Una piaga, certo. Perché ogni anno si verificano tanti, troppi casi di femminicidio o di violenza fisica o psicologica contro le donne. Principalmente da parte di uomini che non accettano il fatto che la propria partner li abbia lasciati. Abbia chiesto loro il divorzio, o li abbia lasciati come fidanzati. E ad andarci di mezzo sono ovviamente anche i figli. Anch’essi uccisi o costretti a perdere entrambe le figure. Già perché se la madre muore, il padre va in carcere o finisce per suicidarsi.
Mara Carfagna ha lanciato la campagna “Non è normale che sia normale”, alla quale hanno già aderito in tanti. Tra politici e Vip di vari settori. Ma è davvero utile? In cosa consiste? E perché è paradossale che a lanciarla sia proprio la Carfagna?
Campagna Non è normale che sia normale cos’è
Cos’è la campagna Non è normale che sia normale cos’è? Come riporta SkyTg24, si tratta della nuova campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, presentata a Montecitorio dalla vicepresidente della Camera Mara Carfagna, in occasione della giornata dell’Onu contro la violenza sulle donne prevista per il 25 novembre.
La campagna coinvolgerà social, web, giornali e televisione, con dei video in cui personaggi noti si fanno un segno rosso contro la violenza sotto l’occhio. “Diamo voce a chi la voce ormai l’ha persa”, ha scritto Carfagna su Twitter postando il video di lancio della campagna.
Tantissimi i Vip che vi hanno già aderito: Fiorello, Maria Latella, Barbara D’Urso, Maria Grazia Cucinotta, Vincenzo Salemme, Paola Turci, Claudia Gerini, Alessandro Borghi e Alessandro Roia. Giusto per citare qualche nome. Ai quali se ne stanno aggiungendo tanti.
Anche il Ministro per i rapporti con il Parlamento Giulia Bongiorno, insieme a Michelle Huzinger, hanno lanciato uno spot in Tv. Tutti poi dopo aver recitato il nome della campagna, si fanno un segno rosso sotto l’occhio. Un simbolo della violenza. Partito poi l’immancabile Hashtag.
Perchè Non è normale che sia normale non serve
Ma tutto ciò serve davvero? A mio avviso, no. Servono misure preventive, come braccialetti elettronici, maggiore tutela fisica delle vittime, formazione nelle scuole. Io stesso ho fatto come educatore un corso in una scuola media sul Femminicidio qualche anno fa. E dalle riposte date al test distribuito ai ragazzi, si evinceva già un germoglio di maschilismo in tanti maschi e di passività del proprio ruolo da parte di tante femmine.
I ragazzi si mostravano interessati, ma facevamo solo un’ora e basta. Mentre servirebbero almeno 4 incontri di un’ora in un mese. Senza troppo distacco tra un incontro e l’altro, altrimenti il discorso perde la propria efficacia. Perché viene a mancare l’attenzione sul tema. E sappiamo oggi quanto i ragazzi siano distratti.
Perchè è paradossale che a promuovere l’iniziativa sia proprio Mara Carfagna
Mara Carfagna è stata Ministro per le pari opportunità proprio giusto dieci anni fa. E per 3 anni. Fino a che il Governo Berlusconi non è caduto sotto i colpi dello Spread. La fine che ora rischia di fare il Governo Conte.
Orbene, la Carfagna con Alfano è firmataria di una legge che ha introdotto pene più severe per chi commette reati di violenza sessuale (da 6 a 12 anni, attualmente il massimo è di 10) e la possibilità per gli enti locali e per la presidenza del Consiglio di costituirsi parte civile nei processi. Non passò invece la norma “wanted”, ovvero l’opportunità di diffondere le foto segnaletiche o gli identikit dei presunti colpevoli in luoghi pubblici.
In compenso, aumentano le aggravanti (la reclusione prevista è dai 7 ai 15 anni) se la violenza è commessa su minore di 16 anni (attualmente 14); su una donna incinta o un disabile; da parte di un genitore; con abuso di relazioni d’ufficio; sotto l’effetto di droga e alcol. Se la vittima della violenza muore, la pena stabilita è l’ergastolo. Anche le molestie sessuali sono ulteriormente punite (da 6 mesi a 2 anni, con multa) e alla violenza sessuale di gruppo consegue una reclusione massima di 16 anni (attualmente è di 12).
Il nuovo testo prevede anche attività di prevenzione nelle scuole, ma per l’ex ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastini la legge Carfagna-Alfano: “…non investe sul capitolo della prevenzione e della tutela della vittima… Servono risorse per avviare un piano integrato d’informazione e formazione, investimenti in centri, case delle donne, servizi pubblici, forze dell’ordine”.
Già. Questa legge ha reso più severe le pene a fatto compiuto, ma fa poco per prevenirle. Un uomo mosso dalla collera non si fa calcoli sulla severità delle pene in vigore. Occorre più formazione nelle scuole, maggiore tutela della donna che denuncia, maggiore incentivo per i vicini che aiutano le forze dell’ordine ad intervenire, braccialetti elettronici che segnalino quando il violento si avvicina. Eccetera. I governi susseguitisi nei 7 anni successivi non hanno saputo fare di meglio. Vedremo se lo farà il Governo in carica. Spread e Unione europea permettendo.