Medici di base, è allarme in Campania: tra 2 anni saranno la metà

E’ allarme Medici di base in Campania, ma il discorso può essere generalizzato ad un po’ tutta l’Italia. Anche in regioni considerate eccellenze come Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Infatti, quelli che una volta venivano chiamati “medici di famiglia” rischiano di dimezzarsi entro il 2025.

Il trend in realtà è negativo da un po’. Se nel 2013 in Campania i medici di base erano 4200, all’inizio di quest’anno se ne contano 3540. Una riduzione già importante, ma che è nulla rispetto a quanto potrebbe accadere entro i prossimi due anni e mezzo. Quando tra i 1700 ed i 1800 taglieranno il traguardo dei settant’anni ed andranno in pensione.

Al tanto sospirato pensionamento, occorre poi aggiungere quanti stanno abbandonando il camice da medico di base per dirigersi verso studi specialistici, più remunerativi, meno stressanti e maggiormente gratificanti.

Ma soprattutto, occorre aggiungere che essi non vengono rimpiazzati da nuove leve. Il turn over risulta così numericamente insufficiente, complice anche i test d’ingresso che da anni consentono di “infornare” un numero esiguo di aspiranti medici.

Sempre meno Medici di base in Campania

Come riporta Il Corriere del Mezzogiorno, lanciare l’allarme è la sezione campana della Federazione dei medici di medicina generale. Che fa riflettere su quanto si era detto durante la Pandemia, quando si parlava della importanza della Sanità pubblica e della necessità di rafforzarla. Come cantava Mina “parole parole parole“.

La riduzione drastica dei medici di base è un pericolo per la salute collettiva, soprattutto di quanti non hanno la possibilità di affidarsi subito a specialisti, pagarsi visite e analisi. Inoltre, il già congestionato Pronto soccorso rischia di diventarlo ancora di più, poiché, senza un punto di riferimento che assista nelle prime fasi, molti vi si rivolgono ai primi sintomi. Rischiando poi di attendere anche delle ore per una visita e magari contrarre lì altre malattie. In primis il Covid-19.

Prima parlavamo di scarsa incentivazione oggigiorno a diventare un medico di base. Infatti, come spiega il professor Burrelli, sindacalista e professionista medico, molti giovani vedono ormai questa figura più come un passacarte, scavalcato pure dalle auto-diagnosi che la gente si fa su Google. Per cui i pazienti arrivano in studio dopo aver letto informazioni (e disinformazioni) sul web, contestando magari la diagnosi che il proprio medico gli fa. A volte, per carità, anche a ragione.

Medici di base: come restituire dignità a questa figura

Paolo Fierro – otorino ospedaliero oggi in pensione e vicepresidente nazionale di Medicina Democratica – ritiene inoltre che bisogna rivedere completamente il rapporto che questa figura instaura con il sistema sanitario nazionale. Diventando veri e propri dipendenti del servizio sanitario e non in convenzione. Da rivedere, prosegue Fierro, il tetto dei 1500 pazienti che ciascun professionista può avere in carico.

È un numero — sostiene il vicepresidente nazionale di Medicina Democratica — assolutamente impossibile da gestire. Si finisce per svolgere il proprio lavoro una schifezza o per non svolgerlo affatto, limitandosi a scrivere ricette. Lo studio del medico diventa un supermercato del farmaco, complici le pressioni dei pazienti, i quali, non di rado, si rivolgono al medico curante con la pretesa quasi di decidere autonomamente di cosa abbiano necessità

Siamo sempre al solito circolo vizioso di un cane che si morde la coda: menefreghismo, tagli alla sanità, ignoranza fomentata dal web, interessi delle Big Pharma, cattiva preparazione universitaria, ruberie e quant’altro. Un mix che sta ha ridotto ai minimi termini il Sistema sanitario nazionale, come già denunciavano film come quello con il grande Alberto Sordi nei panni di Guido Tersilli. E parliamo del 1969

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