Covid, scontro tra Zaia e Crisanti: a rimetterci è sempre cittadino

DATA ULTIMO AGGIORNAMENTO: 3 Marzo 2023

C’era una volta il modello Veneto, quello decantato ad inizio Pandemia Covid. Quando, rispetto alle confinanti regioni Lombardia ed Emilia Romagna, il Veneto riuscì a contenere contagi e morti.

Era il modello che reggeva sull’asse Luca Zaia- Andrea Crisanti, il primo Governatore, il secondo virologo suo consigliere sulle strategie da adottare. Anche se qualcuno aveva già smontato la sua figura sul nascere, definendolo “zanzarologo” (ne abbiamo parlato qui).

Poi nella seconda fase della Pandemia Covid-19 qualcosa tra i due si è guastato, con Luca Zaia che ha puntato sui tamponi rapidi, nominando un altro collaboratore. Mentre Crisanti è comunque rimasto tra le Virologist Star della Tv, con tanto di canzoncina natalizia insieme a Bassetti e Pregliasco. Diventando anche Senatore della Repubblica nelle fila del Pd, che sta puntando molto sui Pandemic doctor emersi nel corso di questi anni.

Ma perché tra Luca Zaia e Andrea Crisanti ora è scontro?

Scontro tra Zaia e Crisanti ragioni

A ricostruire in modo chiaro la vicenda è StartMag. La data cruciale dello scontro Zaia-Crisanti è il 21 ottobre 2020, quando quest’ultimo comunicò alla regione Veneto i risultati di uno studio sui test rapidi antigenici Abbott voluti da Zaia.

Lo studio è stato realizzato dal reparto malattie infettive di concerto con il pronto soccorso dell’ospedale di Padova. E mostrava che i test erano efficaci solo nel 70% dei casi, una percentuale inferiore a quella dichiarata dal produttore. Pertanto, 3 persone su 10 sarebbero dunque in realtà positive pur risultando negative, con tutte le ripercussioni che ciò avrebbe comportato nella lotta alla diffusione del Covid in veneto.

Ad onor del vero, nel bugiardino di Abbott veniva chiaramente riportato che i test antigenici rapidi erano sconsigliati per lo screening. Come già sostenuto anche dall’Unione europea e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Ma, nonostante ciò, venivano usati per testare sanitari, personale e ospiti delle Rsa. Almeno stando alle accuse di Crisanti sul Corriere del Veneto. Affermazioni che sono costate al virologo una denuncia per diffamazione, con tanto di apertura di un fascicolo a marzo 2021.

Fatto sta che da ottobre 2020, periodo di recrudescenza della Pandemia, alcuni media sottolineano come quello Veneto non fosse più un modello. Per esempio: “da regione virtuosa diventa una delle peggiori” tuonava Il Sole24Ore. Mentre Report parlava del maggior numero di vittime in rapporto alla popolazione: 1.600.

Nel frattempo, Luca Zaia aveva nominato un nuovo collaboratore: il direttore della microbiologia di Treviso, Roberto Rigoli, da lui definito “l’Elon Musk del Veneto”. Rigoli diventa la figura chiave nel via libera ai test Abbott.

Come riportava LaRepubblica, infatti, Rigoli aveva l’incarico di “confermare l’idoneità clinico-scientifica dei tamponi”. Lui afferma di aver fatto i test necessari, a seguito dei quali ha dato l’ok alla fornitura da 2 milioni di euro, che è solo una parte della maxi commessa da 148 milioni di euro.

A luglio, però, la procura di Padova, in seguito all’inchiesta avviata da Report, ha chiesto il rinvio a giudizio proprio di Rigoli perché i magistrati hanno scoperto che “a giustificare appalti milionari per i tamponi rapidi, ci sarebbero attestazioni scientifiche false”. Nella stessa occasione viene rinviata a giudizio anche Patrizia Simionato, direttrice generale pro tempore di Azienda Zero, centrale regionale per gli acquisti.

Ieri altre intercettazioni pubblicate da Report parlerebbero di Zaia che avrebbe cercato di affossare Crisanti, usando parole come “lo farò schiantare“. Scagliandosi contro il Senato accademico dell’Ateneo di Padova. Crisanti, oltre ad aver dato le dimissioni spontaneamente, ha definito Zaia “malvagio“, invitandolo a dimettersi.

Scontro Zaia-Crisanti probabilmente non isolato

Fermo restando che le indagini sono solo agli inizi e chissà cos’altro verrà fuori, certo è che in queste lotte tra personaggi chiamati a tutelare la salute pubblica, chi ci va di mezzo è sempre e solo il cittadino. Sballottato tra regole varie ed eventuali che cambiano continuamente, alle quali è anche costretto ad uniformarsi confidando di fare la scelta giusta.

Il timore e il sentore è che però di storie come questa ne verranno fuori tante altre. Il quel periodo chiaro-scuro lungo quasi tre anni di gestione della Pandemia Covid-19 in Italia.

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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