Certo, non dovrei parlare al passato perché di furti negli appartamenti se ne verificano ancora, ma sembra già roba del passato. Ora siamo alla violazione domestica 2.0, di Hacker che rubano la nostra privacy, ci spiano, controllano le nostre abitudini, mandando in tilt la nostra abitazione, rubando i nostri dati sensibili. Ecco che in che modo gli Hacker sono in grado di manipolare le nostre case.
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«Tutto ciò che è connesso a Internet è un potenziale oggetto di minaccia, compresa la smart tv» dice, senza tanti giri di parole, Roberto Baldoni. Lui è il direttore del centro di ricerca in cyber intelligence and information security all’università La Sapienza di Roma e direttore del Cini, il laboratorio nazionale di cybersecurity. Insomma, è la persona che coordina i lavori dei difensori del cyber spazio, parola che sa tanto di film alla Ridley Scott ma con cui dovremo imparare a convivere. Anzi, sembra che dobbiamo farlo con una certa fretta. Il rapporto Clusit 2017 dell’Associazione italiana per la sicurezza informatica registra un aumento del 1.200 per cento delle intrusioni informatiche nelle aziende e parla senza mezzi termini di «scenario da incubo».
«I dati emersi dall’analisi di centinaia di attacchi gravi del primo semestre 2017 sono emblematici – spiega Andrea Zapparoli Manzoni, membro del comitato direttivo Clusit -. Senza investimenti adeguati in sicurezza, l’applicazione delle tecnologie informatiche al business e nelle vite dei singoli cittadini rischia di diventare un boomerang, generando rischi economicamente e socialmente insostenibili».
Wannacry e non solo: più facile ricattarci
A che punto è lotta agli Hacker
C’è un altro nemico della sicurezza informativa: la burocrazia. Lenta, complicata e che, fra timbri e protocolli, parla un linguaggio totalmente anacronistico rispetto a un sistema per codici che, alla velocità della luce, penetra nelle banche dati di ogni angolo della terra. E poi il nemico numero uno: i finanziamenti. In Francia, Inghilterra e in Germania i governi hanno stanziato un miliardo di euro ogni quattro anni per sviluppare il piano di cybersicurezza. In Italia sono stati concessi 135 milioni di euro, una tantum. «Tenteremo comunque – assicurano all’istituto Cini – di trasformare l’Italia in un enorme cantiere cyber e di fare della sicurezza informatica una grande opportunità di sviluppo nazionale».
Va precisato che non siamo all’anno zero della lotta ai criminali informatici. L’Italia ha un suo piano di cybersicurezza, appena aggiornato rispetto a quello varato con il governo Monti nel 2013. A breve giro ci dovremo anche adeguare alla nuova stretta data dall’Unione Europea che, oltre a «un’agenzia-fortezza» contro gli attacchi, prevede anche la creazione di un fondo per i paesi colpiti dai virus, un sistema di certificazione Ue per i prodotti «cybersicuri», una rete e un centro di ricerca europei. E una direttiva contro le frodi per i pagamenti online, incluse le valute virtuali.
Gli hacker in Europa sembrerebbero fare danni per 265 miliardi l’anno e lo stesso presidente della commissione europea Jean Claude Juncker ha ammesso che al momento le difese sono un autentico colabrodo. Per questo la sicurezza informatica è stata inserita fra le priorità da affrontare assieme all’immigrazione. «Solo l’anno scorso – ha detto Juncker all’europarlamento di Strasburgo – ci sono stati più di 4mila attacchi ransomwere (ndr, blocchi dei computer con relative richieste di riscatto) al giorno e l’80% delle aziende ha sperimentato almeno un incidente di cybersecurity». Quando ci fu l’epidemia di Wannacry nemmeno le ambulanze erano più in grado di soccorrere i malati, il sistema operativo era stato mandato del tutto all’aria e i danni agli enti pubblici e privati sono stati immani.
La nostra privacy ormai è già violata. Oltre agli hacker che si aggiornano continuamente per fregarci, mettiamoci pure Google che conosce tutti i nostri spostamenti. Gli elettrodomestici cosiddetti intelligenti inviano poi in automatico dati sulle nostre abitudini, così da rendere roba vecchia anche le indagini di mercato. Ma non siamo noi ad influenzare le vendite, sono loro che puntano a cambiarci.