Coronavirus, emergenza in Lombardia già denunciata nel 2018

Il Coronavirus Covid-19 in Lombardia ha messo in luce due verità del nostro Paese: la Sanità italiana è stata sottoposta a continui tagli negli ultimi 40 anni e la Lombardia non è questa Regione impeccabile che ci hanno raccontato.

Riguardo il primo punto, tutto sommato lo sapevamo già. E in questo articolo ho scritto la triste cronistoria di questo scempio. Riguardo il secondo punto, la Lombardia sta mostrando tutta la sua fragilità. Col sistema sanitario andato in tilt, sebbene sicuramente altre regioni (specie quelle del sud) avrebbero fatto la stessa fine ma nel giro di una settimana.

Regione sicuramente più ricca delle altre, ma non è certo la Baviera italiana che ci hanno presentato. Non mancano lì criticità ambientali e problemi al trasporto ferroviario regionale.

La Lombardia è quella che ha subito più perdite di tutte le altre regioni, concentrate soprattutto nelle province di Lodi, Brescia e Bergamo.

Tuttavia, la situazione di collasso era già stata paventata nel 2018, come dimostrano queste due [sta_anchor id=”lombardia”]denunce[/sta_anchor].

Coronavirus, Sanità lombarda già al collasso nel gennaio 2018

coronavirus lombardia dati

Un articolo di In salute news, del 18 gennaio 2018, già denunciava la situazione critica della Sanità della Lombardia. Che il Coronavirus ha solo rivelato a livello nazionale.

II Pronto Soccorso milanesi e lombardi in generale sono già al collasso, ancora prima che si verifichi l’annunciato picco annuale di casi influenzali, atteso in questi giorni. I dati, raccolti dal NurSind, sindacato delle professioni infermieristiche, parlano forte e chiaro: i PS della città sono sovraffollati, con tempi medi per le visite/ricoveri che – nella gran parte dei casi – richiedono svariate ore di attesa.

Queste le parole dei delegati sindacali NurSind presso il Niguarda:

Ad esempio al Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda, nel periodo monitorato che va dal 20 dicembre 2017 all’8 gennaio 2018, gli accessi risultano 5.790, ovvero circa 50 utenti in media al giorno in più rispetto al già tragico, analogo periodo dell’anno scorso. Di questi, ben 1.623 pazienti erano pediatrici”

Non va meglio all’Ospedale San Paolo: nel periodo che intercorre dal 1° dicembre 2017 al 6 gennaio 2018 si è visto che i pazienti che si sono presentati al pronto soccorso dal lunedì al venerdì sono stati circa 230 al giorno (+20%), arrivando fino a 250 a partire dal venerdì sera e lungo tutta la giornata di lunedì (+ 25%), con accessi quotidiani medi di 40 utenti pediatrici dal lunedì al giovedì, con un picco di 50 nei weekend e festivi prevalentemente negli orari pomeridiani e notturni. Tutto questo escludendo il fast track, modello organizzativo che mira a decongestionare i Pronto Soccorso e dove l’infermiere invia in autonomia il paziente che presenta un quadro di patologia minore e monospecialistica direttamente allo specialista competente”

Anche fuori città la situazione non è più rosea: il PS del nuovo Ospedale di Legnano registra, oltre a un aumento di pazienti medi giornalieri, una decisa crescita delle urgenze, più difficili da gestire. Questa la denuncia della Segreteria Territoriale del NurSind di Milano:

Un trend decisamente in aumento dovuto al fatto che l’Ospedale è riferimento per il trattamento dell’ictus (stroke unit), delle urgenze Neurochirurgiche, essendo inoltre attivo il trauma center – precisano i delegati sindacali NurSind presso la ASST Ovest Milanese – Condizioni critiche anche negli altri PS cittadini, come il Policnico, il Sacco, il San Raffaele, il Fatebenefratelli, il Gaetano Pini”

Aggiunge la Segreteria Territoriale NurSind di Milano

In un contesto simile diventa impossibile garantire la giusta privacy e la dignità delle persone sofferenti, assicurando a ogni paziente le cure migliori senza però mortificare la dignità professionale di chi vi opera all’interno”

L’assessore al Welfare di Regione Lombardia, Giulio Gallera, ha detto:

