Giulio Regeni: le tre gaffe del Manifesto
IL GIOVANE SCRIVEVA IN EGITTO SUI SINDACATI INDIPENDENTI
Chissà se sarà fatta chiarezza su quanto accaduto a Giulio Regeni, il giovane friuliano ucciso barbaramente in Egitto. Giulio era dottorando alla Cambridge University con una laurea conseguita a Oxford ed era appassionato di Medio Oriente. Molto probabilmente è stato ucciso per le cose che scriveva, dato che si occupava dei sindacati indipendenti e dei diritti dei lavoratori, criticando il governo egiziano in carica guidato da Al Sisi e il sindacalismo asservito. Si è saputo che il giovane collaborava sotto anonimato con il Manifesto, ma il giornale si è reso autore di più gaffe nei suoi confronti e della sua famiglia.
LA SCELTA DI PUBBLICARE IL SUO ARTICOLO CONTRO LA VOLONTA’ DEI GENITORI – Innanzitutto, la decisione di pubblicare postumo un articolo inviato dal giovane sotto pseudonimo, cosa che ha scatenato l’ira della madre del ragazzo: “Giulio non collaborava con il Manifesto, avrebbe voluto ma non lo hanno considerato…”, ha fatto sapere attraverso il suo legale.
Il suo articolo è accompagnato da un editoriale di Tommaso Di Francesco, che spiega quanto Giulio Regeni temesse per la sua incolumità. Il giovane denunciava il fatto che Sisi abbia ottenuto il controllo del parlamento con il più alto numero di poliziotti e militari della storia del Paese e quanto l’Egitto si trovi all’ultimo posto per la libertà di stampa.
Ma scrive anche di come i Sindacati non demordano nel far sentire la propria voce; di fatti si era svolto un vibrante incontro presso il Centro Servizi per i Lavoratori e i Sindacati (Ctuws), tra i punti di riferimento del sindacalismo indipendente egiziano. Una riunione straordinaria e molto partecipata, giacché il tema di discussione era una circolare del consiglio dei ministri egiziano che raccomanda una stretta collaborazione tra il governo e il sindacato ufficiale Etuf, avente però lo scopo esplicito di contrastare il ruolo dei sindacati indipendenti e disinnescare il potere dei lavoratori. Ma l’alta partecipazione alla riunione fa capire quanto il sindacalismo indipendente sia ancora molto attivo in Egitto.
LE GAFFE SU FACEBOOK – Su Facebook, come riporta Libero, oltre a ribadire che il pezzo in questione era semplicemente “in attesa di pubblicazione” (avvenuta guarda caso dopo la morte del ragazzo, mentre un altro sito a cui aveva spedito l’articolo, nena-news.it, l’aveva già mandato online da giorni a firma Antonio Drius), il quotidiano rosso si avventura in una risposta ad un lettore tragicomica: “Paghiamo poco e tardi – ammettono dal quotidiano -, spesso nulla. Ti sorprenderà ma esiste persino gente che scrive, vive, osserva e racconta per piacere”. Osservazione criticabile, non solo perché avvenuta a poche ore dalla scomparsa drammatica di chi “scriveva per piacere” ma magari avrebbe preferito essere pagato (non lo sapremo mai).
Ma anche perché, come notano in tanti, il Manifesto ammette di pagare poco o nulla i suoi collaboratori (diremmo “volontariato”) nonostante i 2,7 milioni di euro di contributi pubblici (oltre 30 milioni negli ultimi 12 anni). Ma non è lo stesso quotidiano che dovrebbe lottare per i diritti dei lavoratori?
Insomma, anche Giulio rientra a pieno titolo tra i ”martiri per la verità” che mettono a repentaglio la propria vita per pochi soldi. E spesso, anche gratis.
uno schifo, pur di fare scoop, peggio di Corona. Per non parlare di Ilaria Alpi, allora scoprì e denunciò malaffare italiano, ora solo egiziano ma pare tollerato per ragioni economiche
Ma l'argomento sono le presunte gaffes del Manifesto o la commemorazione di un ragazzo di 28 anni barbaramente ucciso? Invece di ILLUMINARCI con gli esplosivi "scoops" del giornale di beldidietro non sarebbe stato meglio restare in tema e non USARE il nome di Giulio Regeni SOLO per sparlare del Manifesto?