Lo schiavismo che c’è dietro i corrieri espresso: quanto guadagnano

Quando si parla di caporalato, non bisogna pensare solo a quello che si annida vergognosamente nei campi agricoli. A danno di italiani ed immigrati. Bensì, anche ad altri settori, come quello dei fattorini dei corrieri espresso che consegnano i pacchi. I quali lavorano a ritmi frenetici e con poche tutele. Il cui universo disperato che regge sullo schiavismo è venuto a galla a partire dalla morte dell’addetto Gls a Piacenza: Abd Elsalam Ahmed Eldanf. Investito da un mezzo della società lo scorso 15 settembre. Nonostante la morte dell’operaio – la cui ricostruzione è al centro di uno scontro tra lavoratori, azienda e magistrati – le trattative per rinnovare il contratto collettivo nazionale del settore dei corrieri espresso e introdurre conseguenze più severe per chi sfrutta gli addetti, sono ancora in stallo. Per questo alcune sigle sindacali rappresentative del settore, in particolare Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti stanno pensando a uno sciopero nazionale. Proprio per porre fine a questo schiavismo nei corrieri espresso. Scopriamone di più.

Lo schiavismo nel settore dei corrieri espresso

Il settore dei corrieri espresso impegna direttamente circa 250 mila addetti in Italia, secondo l‘Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano. Ma, considerando tutti i settori nel loro complesso, compresi i trasporti via mare, gli addetti salgono a 1,4 milioni. Tra questi ci sono gli uomini e le donne in divisa a cui apriamo la porta quando finalmente ci arriva a casa il pacco ordinato tre giorni prima su un qualunque sito di e-commerce, e gli uomini e le donne che lavorano nei capannoni dove vengono stoccati e smistati gli ordini, e i camionisti e guidatori che materialmente trasportano le merci dai grandi magazzini di periferia in tutta Italia. Questi snodi sono cruciali per le vendite online e sono i luoghi da cui soprattutto i big dell’e-commerce pretendono un’efficienza quasi militare.

Lo schiavismo a danno dei corrieri espresso fomentato dalle vendite online

Secondo studi di settore, l’aumento delle vendite online richiede un aumento, almeno in Italia, della manodopera necessaria a garantire l’efficienza delle consegne. Specie se il consumatore si abitua a ordinare qualcosa su Internet e vederselo recapitare entro un’ora ovunque si trovi. L’efficienza per ora non può essere garantita dalla sola tecnologia, ma l’impiego di manodopera umana inizia ad avere un costo sociale troppo pesante: gli operai ricevono spesso paghe da fame, sono sottoposti a turni massacranti, e non vedono rispettate tutele fondamentali (malattia e ferie). Si può parlare di caporalato nel settore della logistica? «Assolutamente sì – risponde Emanuele Barosselli, sindacalista della sigla Filt Cgil per la Lombardia – Ma con alcuni distinguo: dove c’è una presenza sindacale si tenta di superare queste condizioni, ma questo è un settore talmente vasto che tutte le organizzazioni sindacali e para sindacali messe insieme coprono forse il 20% di tutto il comparto».

Il lavoro nero tra i corrieri espresso

Tenere traccia del numero di lavoratori realmente impiegati e delle loro condizioni è impossibile a causa della scatola delle esternalizzazioni: un grande negozio online si affida a una società logistica per le consegne la quale, a sua volta, subappalta ad altre aziende lo smistamento o la consegna. Queste aziende a loro volta subappaltano a cooperative di lavoratori, in un ginepraio di deleghe che annacqua il compenso finale e rende complicatissimo risalire al vero datore di lavoro. Colui che in teoria deve essere costretto ad applicare le norme di un contratto collettivo nazionale.

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