Di criptovalute non si parla più, almeno a livello mainstream. Anche le ricerche su Google sono crollate negli ultimi due anni. Sembrano insomma lontani i tempi di quando si parlava continuamente di Bitcoin mentre quest’ultimo sfiorava i 20mila dollari o quando sfiorò i 70mila dollari. Eppure, sono passati pochi anni: 5 anni e mezzo la prima volta e un anno e mezzo la seconda.
In entrambi i casi, il rimbalzo è stato forte, riportando il prezzo del Bitcoin e delle altre criptovalute che seguono la scia, nei ranghi. Ma nel mezzo, in tanti ci hanno creduto e scommesso, investendo soldi e perdendo anche cifre molto importanti. Negli Usa c’è gente che ha perso anche la casa.
Al momento della scrittura, il Bitcoin si aggira intorno ai 26mila dollari, mentre ad aprile aveva sfondato per poco tempo il livello dei 30mila dollari. Ma ormai i bei tempi sembrano lontani da molto. A influire i tanti scandali, di frodi e distrazione di fondi, che hanno acuito lo scetticismo intorno a questo asset, che non è mai riuscito a consolidarsi come strumento di investimento vero e proprio.
Anche le banche e i governi non ci hanno mai creduto davvero, preferendo le valute FIAT – ovvero quelle tradizionali avente corso legale (USD, EUR, GBP, ecc.) – a parte qualche sporadico caso.
E ora, i provvedimenti della SEC ai danni di due importanti Exchange come Binance e Coinbase potrebbero dare la batosta finale al comparto.
I provvedimenti della SEC contro Binance e Coinbase
Come riporta Il Fatto quotidiano, la SEC – l’ente di vigilanza statunitense paragonabile alla nostra CONSOB – ha fatto causa a Binance e Coinbase sostenendo, nel caso più eclatante, che gestiscono titoli negoziabili in modo illegale. Le valute digitali, cioè, dovrebbero essere trattate alla stregua dei principali strumenti finanziari, come azioni e bond.
La SEC da tempo sta colpendo il settore delle criptovalute per fare in modo che rientrino a tutti gli effetti negli strumenti finanziari tradizionali.
I reati contestati dalla Sec sono tanti: contro Binance l’accusa è agire sul mercato senza licenza come broker e piattaforma non registrata; contro Coinbase di aver messo su una “rete di inganni” per eludere le leggi federali sui prodotti finanziari, nonché di fare trading su titoli non regolamentati.
Coinbase si difende sostenendo che la Sec aveva già approvato il suo modello di business quando, nel 2021, diede il via libera alla quotazione in Borsa. Dunque, l’Exchange agirebbe già nel solco della legge.
Contro le Criptovalute una congiura delle istituzioni?
Premesso che una maggiore legalizzazione del settore sia giusta, i provvedimenti potrebbero anche essere letti come un modo da parte dell’establishment di eliminare del tutto le criptovalute, perché danno fastidio e sono pericolose per chi, come banche e istitutizioni, vogliono preservare il potere economico e il controllo sui nostri soldi.
Del resto, almeno nelle intenzioni iniziali del fondatore (o dei fondatori) del Bitcoin, Satoshi Nakamoto, le criptovalute sono nate con questo scopo: infondere decentralizzazione nel sistema economico.
Ad onor del vero, le criptovalute hanno spinto le Banche centrali a digitalizzare molto le valute tradizionali e i servizi.
L’invito a investire solo in piattaforme autorizzate, con regolari licenze rilasciate dagli organismi preposti, e con proprietari e gestori riconoscibili e individualizzabili, resta sempre la premessa per chi intende investire nelle criptovalute. Così come il suggerimento di investire somme molto contenute, essendo un asset altamente volatile.