Falcone ucciso dai comunisti? La tesi alternativa dimenticata

Come noto, Giovanni Falcone, con la moglie e la scorta, fu ucciso il 23 maggio 1992, in quella che è tristemente passata alla storia come “strage di Capaci“. Visto che la deflagrazione avvenne poco prima lo svincolo autostradale di Capaci, comune in provincia di Palermo.

Ciò che però ormai non viene più ricordato nelle ormai stanche celebrazioni che il paese prepara ogni anno, con tanto di bambini e adolescenti ben indottrinati sui discorsi anti-mafia, che il 6 giugno successivo, quindi appena 13 giorno dopo la morte, Giovanni Falcone avrebbe dovuto recarsi a Mosca.

Il motivo della visita nella capitale dell’ormai già ex epicentro dell’impero socialista sovietico era l’incontro con il procuratore di Mosca Valentin Stepankov, al fine di coordinarsi con lui.

Perché questa cooperazione internazionale tra i due magistrati? La ragione potrebbe proprio essere la vera base della morte di Giovanni Falcone.

La morte di Giovanni Falcone e la pista comunista

Come riporta il giornalista Maurizio Blondet sul proprio blog, Valentin Stepankov all’epoca stava indagando sulla dirigenza del PCUS e del KGB prima che Gorbaciov, il 6 novembre 1991, proibendo le attività del PCUS in Russia, gli sbarrasse l’accesso ai documenti.

Il procuratore di Mosca Stepankov aveva appurato che “il tesoro d Mosca era stato fatto affluire nella disponibilità del PCI attraverso canali finanziari già usati per il trasferimento di ‘aiuti ai partiti fratelli”.

Si trattava di centinaia se non migliaia di miliardi di dollari in valute pregiate e metalli preziosi, finiti all’estero, nel libero occidente. Come scritto da Gaetano Immé nel libro “Attacco al potere comunista – gli intrighi, le collusioni, gli omicidi di mafia utili alla sinistra“, secondo gli atti giudiziari di Valentin Stepankov e di Giovanni Falcone, le mafie (sicula, italo-americana e russa) stavano gestendo quell’immenso patrimonio, servendosi del canale delle svariate società organiche al PCI. Già avvezze a riciclare i fondi illeciti con cui lo finanziava il PCUS.

Falcone e Borsellino (che morirà nel luglio successivo) cercavano che fine avessero fatto i ‘fondi segreti’ che il PCUS aveva esportato illegalmente in Italia ‘dopo la caduta del Muro”. Il PCI si rifiutò di collaborare. Magistratura democratica non mosse un dito. Falcone, Borsellino e il ROS del generale Mario Mori avevano avviato un’inchiesta giudiziaria (Mafia e Appalti, dossier dei ROS) che avrebbe devastato le collusioni tra la mafia e il mondo delle cooperative rosse del PCI.

Non solo, sempre Immé ricorda come Falcone “cessa di essere il fiore al’occhiello delle sinistre” per le sue inchieste sul “terzo livellodemocristiano, e viene criticato dai media di riferimento – Repubblica, Espresso – e dai tele-giornalisti dell’area (Santoro, Augias) in una operazione di discredito e linciaggio morale.

Poi arrivò l’insabbiamento:

dopo la morte di Falcone e Borsellino, tutti i fascicoli dell’inchiesta di Mosca e di Stepankov furono trasmessi alla procura di Roma da procuratore generale (di Palermo) dr Ugo Giudiceandrea […] Nessuno ne parla più […] l’inchiesta Mafia e Appalti di Falcone e Borsellino viene ‘archiviata’ dopo l’eliminazione dei due magistrati. In compenso, tutti quei magistrati di Palermo hanno fatto una straordinaria e brillante carriera

Morte di Falcone: l’intreccio Mafie e Pci

Blondet poi cita un articolo di Marco Nese sul Corriere della Sera del 4 giugno 1992, dove viene scritto che quel giorno vennero a Roma i magistrati russi per fare luce sui fondi neri del PCUS transitati nel PCI. Ecco un passaggio fondamentale:

Se le carte dei russi sono veritiere, dal punto di vista giudiziario (per i responsabili del PCI-PDS n.d.r.) non si configurano solo il reato di violazione della legge sul finanziamento dei partiti. Ci sono anche illeciti tributari e falsi in bilancio. Dai documenti pare non risulti una clausola speciale. Se venisse confermata, sarebbe un fatto clamoroso. Si tratta di questo: i soldi arrivavano a condizione che il PCI seguisse in certe occasioni la linea dettata da Mosca

Come riporta Huffington Post, anche Claudio Martelli, allora Ministro della Giustizia, nel suo libro in occasione del trentennale della morte di Falcone, “Vita e persecuzione di Giovanni Falcone“, fa riferimento a questa vicenda.

Insomma, se la mano mafiosa dietro la morte di Giovanni Falcone sembra inequivocabile, occorrerebbe riparlare nuovamente di chi l’ha realmente armata. Probabilmente, siamo dinanzi ad un ennesimo mistero italiano irrisolto.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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