Il film l’ho visto domenica sera al Cinema, a differenza di The Hateful Eight. Precedente pellicola uscita 4 anni fa che però dal trailer non mi aveva convinto. Di fatto, dopo averlo visto a casa, l’ho trovato un mix tra il precedente Django e Le Iene. Il primo per l’ambientazione western, il secondo per il finale.
Invece, C’era una volta a Hollywood mi è subito “puzzato” di quasi capolavoro. Tanto per gli attori presenti nel cast, quanto per la trama. Ho subito capito che andava omaggiato con una visione su grande schermo. Perché non capita spesso vedere insieme Leonardo Di Caprio, Brad Pit e Al Pacino. Tutti diretti dal genio stravagante di Tarantino. Ed in effetti non mi ha deluso, anzi. Arrivo a dire che è forse il migliore nella sua [sta_anchor id=”tarantino”]filmografia[/sta_anchor].
C’era una volta a Hollywood trama
Siamo Los Angeles, 1969, nell’Età dell’oro di Hollywood. Sharon Tate (Margot Robbie), promettente attrice americana, sposata con Roman Polanski, prende casa vicino a Rick Dalton (Leonardo Di Caprio). Nelle mitiche villette sulle colline di Hollywood. Quest’ultimo è invece un attore in declino, ormai destinato a ruoli di cattivo e a serie tv, sempre di genere Western. Cliff Booth (Brad Pitt) è invece uno stuntman che si è fatto (e rotto) le ossa nei western girati a Spahn Ranch.
Controfigura e tutto-fare di Dalton, Cliff vive in una roulotte con il suo cane. E lo segue anche quando Rick è costretto ad espatriare in Italia per girare dei film di secondo ordine. Gli fa insomma da amico confidente ed angelo custode.
Dando un passaggio ad una ragazza svampita e disinibita, Cliff si imbatte in un range dove vive una strana comunità, la famiglia di Charles Manson. La quale, apparentemente pacifica e stramba, in realtà premedita qualcosa di molto diabolico.
C’era una volta a Hollywood recensione
Quentin Tarantino è al suo nono film. Il quale è stato presentato soprattutto come un omaggio all’Età dell’oro di Hollywood e alle vittime di Cielo Drive. Su tutte Sharon Tate, moglie di Roman Polanski, massacrata nella sua vittima all’ottavo mese di gravidanza insieme a 3 amici mentre il regista polacco si trovava a Londra.
Forse però siamo dinanzi al film migliore di Tarantino. Quello in cui è riuscito a mettere insieme una serie di ingredienti essenziali della sua arte cinematografica. In primis, la capacità di raccontare storie in maniera non convenzionale, tra imprevisti, accelerate, momenti di calma. Facendo restare sempre alta l’attenzione dello spettatore.
E poi, la sua grande conoscenza del cinema, soprattutto quello western. Tra continue citazioni e omaggi. Ma anche dei polizieschi italiani anni ’70. In questa sede, ha addirittura girato dei film in un film.
Cosa dire poi della sua nota violenza splatter, ridotta all’essenziale, quando realmente serviva.
Ancora, la capacità di riscrivere un fatto realmente accaduto. Cosa che aveva fatto magistralmente in Bastardi senza gloria, riscrivendo la conclusione della Seconda guerra mondiale in un modo così credibile da farlo sembrare vero. Oltre che desiderato. In questo lungometraggio, invece, riscrive le sorti delle vittime di Cielo Drive. Dandoci un finale alternativo, magari più esagerato del precedente e marcatamente “tarantiniano”, ma comunque ugualmente inaspettato e desiderabile.
Quante conferme poi in questo film. Oltre alla succitata originalità registica e la grande conoscenza cinematografica di Quentin Tarantino, ci troviamo un’ennesima grande prestazione di Leonardo Di Caprio. Ormai da considerare tra i migliori attori dell’ultimo trentennio. E Brad Pitt, bellezza e talento come pochi nella storia del cinema. Forse solo Alain Delon. Due attori straordinari. Il primo, nei panni di un protagonista di film e serie western considerato quasi superato, tanto da venire in Italia per film Polizieschi (di cui Tarantino va matto). Il secondo, nei panni di uno stant man ormai quasi senza lavoro, finito a fargli da autista e tutto fare. Una sorta di angelo custode, che risulterà decisivo nel finale.
A completare il tutto, la presenza di Al Pacino nel ruolo secondario di produttore cinematografico. La raffigurazione quasi macchiettistica di Bruce Lee. Il cameo quasi commovente di Luke Perry. La raffigurazione quasi celestiale di Sharon Tate, interpretata dalla bellissima Margot Robbie.
Insomma, Tarantino resta uno dei registi più importanti emersi negli ultimi trent’anni. Forse il migliore nel saper abbinare l’originalità ai canoni del Cinema. La sua è una pazzia controllata, una follia che migliora il mondo.