Alla Rai renziana il Porro non piace: censurato Virus e non solo

Cambiano i governi, ma la Rai resta sempre la stessa. Non in termini di qualità del servizio offerto, drasticamente calato dalla seconda metà anni ’90. Bensì, in termini di monopolio della politica, con chi sta al Governo che la utilizza come proprio megafono. Lo ha fatto per decenni la Dc quando esisteva solo Raiuno, a cui si sono poi aggiunti Raidue e Raitre rispettivamente monopolizzati da Psi e Pci. Poi, con l’arrivo della Seconda Repubblica, il servizio televisivo pubblico è divenuto il giocattolo della coalizione al governo di turno. Così, quelli di destra non lavoravano quando c’era il centrosinistra e quelli di sinistra quando al governo c’era il centrodestra. Ora che domina il partito unico renziano, si censura, è proprio il caso di dirlo, a destra e manca. Ultima vittima Nicola Porro, ideatore e conduttore del talk show Virus su Raidue. E non è una questione di share.

Rai, la censura come cura a Virus

virus porro
Nicola Porro, ideatore e presentatore di Virus

A mettere in piazza la storia di Virus epurato dal palinsesto Rai e di Porro parcheggiato nel limbro dei «vedremo» è il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri. «La trasmissione Virus non andrà più in onda», afferma il vice presidente del Senato, «quella di Porro è una presenza che aggiungeva un pizzico di pluralismo in una Rai appiattita sulle posizioni della sinistra e del governo. Né si venga a dire che l’azienda ha fatto proposte alternative a Porro perché si tratta di ipotesi risibili. Si tratta di un’epurazione a tutti gli effetti». E di «epurazione» parla la deputata azzurra Daniela Santanché. «Anche il governo Renzi, come i migliori regimi sovietici, toglie di mezzo l’informazione che ritiene scomoda», afferma l’esponente azzurra, «siamo al redde rationem: stanno venendo al pettine tutti i nodi e le storture delle nuove norme che lasciano troppo potere al governo e al direttore generale della Rai e niente al Consiglio di amministrazione». Preoccupati della scelta indicata da Campo Dall’Orto anche gli esponenti del Nuovo Centrodestra e di Scelta Civica. In ballo c’è il pluralismo dell’informazione. Un tema, quello della pluralità delle voci, che all’amministratore delegato non deve stare particolarmente a cuore, nonostante i richiami che arrivano anche dal Pd.

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Proteste anche nel Pd

Nei giorni scorsi Michele Anzaldi, deputato dem e membro della commissione di Vigilanza, aveva sollevato proprio la questione dell’informazione. «Il grande assente del nuovo piano industriale della Rai è l’informazione, che rappresenta il cuore e la vera legittimazione del servizio pubblico», afferma il deputato del Partito democratico, «eppure è proprio l’informazione il campo su cui il servizio pubblico può e deve differenziarsi dalla concorrenza privata». Più chiaro di così. La Rai non deve togliere, semmai aggiungere, essendo Servizio pubblico. Il problema è che la logica dominante, sposata dall’amministratore delegato dell’azienda, è che la Rai deve essere al servizio del governo e non del cittadino. Porro ha saputo reggere il confronto quando doveva confrontarsi con Michele Santoro, in onda su La7, e si è sempre difeso bene nel match televisivo con Corrado Formigli, conduttore di Piazzapulita, altalenante fra la prima serata del lunedì e quella del giovedì. Ma tutto questo in Rai, non conta affatto.

Via anche Giannini da Ballarò

Giannini cacciato da Ballarò

Martedì sera c’è stata un’altra netta vittoria per Giovanni Floris con il suo DiMartedì in onda su La7 che ha battuto Ballarò sia in share che in ascolto medio, ma non è la sola ragione per la quale Ballarò, il programma di punta di Rai Tre, nella prossima stagione non sarà condotto da Massimo Giannini. L’ex vice direttore di Repubblica, parlando a Dogliani ha detto che «questa non è la Rai, questa è l’Eiar (l’ente monopolista delle radiodiffusioni durante il periodo fascista, ndr)», dice il giornalista, «è un’altra cosa. Lo dico con assoluta trasparenza e serenità, non c’è un discorso ideologico in quello che sto dicendo, né un atteggiamento contro il governo o Renzi». No, non è solo una questione di share.

A pesare sarà stata soprattutto la frase del conduttore su Maria Elena Boschi, riguardo il caso Banca Etruria. Il vice-direttore de La Repubblica infatti si è fatto scappare un: «Qualche rapporto incestuoso in questa vicenda c’è». Riferendosi tra le righe al fatto che nello scandalo bancario fosse coinvolto anche il padre del Ministro delle riforme. Anche in quel caso l’onorevole Anzaldi fu una voce fuori dal coro nel Pd.

Insomma, nuove epurazioni in vista nel palinsesto Rai. Le quali non fanno che confermare quanto sia sempre più ridicolo far pagare il Canone, dato che il pluralismo dell’informazione a Viale Mazzini non c’è mai stato. A ciò poi si aggiunge il succitato abbassamento della qualità del servizio offerto, livellatosi su quello di Mediaset, e lo spazio delle pubblicità ormai vicino a quello delle reti private. Quanto ai conduttori, l’unico che resta sempre saldo al suo posto è Bruno Vespa. Capace come pochi di aggraziarsi chiunque vada al Governo.

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