Van Gogh ritrovati: 300mila opere ancora in mano alle Mafie

Sono passati 14 anni, ma alla fine due dipinti di Van Gogh sono stati ritrovati. Trattasi de «La spiaggia di Schaveningen» e de «L’uscita dalla chiesa protestante di Nuenen», trafugati dal Van Gogh Museum di Amsterdam nel 2002, ritrovati venerdì scorso dalla Guardia di Finanza in una delle case di un ras del narcotraffico internazionale, Raffaele Imperiale, latitante a Dubai. Dov’erano? In un anonimo locale della provincia di Napoli, a Castellammare di Stabia. Ma il fenomeno delle opere d’arte rubate non è circoscritto solo alle mafie italiane, bensì, è di livello internazionale. Come se esistesse un grande museo in cui giacciono preziosi dipinti, affreschi, sculture, reperti archeologici. Solo che sono sparsi in giro per il Mondo, tra ville, scantinati e magari negozi all’insaputa del titolare. Se ne contano circa 300mila. Qual è la causa di ciò?

Furto di opere oltre quelle di Van Gogh: le ragioni del fenomeno

Come evidenzia Il Corriere della sera, da un lato, l’insufficienza degli impianti di sicurezza nella maggior parte dei musei. Dall’altro, i mandanti dei furti eccellenti, convinti che l’arte possa generare guadagni immediati. Spesso si tratta di figure della malavita, che vogliono impossessarsi di opere celebri per sfruttarle come occasione di riciclaggio, esportarle, rivenderle o esporle nelle loro abitazioni. Così autentiche pietre miliari dell’archeologia e della storia dell’arte finiscono nelle case di mafiosi o magnati dell’Est europeo (si pensi ai 17 dipinti di Castelvecchio rintracciati in Ucraina).

Circa 300mila opere ancora da recuperare

Dal 1970 al 2015, solo in Italia sono state trafugate 438.729 opere, di cui solo 134.614 sono state ritrovate. Thomas D. Bazley ha spiegato che il 90 per cento delle opere rubate non viene recuperato. Eppure, è molto ristretto il mercato di quei capolavori «negati», che possono essere venduti per circa un decimo in meno del loro valore. Inoltre, si sa, un dipinto «catalogato» è difficile da far circolare nei circuiti ufficiali. La conseguenza è che, come ha ricordato Justin Peters, la maggior parte dei quadri, delle sculture e dei resti archeologici rimane «nelle mani di chi li ruba». Perché le piste investigative sono difficili da ripercorrere. E soprattutto perché non si è finora lavorato per costruire una politica di tutela comune.

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