A mio avviso, e ovviamente non solo, è stato uno dei più grandi attori del ‘900. Non a caso, nel 1999 l’American Film Institute lo ha inserito al 17º posto tra le più grandi star di sempre di Hollywood.
Ha interpretato in oltre 70 film, molti dei quali tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60, non a caso considerata la Golden Agen hollywoodiana.
Poi dagli anni ‘70 la stella inizia ad offuscarsi, più che altro per la decadenza del Cinema in generale. L’ultima apparizione risale al 2003, quando appare in Vizio di famiglia. Un film passato alla storia per la contemporanea presenza dei due Douglas.
Figlio di immigrati ebrei bielorussi, nacque come Issur Danielovitch e noto anche come Isadore Demsky ad Amsterdam, nello stato di New York. Tra i due film che preferisco, Brama di vivere, dove interpreta egregiamente Vincent Van Gogh (quando il pittore non era ancora un prodotto da merchandising come oggi), e L’asso nella manica.
Quest’ultimo, del 1951, per la regia del grande Billy Wilder, oltre a dargli la consacrazione definitiva, ha anticipato con settant’anni di anticipo un fenomeno [sta_anchor id=”kirk”]odierno[/sta_anchor].
L’asso nella manica, il film con Kirk Douglas che anticipò il cinismo mediatico di oggi
Charles ‘Chuck’ Tatum è un giornalista di talento, ritrovatosi disoccupato e squattrinato dopo essere stato cacciato da più giornali, per il suo comportamento poco professionale sul lavoro. Riesce a trovare occupazione in un quotidiano locale, a bassa tiratura, ma dopo un anno si sente annoiato e stretto in un mondo così piccolo, statico e poco stimolante.
La redazione lo manda così in Messico per scrivere un articolo su una stramba caccia ai serpenti, ma si ferma vicino a una cava dove è seppellito un minatore, Leo Minosa. Ha fiutato infatti l’occasione e sente che ne può uscire un ottimo pezzo che può ridargli la fama che spera e ambisce. Ma per il povero Leo, non solo Chuck fiuterà l’affare, bensì tutti, perfino la moglie che gestisce un motel sempre vuoto, e ora riempito di curiosi.
Il cinismo dei media e della società contemporanea trasformerà il dramma del minatore in un grande occasione per arricchirsi. Non a caso il titolo originale del film è proprio Il grande carnevale.
Gli anni ’50 si aprono per Billy Wilder nel migliore dei modi, con ottimi film e capolavori uno dietro l’altro. Ad aprire le fortunate danze proprio L’asso nella manica, con cui il regista tratta con agghiacciante lungimiranza ciò che poi sono diventati successivamente i media con l’avvento della Tv. Cinici, pronti a tutto per avere uno scoop che attiri spettatori, anche se la notizia poggia su un dramma umano. Ma non solo i media sono sanguisuga senza scrupoli.
Anche la società contemporanea non perde tempo per arricchirsi, anche quando un dramma riguarda un loro vicino parente o caro amico. E Billy Wilder mette in luce tutto ciò, con la solita brillante maestria. Per loro però, riserva anche una beffarda legge del contrappasso.
Dunque, questo film magistralmente interpretato da Kirk Douglas nei panni di Charles Tatum, benché sia del lontano 1951 ha anticipato lo sciacallaggio mediatico di oggi. Diventato la regola quando accade un fatto di cronaca.