Si sta finalmente concludendo positivamente l’ennesimo dramma del mare. La nave Aquarius, che ospita 629 migranti tra cui bambini e immancabili donne incinte per rendere il tutto più drammatico (tra le quali una ha pure partorito), approderà nel porto di Valencia. Italia e Malta da sabato si passavano il cerino su chi dovesse accogliere la nave. E se Malta ha subito fatto sapere che non lo avrebbe fatto, l’Italia ci ha pensato domenica, mediante un provvedimento congiunto tra Salvini, Ministro degli interni, e Toninelli, Ministro delle Infrastrutture. I porti italiani sono stati chiusi.
La questione ha ovviamente sollevato molte polemiche e critiche, da parte di chi, specie a sinistra, parla di disumanità e atteggiamento intollerante. Eppure, dopo 7 anni di continui approdi (ben 650mila migranti), l’Italia finalmente dice no all’Unione europea. E ad un Europa che sta chiudendo tutte le sue porte. Lasciando solo il nostro Paese. Anche se il Pd ha sfruttato la questione immigrazione dalla Libia per avere qualche beneplacito sul bilancio.
Certo, un’altra nave con mille migranti è diretta a Catania. Ma è pur sempre un segnale che si manda a Bruxelles. L’Italia ha cambiato direzione e politica. E attenti ad applaudire subito la Spagna, nonché quei sindaci italiani che si sono detti disponibili ad accogliere i migranti nei porti della loro città.
Aquarius, quando il socialista Zapatero sparò ai migranti
Qualcuno già parla di una Spagna ideologicamente cambiata, perché da poco guidata dai socialisti. Infatti, la settimana scorsa Pedro Sanchez ha preso il posto del Popolare Mariano Rajoy. Dopo la sentenza del cosiddetto caso Gürtel, uno scandalo di corruzione e fondi neri che ha coinvolto alcuni esponenti di primo piano del suo partito. Eppure, sotto la sua guida la Spagna ha fatto registrare una incredibile ripresa economica.
Tuttavia, prima di parlare di una Spagna tollerante perché socialista, si ricordi che nel 2005, un simbolo della sinistra europea come Zapatero, sparò contro gli immigrati del Marocco. Come riportava all’epoca Lisistrata, Zapatero, se le “carrette” dei potenziali immigrati si avvicinano alle coste spagnole, non mandava le motovedette della Marina militare per soccorrere i disperati e portarli a riva, non spendeva i soldi dei cittadini per costruire centri di accoglienza più capaci e confortevoli. Il leader delle sinistre progressiste spagnole ordinò immediatamente all’esercito di schierarsi a protezione delle coste, con l’ordine di sparare se qualcuno degli immigrati osa forzare lo sbarramento. Ed i militari sparano, uccidono.
E’ successo a Ceuta e Melilla, nella enclave spagnola sulla costa marocchina, dove sono affluiti, in aggiunta agli uomini della Guardia civil, ben due mila militari armati di tutto punto, per fronteggiare l’assalto di seicento disperati in quel che resta (una striscia di spiaggia con due grossi centri abitati) dell’ex Marocco spagnolo. Cinque i morti nei durissimi scontri, compreso un neonato, ed un centinaio i feriti. L’esercito del “pacifista” Zapatero, raccontano i giornali spagnoli, ha usato lacrimogeni, pallottole di gomma ed anche proiettili veri, che hanno colpito a morte.
Ed i giornali italiani, quelli dei partiti della sinistra ed i quotidiani cosiddetti di informazione al servizio della coalizione cosiddetta progressista, cos’hanno scritto? “Liberazione”, organo di Rifondazione comunista, ha raccontato la strage in dieci righe, in seconda pagina, ignorando sia che fosse stato schierato l’esercito sia che qualcuno avesse sparato. “Circa seicento migranti”, ha scritto, “hanno cercato di superare il confine e nella calca sono morti in cinque”. Come dire che, a furia di spingere, si sono fatti male da soli e sono morti per questo, non per colpi di arma da fuoco. E “l’Unità”, in quindicesima pagina, spiega che a mandare l’esercito è stata Madrid, non il capo del governo e leader delle sinistre Zapatero, il quale è citato solo per aver dichiarato che la destra spagnola lo accusa di avere la “mano troppo leggera” con gli immigrati.
Quanto ai grandi giornali di informazione (sempre pronti a tuonare, in perfetta intesa con Prodi, Bertinotti, Fassino, Cossutta, Diliberto, D’Alema, Livia Turco, Pecoraro Scanio, contro i “razzisti” Bossi e Fini, autori della legge che regola la immigrazione clandestina e non autorizza certo i militari ad usare le armi), hanno liquidato la notizia (se non l’hanno addirittura taciuta) con qualche riga in più rispetto a “Liberazione” e “l’Unità”, ma senza calcare la mano sul compagno Zapatero, descritto come “pacifista e progressista convinto, che fa della solidarietà umana uno dei princìpi fondamentali della sua politica, costretto a difendere, come è suo diritto-dovere, i cittadini spagnoli dagli assalti di immigrati non autorizzati”.
