Moldavia prossima Ucraina? I due eventi che spingono alla guerra

Dopo Cecenia, Georgia e Ucraina, un altro paese post sovietico rischia di diventare teatro di guerra: la Moldavia. Complice il solito scontro tra la voglia di indipendenza dalla Russia, incitata anche dagli occidentali, e la voglia di restare nella sua orbita, foraggiata anche dai russi stessi.

Un passo importante è stato fatto: ieri 3 marzo il Parlamento moldavo ha approvato in prima lettura il cambio della lingua ufficiale, che passa dal moldavo al rumeno. In realtà la lingua moldava è identica a quella rumena, ma formalmente viene detta moldava.

La riforma è stata votata in prima lettura da 56 deputati (in Moldavia bastano i 2/3 dei voti a favore per cambiare la Costituzione) e motivata dalla necessità di modificare la Carta fondamentale del Paese armonizzandola con quanto chiesto dalla Corte costituzionale quasi dieci anni fa. In una sentenza del 5 dicembre 2013, la quale sancisce che la lingua ufficiale della Moldavia è il rumeno.

Dure le opposizioni, composte da partiti socialisti e comunisti, che hanno ribadito che la lingua ufficiale sia il moldavo. Certo, questa modifica sembra aver trovato terreno fertile con quanto sta accadendo in Ucraina, dato che si sono attesi tutti questi anni per integrare la sentenza nella Costituzione. E, se è vero che non cambia nulla nella forma, lo fa nella sostanza. E apre scenari di guerra anche qui.

I rischi di una Guerra in Moldavia

Come ricorda Today, la Moldavia ha fatto parte fino al 1991 dell’Unione sovietica. Qui i russofoni sono molti, anzi, dei 2 milioni di moldavi presenti, circa la metà parla russo e molti certificati ufficiali sono ancora in due lingue: in rumeno e in russo. Sebbene una recente legge della presidente Maia Sandu abbia bandito il cirillico nei ministeri.

Il timore dei russofoni è che i filo-europei puntino a un’unificazione con la Romania. Uno scenario già visto in altri contesti, come il Donbass, la Crimea e la parte Est dell’Ucraina.

Del resto, la Moldavia punta ad entrare nell’Unione europea, avendo già fatto richiesta nel giugno dello scorso anno. E potrebbe essere il primo passo per una adesione anche alla NATO.

Ad inizio febbraio la premier filo occidentale, Natalia Gavrilita, era stata costretta alle dimissioni dalle forti proteste popolari scatenate dagli aumenti dei prezzi dell’energia, dovuti anche ai tagli dei rifornimenti da parte di Mosca. Le manifestazioni principali sono state organizzate dal partito di opposizione guidato da Ilan Shor, un oligarca filorusso sanzionato dagli Stati Uniti per la sua vicinanza al Cremlino.

La questione Transnistria

E poi c’è la questione Transnistria, un lembo di terra al confine con l’Ucraina, che sogna di unirsi alla Russia. Era stato paventato il disegno di Vladimir Putin di invadere e annettere questo territorio (ne abbiamo parlato qui), ma è passato un anno e non è ancora accaduto nulla di ciò.

Oltretutto, qui risiedono almeno 1500 soldati russi come parte di quello che inizialmente era un contingente di pace inviato per porre fine ad una guerra civile scoppiata dopo la caduta dell’Unione sovietica. La Transnistria dichiarò la sua indipendenza dalla Moldavia, a sua volta dichiaratasi indipendente dalla Russia.

Tuttavia, anche qui poco tempo fa c’è stato un cambio di scena preoccupante: come riporta SkyTg24, lo scorso 22 febbraio Putin ha revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria. La decisione è stata presa per “garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali“.

Insomma, la Moldavia rischia di diventare un nuovo fronte di guerra.

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