In vista del picco influenzale Regione Lombardia ha messo in atto alcune iniziative che coinvolgono i medici di Medicina generale e le Asst per cercare di tamponare il fenomeno del sovraffollamento dei Pronto Soccorso che purtroppo negli ultimi 10 giorni ha già interessato la maggior parte delle strutture, precisamente il 41% di quelle generali e il 100% di quelle pediatrici, con picchi superiori ai 12 mila accessi”

Nello specifico – ha spiegato l’assessore – attraverso le Ats (Agenzia di tutela della salute), soprattutto quelle interessate da maggiori afflussi come quella di Milano e di Varese, abbiamo sensibilizzato i medici di Medicina generale per favorire le visite domiciliari e le Asst (Aziende socio sanitarie territoriali) affinché applichino tutte le misure previste dai Piani di gestione dei sovraffollamento anche attraverso il blocco o il differimento di ricoveri elettivi, per interventi chirurgici di programmazione ordinaria”.

Gallera ha anche ricordato lo stanziamento di 4 milioni di euro che avrebbe consentito

alle Asst e Irccs pubblici dotati di Pronto soccorso, Dipartimenti di emergenza e urgenza (Dea) e Emergenza ad alta specialità (Eas) di incrementare i posti letto attraverso l’aumento temporaneo di quelli interni alla struttura di area medica e chirurgica e di degenza per subacuti; l’utilizzo di quelli messi a disposizione da strutture sanitarie accreditate e a contratto nell’ambito del budget assegnato; l’attivazione di convenzioni con strutture sanitarie e unità d’offerta sociosanitarie di RSA o cure intermedie che convertissero temporaneamente parte dei posti accreditati in degenze, per subacuti”

L’Anaao Assomed, l’associazione medici dirigenti fa da eco al NurSind:

Il cronico collasso dei PS è il prodotto visibile di una politica di sottrazione progressiva ed inesorabile di risorse umane ed economiche alla Sanità pubblica. Basterebbe che Governo e Regioni si occupassero delle sofferenze sociali come di quelle bancarie per evitare che la soluzione al sovraffollamento dei Pronto Soccorso sia un cartello con la scritta ‘chiuso per tagli’”

Poco personale in Lombardia già registrato nel 2018

lombardia ospedali

Diversi mesi dopo, sempre l’assessore lombardo Gallera ha denunciato la scarsità del personale sanitario, medici ed infermieri. A riportarlo First online:

Da quest’anno in Lombardia una media di 2000 medici ospedalieri andranno in pensione ma saranno disponibili a sostituirli soltanto un migliaio di giovani professionisti (se ci saranno i soldi per assumerli). E, se le cose non cambieranno rapidamente, si delinea una gravissima crisi di mancanza di specialisti in una sanità che da sempre viene apprezzata (e frequentata da tutta Italia) per la sua eccellenza.

Per questo è assolutamente urgente incrementare in misura adeguata i contratti di formazione nelle scuole di specializzazione riconosciuti dal ministero della Pubblica Istruzione e dell’Università, a cui i laureati in medicina sono tenuti ad iscriversi per acquisire in cinque anni la specializzazione. Il Ministero ne ha riconosciuti 1040 a cui si sono aggiunte, nell’anno 2018-19, 55 borse di studio finanziate in proprio dalla Regione. Ma per garantire il ricambio generazionale ne mancano un altro migliaio.

Il contributo statale non è neppure di quelli da far girare la testa: per garantire le specializzazioni le facoltà di Medicina ricevono per i primi due anni 1652 euro al mese, 1710 negli ultimi tre. Paradossalmente le nostre Università formano medici preparati che in buon numero, nell’impossibilità di specializzarsi o per effetto dei vincoli alle assunzioni, trovano lavoro solo all’estero, soprattutto nei paesi europei, a spese del contribuente italiano. Rimane il fatto che negli ospedali l’insufficienza degli organici mette a rischio la qualità del servizio.

