La Germania, si sa, viene considerata la locomotiva d’Europa. Essendo il Paese economicamente più potente. Sebbene da un po’ di mesi le cose non vadano bene neppure lì.
La Germania viene anche aizzata come esempio da prendere in tema green, per le sue iniziative in favore dell’ambiente, da prendere come esempio per tutti gli altri Paesi (anche se lo scettro del Paese europeo green per eccellenza spetterebbe alla Danimarca, sempre un passo avanti rispetto agli altri).
In realtà, non bisognerebbe dimenticare lo scandalo Dieselgate, che ha coinvolto il colosso Volkswagen e i suoi brogli nei controlli delle emissioni. E forse anche per rifarsi la faccia, il paese teutonico ha deciso di rinunciare completamente al Diesel entro il 2030.
Ora arriva un’altra notizia che farà piacere a Greta e a tutta la Green generation al suo seguito. Infatti, giovedì 16 gennaio, il governo nazionale e le amministrazioni delle sue quattro regioni minerarie, hanno lanciato il “processo di abbandono progressivo” del carbone. Un patto che costerà 40 miliardi di euro.
Tutto bello quindi? Insomma. Ci sono più aspetti che dovrebbero far smorzare gli [sta_anchor id=”carbone”]entusiasmi[/sta_anchor].
Quando Germania abbandona carbone
Come riporta Contropiano, il documento firmato prevede che la Germania si impegna a non essere più dipendente dal carbone soltanto a partire dal 2038. E sarà operativo soltanto dopo l’approvazione da parte del Parlamento federale che dovrebbe arrivare alla fine della prossima primavera.
I tempi poi saranno così lunghi che, mentre si approva un calendario di chiusure degli impianti a carbone, la stessa Germania si appresta a metterne in servizio una nuova. Si tratta della Datteln 4, che sarà operativa a partire da quest’anno: un impianto da 1.100 megawatt, costato la bellezza di 1,5 miliardi di euro.
Germania abbandona carbone, ma con ingenti rimborsi alle aziende
Il secondo aspetto da tener presente è che in cambio della chiusura delle centrali, le aziende hanno ottenuto rimborsi stratosferici da parte dello Stato.
Al colosso RWE, ad esempio saranno versati ben 4,3 miliardi di euro di indennizzi nei prossimi 15 anni. In particolare, 2,6 miliardi in cambio della chiusura del bacino minerario della Renania del Nord-Westfalia. E altri 1,75 per Brandeburgo, Sassonia e Sassonia-Anhalt.
Rinuncia a carbone della Germania: si perderanno migliaia di posti di lavoro
Nelle stesse regioni, poi, sarà attuato un vasto piano di pre-pensionamenti e riconversioni. Solo per RWE l’abbandono della lignite implicherà la scomparsa di seimila posti di lavoro. Una transizione che dovrebbe costare circa 40 miliardi di euro.
La Germania rinuncia al carbone in casa, ma fuori…
Infine, il paese teutonico non mostra la stessa vocazione ambientale all’estero. Per esempio, la Siemens il 12 gennaio ha confermato la partecipazione ad un gigantesco progetto per lo sfruttamento di una miniera di carbone in Australia. Che assieme al gruppo indiano Adani, dovrebbe produrre 27 milioni di tonnellate all’anno.
Una notizia che assume un retrogusto ancora più amaro alla luce di quanto sta vivendo da mesi il paese oceanico.
«Un’iniziativa catastrofica», secondo la divisione tedesca del movimento ecologista Fridays for Future.