I leader italiani di sinistra dell’epoca non si pronunciarono. Zapatero veniva considerato un premier con licenza di uccidere, criticato duramente in Spagna e nel mondo (anche in Italia, dalle persone serie), ma tra i leader ed i militanti delle “illuminate” sinistre di casa nostra non scandalizzò nessuno. Oltre a considerarsi i più bravi ed i più capaci, nonostante il crollo del sistema politico ed economico che hanno magnificato per decenni nella ex Unione sovietica e nei Paesi dell’Est, i comunisti (“ex”, “post” o comunque etichettati) ritengono di poter dettare anche le regole del vivere civile. E lo fanno, con tanta arroganza e sfrontatezza. Senza alcun ritegno e, quel che è peggio, senza vergogna.
E abbiamo visto poi che fine ha fatto Zapatero – la cui luna di miele col paese finì nel 2012, sotto i colpi della bolla economica – e tutti i leader sinistroidi dell’epoca. C’è chi se ne è andato in Canada col compagno e il figlio nato in provetta. C’è chi è tornato a fare il professore universitario. C’è chi si gode il vitalizio. E c’è chi va in giro a parlare in Convegni cose da fare quando ha governato per anni.
La Spagna e il muro ai confini del Marocco
Ma c’è dell’altro. In un precedente articolo sui muri che ancora dividono il Mondo, ho citato anche quello che la Spagna ha erto ai confini col Marocco. Sei metri di filo spinato separano l’Africa dall’Europa. Da oltre mezzo millennio, Ceuta e Melilla sono infatti due enclave spagnole in territorio marocchino, la prima in posizione strategica affacciata sullo Stretto di Gibilterra e l’altra sulla costa orientale del Marocco. Per le migliaia di persone in fuga da guerre, fame e miseria che affliggono il continente africano, le due città costituiscono la tanto agognata porta africana per entrare in Europa.
Proprio per bloccare i flussi di immigrazione clandestina, alla fine degli anni ’90 le barriere già esistenti sono state sostituite con una doppia recinzione elettrificata di filo spinato che abbraccia ciascuna città separandola di fatto dal resto del Marocco. Lungo 8 chilometri a Ceuta e 12 a Melilla, con due file separate di reticolato all’interno delle quali corre una strada pattugliata giorno e notte e vigilata da speciali sensori elettronici e telecamere a infrarossi, il muro metallico è alto più di 3 metri, ma il governo Rajoy aveva promosso lavori per innalzarlo ulteriormente. Raggiungendo i 6 metri di altezza.
Vedremo se il Premier socialista in carica lo rimuoverà, dato che il tanto sbandierato Zapatero non lo ha fatto. Tappando un altro buco e facendo sì che l’Italia si facesse carico pure di questi. Mentre tutti gli altri Paesi europei hanno chiuso i loro confini. Compresa quella Francia che proprio gli immigrati hanno fatto grande (qui il lungo elenco) e che ha destabilizzato la Libia affinché Gheddafi non parlasse dei finanziamenti illeciti dati a Sarkozy.
Aquarius e i sindaci
Ma la questione Aquarius ha evidenziato un altro aspetto. Quello dei sindaci pronti ad accogliere i migranti. Su tutti, mi soffermo sul sindaco di Napoli Luigi de Magistris e Filippo Nogarin di Livorno.
Quanto al primo, come scritto in un commento ad un suo post sulla questione, gli suggerivo di non rincorrere la retorica terzomondista. Perchè rischierebbe di perdere il polso e l’intesa con la città. Napoli è da sempre una città accogliente con gli immigrati, quindi è inutile che cavalchi il problema dalla parte opposta. Dato che i napoletani affrontano tanti problemi ogni giorno, sarebbe meglio che riprenda a parlare soprattutto di questi. Rischierebbe, così facendo, di fare la fine di Bassolino, che iniziò a trascurare la città appena si aprirono le porte della politica nazionale (di fatti divenne Ministro del Lavoro e Napoli tornò nel declino dopo qualche anno di rinascita).
De Magistris, con il simbolo DeMa, sta avviando un discorso a livello nazionale. E per me fa anche bene, dato che lo ritengo un possibile leader della sinistra attualmente allo sbando ed orfana di ciò. Però i problemi della città devono restare quelli principali sulla sua agenda, dato che non sono pochi. E oltretutto di immigrati che si ubriacano e spesso danno vita a risse (specie in zona Stazione centrale e Piazza Garibaldi) già ce ne sono molti.
Riguardo Nogarin – che prima ha scritto un post nel quale si diceva disponibile ad accogliere i migranti, per poi rimuoverlo per non andare contro il suo partito – farebbe bene a migliorare la sua città (Livorno) già degradata e in alcune zone in balia degli immigrati. Ci sono stato ad agosto scorso e non mi ha fatto proprio una bella impressione. Se i cittadini italiani hanno dato oltre il 70% a certi partiti, è perché si sono sentiti lasciati soli ai loro problemi da chi li ha governati fino ad ora.
Per fermare tutto ciò, anche l’intolleranza e la guerra dei poveri, serve una maggiore coordinazione tra i paesi membri dell’Ue, un maggior intervento dell’Onu laddove partono i migranti e un piano Marshall che faccia sviluppare i paesi africani. Come fece all’epoca l’America con l’Europa falcidiata dalla seconda guerra mondiale.
“Aiutiamoli a casa loro” non deve essere più uno slogan visto solo per lavarsi le mani. Ma un impegno concreto per fermare tutta questa disumanità. Infine, al centrosinistra che oggi critica il governo gialloverde, ricordo ancora una volta quanto fece il governo Prodi nel 1997.