D’altra parte un aumento della spesa per il personale di pochi punti percentuali richiederebbe alle finanze proprie della Regione Lombardia uno sforzo finanziario insostenibile. Per contro, il “contratto di Governo” tra Lega e 5Stelle in materia di sanità sembra molto esplicito al riguardo e considera “indispensabile assumere il personale medico e sanitario necessario” in considerazione del fatto che

“il problema dei tempi di attesa susseguente anche alla diffusa carenza di medici specialisti,infermieri e personale sanitario”

Secondo il documento sottoscritto da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio “i posti per la formazione specialistica dei medici dovrebbero essere determinati dalle reali necessità assistenziali e tenendo conto anche dei pensionamenti, assicurando quindi un’armonizzazione tra posti nei corsi di laurea e posti nel corso di specializzazione.

La realtà è che quest’armonizzazione non c’è, e i posti per la formazione specialistica sono di fatto determinati da due fattori: la capacità delle scuole universitarie di accogliere medici in formazione e il finanziamento delle borse di studio da parte del MIUR. Dunque, se da un lato potrà essere necessario aumentare il numero dei laureati in medicina, anche rivedendo il numero chiuso, dall’altro sarà necessario aumentare le borse di studio per gli specializzandi.

Bisogna consentire più diffusamente che il medico neolaureato abbia accesso alla struttura sanitaria per conseguire le abilità teoriche e tecnico-pratiche necessarie allo svolgimento della specializzazione medica prescelta. L’analisi è corretta ma a questo punto bisognerebbe passare dalle parole ai fatti.

Il Capo del Governo dovrebbe avviare, con le inevitabili gradualità, la realizzazione del suo programma. L’emergenza oggi è lombarda ma in realtà si sta mettendo a rischio il futuro degli ospedali pubblici nel nostro paese. In Lombardia ci si aspetterebbe una levata di scudi non solo dell’assessore e dell’intera giunta, ma anche dei consiglieri di opposizione, a partire dai 5 Stelle e dal PD.

Accanto alla battaglia politica con il Governo centrale, proprio la Lombardia, senza percorrere la strada dei tagli puri e semplici, potrebbe scegliere autonomamente di razionalizzare da subito il sistema ospedaliero, attenuando quantomeno le criticità di organico e garantendo continuità e qualità del servizio.

Il che significa, con buona pace dei localismi fomentati spesso da una classe politica incapace di costruire il futuro, predisporre un piano di riconversione di piccoli ospedali da strutture per acuti a centri per le patologie croniche, soprattutto per gli anziani, per le patologie di guardia medica e per evitare che i cittadini intasino i pronto soccorso degli ospedali che debbono trattare gli acuti.

Per fare un esempio e senza voler “importare” modelli, sarebbe utile riflettere sulla realtà del servizio sanitario in Gran Bretagna che con 63 milioni di abitanti ha 387 ospedali mentre l’Italia, con 60 milioni, ne ha 1400.

Allo stato sono una ventina le strutture in Lombardia che potrebbero essere riconvertite. Da questo punto di vista la Lombardia è in ritardo rispetto ad altre Regioni limitrofe che hanno già avviato un riordino del sistema ospedaliero. Erogare un servizio di qualità in centri ospedalieri in grado di curare pazienti che manifestano forme acute di malattia deve essere il risultato di un serio progetto di riordino che non chiude nulla, aumenta l’offerta di servizi per patologie croniche e consente alle “vere” strutture ospedaliere di disporre di organici adeguati per garantire qualità ed efficienza delle prestazioni.

Nella “fiduciosa attesa” che il “contratto di Governo” sulla sanità produca i suoi effetti, il riordino della rete potrebbe essere realizzato per utilizzare al meglio le risorse. La trattativa con il Governo Conte sull’autonomia regionale, già avviata con il Governo Gentiloni, non porterà un fiume di danaro aggiuntivo nelle casse regionali, ma solo un trasferimento di competenze.

Le criticità esistenti consiglierebbero le istituzioni lombarde di prendere decisioni tempestive e coraggiose coinvolgendo in un confronto costruttivo tutte le forze politiche e sociali.

Pari responsabilità toccano anche alle opposizioni, PD e 5Stelle, che in Lombardia potrebbero uscire da una condizione di oggettiva minorità sfidando la maggioranza proprio sull’attuazione del “contratto” di governo su un tema così importante come quello dell’efficienza della rete ospedaliera pubblica.

Peraltro, la Lombardia è una regione che negli anni 2010 ha fatto registrare particolarità, come il fatto di patire più di altre alcune patologie.

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Una risposta a “Coronavirus, emergenza in Lombardia già denunciata nel 2018”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.