Ma sono tanti gli italiani che scelgono la terra elvetica per sottoporsi a suicidio. Perché la legge italiana non prevede nulla di ciò. Ecco come funziona questa pratica dell’eutanasia e quali sono i dati.
Come funziona eutanasia in Svizzera, l’associazione Exit
A spiegarlo a La Stampa è una delle associazioni che in Italia svolge esattamente questo compito: Exit Italia, realtà basata a Torino e che conta 3.800 iscritti sul territorio nazionale. Emilio Coveri, cieco da vent’anni e anche lui inizialmente tendente al suicidio, è il presidente dell’organizzazione che riceve ogni giorno molte richieste di aiuto e di informazioni. Il presidente torinese ha detto di ricevere circa 70/80 telefonate a settimana da persone che chiedono di morire volontariamente in un paese lontano. «Mi chiama gente paralizzata, gente che vede il marito o la moglie soffrire pene indicibili per malattie non curabili». In passato a Coveri è capitato di dover convincere persone che si volevano togliere la vita, o che la volevano togliere al parente malato, a desistere immediatamente da quell’intento. Exit, come altri enti gemelli presenti in paesi dove l’eutanasia non è disciplinata né ammessa, può solo fornire informazioni sulle procedure e sugli Stati in cui è legale fare domanda o per l’eutanasia vera e propria o per il suicidio medicalmente assistito come accade in Svizzera.
«Diamo solo informazioni perché la legge Italiana ci impedisce qualunque altro atto possa violare gli articoli 579 e 580 del codice penale, ovvero le norme che puniscono l’omicidio del consenziente o l’aiuto e l’istigazione al suicidio», spiega Coveri che pure ammette quanto la sua attività sia comunque rischiosa. «Siamo sempre sul confine, per così dire, e in passato mi è capitato di subire perquisizioni in casa da parte delle forze dell’ordine allertate sul fatto che creassimo pullman pieni di persone da portare su in Svizzera o in Olanda. Ma era tutto falso, Exit non fa questo e infatti poi le accuse sono cadute».
Come funziona eutanasia in Svizzera
Le organizzazioni, dunque, possono rispondere semplicemente a delle domande. Ad esempio: chi è che organizza il viaggio all’estero? Da quanto emerge sono i richiedenti a dover preparare la dipartita per conto proprio. Con dei costi alti.
«Tutta la procedura è a carico della persona, del paziente, compreso il costo per arrivare su in Svizzera e di una eventuale ambulanza per il trasporto. Tra procedura, agenzia funebre, viaggio, trasporto salma e cremazione, e ovviamente le visite del medico quando sei nella struttura, direi che siamo sui 9.500 euro», calcola il presidente a spanne. Prima di aprire il portafogli però bisogna sapere a cosa si va incontro. «Morire di volontà propria è un processo pieno di controlli. Prima di tutto bisogna aver fatto testamento biologico e solo a quel punto si può fare la domanda di attivazione della procedura di morte volontaria medicalmente assistita».
Per ottenere il via libera all’eutanasia occorre dimostrare di avere una malattia grave, incurabile, clinicamente accertata e irreversibile.
«A quel punto una commissione medica svizzera composta da 3 medici della struttura o dell’ambulatorio convenzionato per il procedimento di suicidio assistito analizza la richiesta della persona; se ottiene luce verde allora si passa alla fase successiva. Ma attenzione: i malati psichici non possono accedere alla procedura».
Una volta arrivati nella struttura il procedimento non avviene senza prima ulteriori controlli. Come spiegava Coveri
«il medico svizzero è tenuto per legge a farti desistere dal prendere il mix di barbiturici che ti farà addormentare per sempre. Perché è lui che chiede la medicina a suo nome, il cocktail che poi tu berrai volontariamente e che ti farà morire. Come ulteriore verifica si chiama la gendarmeria per controllare che tutta la procedura sia stata fatta correttamente: non è quindi possibile corrompere il medico affinché, anche in assenza dei requisiti, proceda comunque a somministrare il cocktail letale». Il seguito del racconto di Coveri è una cronaca di cosa accade al di là del confine con la Svizzera.
«Si stabilisce il giorno della morte e come già detto si deve partire comunque il giorno prima per sottoporsi a un ultimo giro di visite e di richieste da parte del medico. La mattina dopo, la procedura prevede che il medico chieda ancora al paziente di ripensarci. Se il paziente invece è convinto di voler procedere allora il medico somministra il cocktail: nei primi 30 secondi la sostanza fa addormentare la persona. Nei successivi 5-7 minuti ci sarà un arresto cardiaco. Si muore essenzialmente di arresto cardiaco. Ci sarà poi la cremazione».
Eutanasia in Svizzera, i dati
Secondo l’associazione nell’ultimo anno e mezzo sono 45 le persone che dall’Italia, contattando l’organizzazione e avendo tutti i requisiti previsti dalla legge Svizzera per il suicidio medicalmente assistito, sono partite per non tornare mai più. In totale, dal 2004, si arriva a 150. Ma il fenomeno non è facilmente misurabile. Mancano studi, anche solo sul numero di richieste per morire oltre confine. L’unica indagine mai prodotta da un istituto di ricerca, il Mario Negri, e indicata erroneamente in passato come fonte per inquadrare il fenomeno dell’eutanasia clandestina, riguarda in realtà la pratica del non accanimento terapeutico all’interno degli ospedali. Ed è ormai vecchia: del 2007.
L’Istat non riesce a fornire dati simili perché essendo l’eutanasia in Italia reato nessuno è disposto a fornire anche in modo anonimo informazioni al riguardo e laddove i dati sui suicidi “sospetti” ci sono, le correlazioni sono a rischio errore statistico perché la casistica ufficiale è troppo esigua. Secondo associazioni come EXIT invece sarebbe sufficiente iniziare a contare le richieste di informazioni e di procedure all’estero per l’eutanasia, perché il fenomeno c’è. Solo che non si riesce a (o non si vuole) vedere.
Qualcosa che in un paese civile dovrebbe essere un diritto ancora da noi è dibattito. Incredibile…