Già, perché anche il professore archeologo non sfugge all’atroce gioco al ritorno di sequel ormai dismessi da anni, colpa di una evidente scarsità di idee cinematografica da parte di grandi registi del passato o nuovi registi in ascesa. Perché se i primi sembrano riproporre vecchi personaggi, sequel ed idee trite e ritrite, i secondi sembrano scopiazzare vecchi film di successo, in salsa moderna. Un po’, del resto, come ciò che avviene nella musica, con i cantanti del passato e i giovani emergenti.
Il primo film di Indiana Jones, “I predatori dell’arca perduta”, nacque nel 1981, seguito tre anni dopo da “Il tempio maledetto” e, nell’89, dall’”Ultima crociata”, che finiva con Harrison Ford e Sean Connery (il papà di Indy), che cavalcavano al tramonto; segno per molti che la storia si era conclusa. E invece dopo 19 anni, riecco spuntare un invecchiato dal crudele passare degli anni, Harrison Ford, con “Indiana Jones e il Regno del teschio di cristallo”, che uscirà il 22 maggio. Sono passati vent’anni e i nemici sono ovviamente adeguati a vent’anni dall’ultimo film (fine anni trenta- fine anni cinquanta), ossia non sono più i nazisti, ma i sovietici, i quali sono alla ricerca dei teschi di cristallo per le impervie giungle del Perù.
Spero, per gli appassionati del genere e nella fattispecie di Indiana Jones, che non restino delusi da questo ritorno molto a posteriori. Anche se, com’è sovente capitato in questi casi, i rischi sono molto alti.