostato dai serpenti alle rane in maniera indipendente almeno 50 volte in varie parti del pianeta, soprattutto in Madagascar.

Non è ben chiaro il perché, ma si sospetta che dipenda dall’ampia presenza di sanguisughe e altri parassiti sull’isola, che si muovono da individuo a individuo portando con sé sequenze di DNA acquisite all’atto di succhiare il sangue.

Il trasferimento genico orizzontale pare abbia avuto un ruolo importante anche nel modo in cui la vita marina intorno ai poli abbia acquisito le difese necessarie a sopravvivere al freddo glaciale.

Si è infatti scoperto che aringhe e osmeridi, specie la cui evoluzione si è distinta oltre 250 milioni di anni fa, usano lo stesso gene per fabbricare proteine in grado di impedire la formazione di cristalli di ghiaccio nei loro corpi.

Dopo decenni di ricerca si è finalmente arrivati al consenso scientifico che tale gene debba aver effettuato un salto dalle aringhe agli osmeridi; in generale, sono state trovate prove di almeno 975 traferimenti orizzontali tra 307 genomi di vertebrati, principalmente negli attinopterigi (di cui fanno parte, ad esempio, gli scorfani).

Il trasferimento genico orizzontale nell’uomo

E gli umani? Il processo non è così diffuso, ma su scale temporali lunghe come quelle evolutive pare accada più spesso del previsto; in particolare, un caso noto riguarda il nostro microbioma, cioè l’esercito di microorganismi che occupa l’intestino e altre parti del nostro corpo.

È risaputo che il microbioma dei/delle bambini/e deriva innanzitutto dalla madre, ma recenti studi hanno scoperto che, sorprendentemente, questo “dono materno” non viene sempre elargito sotto forma di intere cellule.

Pare, infatti, che piccoli pezzi di DNA proveniente dai batteri della madre vengano trasferiti ai batteri del/della piccolo/a in maniera orizzontale, anche a distanza di mesi dalla nascita, e potrebbero giocare un ruolo importante, in maniera diretta o indiretta, nella fase di crescita e sviluppo.

Insomma, la ricerca è ancora agli inizi, ma sta progredendo rapidamente nel dimostrare che il trasferimento genico orizzontale non è affatto un fattore secondario nell’evoluzione della vita, sia essa monocellulare o pluricellulare, vertebrata o invertebrata.

(Originariamente pubblicato su Storie Semplici. Il titolo dell’autore potrebbe essere modificato dalla redazione)

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Pubblicato da Girolamo Castaldo

I miei interessi principali sono scacchi, sci, anime, manga, videogiochi, musica e (astro)fisica. Storie Semplici: http://storiesemplici.substack.com

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