Altro che sbronzo, Junker è molto peggio: come ha distrutto l’Unione europea con le sue politiche

Di lui si dice che spesso sia sbronzo, anche nelle riunioni europee che contano. Ma lui si difende da questa accusa, ricordando di aver subito un grave incidente nel 1989 che lo portò anche al coma e gli ha lasciato in eredità difficoltà a deambulare. Parliamo di Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, nonché ex padre-padrone del Lussenburgo, che nel 2019 finirà il suo mandato e, presumibilmente, la sua carriera politica.

Juncker è nato il 9 dicembre 1954 è ricopre il ruolo di Presidente della Commissione europea dal 2014. Dal 1995 al 2013 è stato il 23 ° Primo Ministro del Lussemburgo; dal 1989 al 2009 è stato anche ministro delle finanze. Quando ha lasciato l’incarico, era il capo più longevo di qualsiasi governo nazionale dell’UE e uno dei leader democraticamente eletti più longevi al mondo, il suo mandato che comprendeva l’apice della crisi finanziaria e del debito sovrano europeo. Dal 2005 al 2013, Juncker è stato il primo presidente permanente dell’Eurogruppo.

Juncker ha affermato che le sue priorità sarebbero la creazione di un mercato unico digitale, lo sviluppo di un’Unione dell’energia dell’UE, la negoziazione dell’accordo commerciale transatlantico, la continua riforma dell’Unione economica e monetaria dell’Unione europea, con la dimensione sociale in mente e una “capacità fiscale mirata” per l’Eurozona, nonché per negoziare un nuovo accordo con la Gran Bretagna. Durante la sua leadership, il Regno Unito ha votato per lasciare l’Unione Europea nel 2016. E, come ormai noto, ha vinto il sì (“Leave”).

Junker spesso appare come paladino dell’Unione europea, contro i populismo e i nazionalisti che, a suo dire, starebbero uccidendo l’Europa unita. Peccato però che ad aver ucciso l’Unione europea sia stato proprio lui, con le sue politiche economiche in favore delle multinazionali a colpi di evasione fiscale miliardaria.

Come Junker ha ucciso il sogno europeo

junker

Una voragine nei conti dei 28 Paesi dell’Unione europea: mille miliardi di euro all’anno, tra elusione ed evasione fiscale. Multinazionali che non pagano le imposte e smistano decine di miliardi di dollari dei loro profitti, accantonati grazie a operazioni finanziarie privilegiate in Lussemburgo, verso altri paradisi rigorosamente “tax free”. Stati membri dell’Unione che si fanno concorrenza sleale sulle tasse. È disastroso il bilancio che sta lasciando Jean-Claude Juncker.

A denunciare il tutto è L’Espresso, in una lunga inchiesta. Il settimanale ha più volte attaccato il commissario europeo, con tanto di copertina sulla quale lo accusa di essere inadatto a guidare l’Europa. Era il 2014, quando uno scandalo veniva svelato proprio mentre Juncker si insediava al vertice della Ue, dall’inchiesta “LuxLeaks”, firmata dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), di cui fa parte l’Espresso in esclusiva per l’Italia.

Analizzando oltre 28 mila documenti riservati, i giornalisti del consorzio hanno rivelato i contenuti degli accordi fiscali privilegiati (tax rulings) con cui il Lussemburgo di Juncker ha garantito a 340 multinazionali, da Amazon ad Abbott, da Deutsche Bank a Pepsi Cola, di pagare meno dell’uno per cento di tasse.

Ora L’Espresso pubblica i documenti interni dei lavori delle due commissioni speciali d’indagine istituite dall’Unione europea dopo lo scandalo LuxLeaks. Oltre al Lussemburgo, i commissari hanno esaminato i sistemi fiscali di altri paesi che garantiscono fortissime riduzioni delle tasse per le multinazionali, dall’Olanda al Belgio, dall’Irlanda a Malta. Una concorrenza sleale tra Stati che, secondo le stesse autorità europee, provoca un danno complessivo, tra elusione ed evasione fiscale, quantificato nell’astronomica cifra di «mille miliardi di euro all’anno».

L’inchiesta dell’Espresso documenta anche le manovre politiche e le pressioni di singoli governi, tra cui spicca il Lussemburgo, per bloccare tutti i progetti europei di riforma fiscale. E per tenere segreti ai cittadini gli accordi privilegiati che da anni garantiscono enormi vantaggi tributari ai colossi mondiali dell’economia. L’articolo svela anche gli interventi diretti di Juncker, come capo del governo lussemburghese, a favore di multinazionali, come Amazon, che ora sono al centro delle indagini europee sull’elusione fiscale.

Quale futuro per Ue?

Insomma, se i populisti e i nazionalisti stanno avanzando è perché i signori che hanno costruito l’attuale Unione europea hanno pensato più a favorire banche e multinazionali. Le prossime elezioni europee saranno uno Tsunami per Ppe e Pse, anche se non è detto che sarà una Europa migliore. Forse sarà meno propensa agli interessi particolari, ma al contempo, sarà più egoista in maniera diversa: gli stati tenderanno a guardare al proprio orticello, a difendere gli interessi nazionali.

Uccidendo forse definitivamente il sogno dei padri fondatori dell’Europa all’indomani della tragica Seconda guerra mondiale: Alcide De Gasperi, Altiero Spinelli, Jean Monnet, Robert Schuman, Joseph Bech, Konrad Adenauer e Paul-Henri Spaak.

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