Quella che è una percezione diffusa, e diciamolo pure, una certezza, ci viene anche confermata da appositi studi. Con l’arrivo dell’euro ci siamo impoveriti, o, per dirlo in termini tecnici, il potere d’acquisto delle famiglie italiane si è sensibilmente ridotto.
Ultima conferma, in ordine di tempo, ci viene da uno studio dell’Associazione Altroconsumo, che ha preso in esame la spesa che ogni cittadino deve affrontare oggi per usufruire di una serie di beni e servizi fondamentali – dall’energia alle telecomunicazioni, dai trasporti pubblici ai ristoranti – e l’ha confrontata con un’altra identica ricerca che aveva svolto nel 2001. Ecco di seguito cosa è venuto fuori.
L’EURO CI HA IMPOVERITI – Partendo dai dati macroeconomici, l’indagine “Dieci anni in Eurolandia” quantifica subito in una percentuale del 7% il calo del potere
Utilizzando i dati dell’Istat, Altroconsumo rileva che la crescita dell’inflazione (ossia l’indicatore che calcola il costo della vita in base all’aumento dei prezzi al consumo) è stata in media del 2,3% annuo: i prezzi, dunque, in dieci anni sono cresciuti di quasi un quarto.
I RINCARI PIU’ SENTITI – La speculazione su pane si nota anche di più guardando ai prezzi degli altri generi alimentari, il cui aumento è stato invece quasi in linea (+25,3%) con l’inflazione (+23%). A parte i beni come tabacchi e gli alcolici (+53%), dove la spesa è diventata più salata per tutti gli italiani è il settore dei beni “primari” come l’acqua (+53%) e il gas (+34%), dei carburanti (+35%) e dei servizi locali, a cominciare dai trasporti pubblici (+35%) e dalle tariffe per i rifiuti solidi urbani (+33%).
Quanto ai premi Rcauto, i costi sono cresciuti a dismisura in città come Napoli (+122%) e Palermo (+77%), mentre a Roma è balzata del 136% in dieci anni la spesa per assicurare moto e motorini.
BENI AUMENTATI DI MENO E A SECONDA DELLE ZONE – Dove la spesa è cresciuta meno rispetto a 10 anni fa, tlc a parte, è tutto il settore dell’abbigliamento e calzature (+17,9%), dell’arredamento (+20,5%), le spese per il tempo libero e la cultura (+10,9%) e soprattutto nel settore sanitario (+2,8%). Sopra la media dell’inflazione è stato, secondo Altrconsumo, l’aumento dei prezzi per l’istruzione (+26,5%) e per i servizi ricettivi e di ristorazione (+28,9%). In un focus particolare
I dati vanno anche contestualizzati. E’ vero che il caffè, ad esempio, è aumentato del 35% a Roma e del 18,5% a Milano, ma è anche vero che Milano è passata così da 0,84 centesimi a un euro, mentre Roma da 0,63 a 0,85 centesimi di euro. Il maggiore incremento sulla pizza, invece, si è registrato a Bari (+45,2%), mentre il minore a Roma (+20,2%); oggi, però, secondo le rilevazioni di Altroconsumo, a Bari la pizza continua a costare la metà rispetto a Roma: 3 euro contro 6 euro.
IN ALCUNI CASI LE LIBERALIZZAZIONI HANNO FUNZIONATO – In alcuni settori “chiusi” come quello dei trasporti, la presenza di monopoli, oligopoli, e “cartelli” più volte denunciati anche dalle autorità di controllo, hanno pesato sui rincari e sui consumatori. Al contrario, dove il mercato è stato aperto con liberalizzazioni o ampliamento della rete distributiva, i prezzi sono andati giù: il caso più evidente riguarda i farmaci, scesi del 28% in 10 anni.
Dunque, sia Stato che privati hanno contribuito al nostro impoverimento con l’arrivo dell’Euro. Il primo ha aumentato tariffe e bollette, e non ha istituito meccanismi di controllo che impedissero ai secondi di raddoppiare i prezzi. Figurarsi se non avessero perso tempo a fregarci.
(Fonte: La Repubblica)