Scoperti 7 nuovi vulcani sottomarini nel Tirreno: ecco dove e quali pericoli comportano

Tirreno, mare di vulcani. Fino ad oggi ci era nota l’esistenza di 8 vulcani sottomarini. Alcuni anche molto grandi come il Marsili e il Vavilov, che si aggiungono a quelli emersi che formano le isole Eolie. Il Marsili è il vulcano sottomarino più grande d’Europa: è lungo 70 km e largo 30 (ne ho parlato qui). Ora però i vulcani sottomarini del Tirreno quasi raddoppiano, passando da 8 a 15.

Una ricerca condotta dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dal Cnr, insieme a ricercatori neozelandesi, ne ha identificati altri sette, che insieme ai precedenti formano una catena lunga 90 chilometri in direzione est-ovest e larga 20 km. Vediamo dove sono geolocalizzati e se sono pericolosi.

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Come riporta il Corriere della sera, l’analisi è stata firmata da Luca Cocchi (dell’Ingv), Fabio Caratori Tontini (di Geological and Nuclear Sciences New Zealand), Salvatore Passaro e Guido Ventura. «Questa catena di vulcani, definita del Palinuro (come la rinomata località balneare che si trova nei paraggi), si estende in profondità da circa 3.200 metri fino a 80 m sotto il livello del mare», spiega Ventura, lo scienziato di Ingv e Cnr che ha coordinato il gruppo di ricerca. «Questi vulcani rappresentano una spaccatura della crosta terrestre dalla quale risalgono magmi provenienti dalle isole Eolie, dal Tirreno centro-meridionale, e dall’area compresa tra la Puglia e la Calabria».

«Questi crateri sono stati attivi sicuramente tra 300 mila e 800 mila anni fa, ma non è da escludere che siano stati attivi in tempi più recenti», ha aggiunto Passaro, dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del Cnr. «Oggi sono caratterizzati da attività idrotermale sottomarina a si collocano in una zona di anomalia termica (circa 500 gradi mille metri sotto il fondo del mare)».

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In tutto il bacino tirrenico ci sono vulcani attivi e testimonianze di vulcanesimo secondario, come emissioni di gas e di fango che si sono verificati anche di recente. «Lo studio è ancora all’inizio», ha concluso Ventura. «La conoscenza della storia eruttiva di questi vulcani è ancora parziale e necessita di ulteriori dati e ricerche oceanografiche». Quindi occorre attendere nuove analisi per capire se sono realmente pericolosi. A quanto sembra però non sono del tutto inattivi, e ciò non ci fa stare di certo tranquilli.

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