TANTI GLI ESEMPI IN ITALIA DI AGGLOMERATI URBANI AI CONFINI DELLE CITTA’, DI TANTO IN TANTO NE ESPLODE QUALCUNO
Quanto sta accadendo nel quartiere romano di Tor Sapienza – dove i residenti esausti dall’abbandono del Comune e dalla presenza fastidiosa di un centro per immigrati stanno mettendo le strade a ferro e fuoco – ripone sotto i riflettori dei media la situazione delle periferie italiane. Nelle quali sovente sono stati realizzati dei quartieri con tanto di palazzoni mostruosi, per metterci dentro le persone meno abbienti o colpite da una calamità naturale che ha fatto perdere loro casa; ma che poi col passar del tempo si trasformano in pericolose polveriere pronte ad esplodere. I quartieri ai margini nati con l’intento nobile di dare casa a chi non può permettersela sono, come dice il sempre efficace Pietrangelo Buttafuoco: “figli dell’ideologia della sinistra collettivista. L’ossessione totalitaria di creare ghetti pulviscolari cui destinare sacche di popolazione da indottrinare, eventualmente, dopo”. Non a caso Tor Sapienza è un quartiere di tradizione comunista, uno dei posti chiave della mobilitazione di sinistra. Luoghi dove la gente vive come se si trovasse infilata in scaffali. Gli esempi in Italia sono tanti.
I VARI ESEMPI – Si pensi alle Vele di Scampia, lo Zen a Palermo, il Librino di Catania, o la scuola Micciché-Lipparini di Scicli (Patrimonio Unesco, diventata famosa per alcuni film e Montalbano), ispirata a Niemeyer, edificata demolendo un antico collegio dei Gesuiti. Ma anche il quartiere Isola di Milano e la lista continua perché ce ne è uno in ogni grande città e in diversi Comuni.
Certo, non va meglio per i quartieri destinati alla borghesia. Si pensi a Milano due, freddo, grigio e artificiale. In una sola parola: triste. A questo punto meglio le “città operaie” costruite dai Borbone, che su tante cose hanno mostrato criterio e lungimiranza.
(Fonte: Il Giornale)