Il palazzo dei tumori a Bari, quartiere Japigia
Il palazzo degli orrori si trova a Bari, nel quartiere Japigia, in via Archimede 16. A pochi passi dal Palaflorio. A riportare la sua storia Il Fatto quotidiano. Gli inquilini dell’alloggio popolare di proprietà dell’Arca – Agenzia regionale per la casa e l’abitazione – giustamente sono preoccupati.
“Siamo venuti a vivere qui il 19 settembre del 1982, ricordo ancora il giorno in cui ci hanno consegnato la casa”, racconta il signor Antonio Magliocchi. Sua figlia Licia dieci anni fa, quando viveva ancora con i suoi genitori, è stata colpita da un prolattinoma all’ipofisi, ma fortunatamente è guarita. Oggi, insieme agli altri condomini è in cerca di risposte:
“In questo condominio si sono susseguiti in maniera esponenziale casi di decessi e anche persone che si sono ammalate, oggi in cura o in attesa di conoscere l’esito dell’esame istologico. Ad ottobre, a distanza di una settimana sono morte due inquiline”.
Quando i condomini si sono resi conto della gravità della situazione si sono posti una serie di interrogativi e hanno chiesto risposte all’Arca.
“Abbiamo collegato i casi e ipotizzato – racconta Licia Magliocchi – perché tuttora sono soltanto ipotesi. Chiediamo che si valuti qualsiasi presenza nei muri, negli impianti elettrici, nel materiale con cui questa palazzina è stata costruita, nelle tubature dell’acqua. La prima segnalazione risale al gennaio 2015 e non abbiamo avuto risposta, sia per le verifiche ambientali che per la messa in sicurezza del palazzo, ad ottobre di quest’anno abbiamo mandato una nuova raccomandata alla quale non è seguita, per il momento, alcuna risposta”.
Dall’Arca fanno sapere che dopo aver ricevuto la segnalazione dei condomini:
“sono state inviate delle note all’Arpa (Agenzia Regionale per la Prevenzione e la Protezione Ambientale, ndr) e all’Asl di Bari informandoli del caso e chiedendo analisi in tempi brevi. Sono stati presi anche contatti telefonici con i vertici e venerdì ci sarà un incontro tra i direttori generali di Arca, Arpa e Asl”. L’Agenzia regionale per la casa, inoltre, rassicura che si tratta di un “caso isolato” e che “non sono mai arrivate altre segnalazioni di questo tipo da altri alloggi popolari”.
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In attesa di risposte, però, le famiglie continuano a vivere nel timore che nuovi casi si verifichino e che il tempo passi senza ottenere risposte. La signora Vincenza Papapicco il 5 marzo 2013 ha perso suo padre Nicola: “Mia madre non ha nemmeno la forza di parlare. Tre anni fa mio padre Nicola è morto per un tumore ai polmoni, aveva 69 anni”. Tutti gli inquilini cercano la verità e si dicono pronti ad andare fino in fondo: “Non vogliamo accusare nessuno, solo sapere cosa sta succedendo. Perché i numeri sono anomali ed è un nostro diritto avere delle risposte”, spiega il signor Magliocchi. La famiglia Paloscia, invece, è stata doppiamente colpita: dieci anni fa alla signora Maria, moglie di Michele Paloscia, è stata asportata la tiroide che presentava dei noduli, qualche anno più tardi suo figlio si è ammalato di linfoma non Hodgkin. “Aveva 35 anni quando si è ammalato, era giovanissimo – racconta il signor Paloscia – oggi ne ha 42 ed è ancora in cura”.
C’è anche chi, fortunatamente, non ha alcun caso di tumore in famiglia, ma si dice comunque preoccupato per il futuro. Come la signora Annarosa Lovreglio:
“Abito al primo piano e ho paura. Ho una bambina di 7 anni e vorrei che venissero fatti dei controlli. Non voglio aspettare che sia troppo tardi. Perché qui c’è in ballo la vita”.