E alla fine anche Nicola Zingaretti si è dimesso da Segretario del Partito democratico. Il che è diventata quasi una habitué da quando esiste quello che avrebbe dovuto essere il più grande partito riformista d’Italia, frutto di quel compromesso storico che Berlinguer aveva tentato negli anni ’70 tra Pc e Dc. E che costò anche la vita ad Aldo Moro, all’epoca Presidente della Democrazia cristiana (a sua volta parlava di “convergenze parallele” tra democristiani e comunisti. Perché quell’accordo non piaceva a tanti: i potentati interni alla Dc, le Brigate rosse, gli Stati Uniti….
Il Pd si è invece rivelato un partito padronale, una sorta di Democrazia cristiana 2.0. Che si proponeva come sintesi migliore tra le istanze degli imprenditori da un lato e degli operai dall’altro. Ma alla fine, come sempre accade quando cerchi di essere tutto, non è diventato niente.
Anzi, qualcosa è diventato: soprattutto il partito dell’Alta finanza, della burocrazia dell’Unione europea, degli inciuci di palazzo per restare al governo, delle multinazionali. Ci governa da quasi 9 anni degli ultimi 10, portandoci dove siamo oggi.
Ma perché Nicola Zingaretti si è dimesso da segretario del Pd? E cosa accade nel Partito democratico dopo le sue dimissioni?
Cerchiamo di fare il punto della situazione per quella che è la decima dimissione in 14 anni.
Perché Zingaretti si è dimesso dal Pd
A dare la spiegazione ufficiale è stato lo stesso ormai ex segretario del partito, nonché Governatore del Lazio, sul proprio profilo Facebook:
Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel PD, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid. […] Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità. Nelle prossime ore scriverò alla Presidente del partito per dimettermi formalmente. L’Assemblea Nazionale (che si terrà il prossimo 13 e 14 marzo, ndr) farà le scelte più opportune e utili
Veri motivi dimissioni Zingaretti da segretario del Pd
Questa la spiegazione ufficiale. Ma cosa c’è davvero dietro? Come riporta Il Post, probabilmente, Zingaretti si è sentito “preso per la giacca” da una maggioranza interna, che lo accusa di aver fatto perdere con la sua guida una vocazione maggioritaria del suo stesso partito, e di averlo indebolito a vantaggio di un altro, il M5S. Il quale, nei recenti sondaggi, risulta di nuovo davanti al Pd con un eventuale Giuseppe Conte alla sua guida.
Un’altra critica mossa a Zingaretti riguarderebbe l’assenza di ministre nel gruppo governativo indicato dal PD per il governo Draghi. Oltre al doppio incarico conferito ad Andrea Orlando, da un lato vicesegretario del partito e dall’altro neo ministro del Lavoro e delle Politiche sociali. I critici chiedevano le dimissioni di Orlando dalla segreteria, e la nomina di una vice segretaria donna con funzioni di vicaria.
Ancora, a Zingaretti e alla sua segreteria centrale sono state mosse critiche riguardo la scarsa attenzione ai territori, come da parte del sindaco di Bari Antonio Decaro, quello di Bergamo Giorgio Gori, e quello di Firenze Dario Nardella.
Tra le correnti più agguerrite contro Zingaretti e che lo avrebbero spinto alle dimissioni, troviamo la cosiddetta Base Riformista. Guidata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, spesso descritta come quella degli “ex renziani”.
Tra le ipotesi che circolano c’è l’idea che Nicola Zingaretti avrebbe scelto di lasciare davvero e definitivamente la segreteria per dedicarsi al lavoro in Regione. O addirittura per candidarsi a sindaco di Roma alle prossime amministrative.
Secondo altri la mossa di Zingaretti farebbe invece parte di una strategia per placare il dissenso interno e trasformare l’Assemblea Nazionale che si terrà a metà marzo in una sua riconferma e un suo rafforzamento senza passare per un Congresso anticipato. D’altronde, nell’Assemblea Nazionale, Nicola Zingaretti gode ancora di una larga maggioranza.
Del resto, qualche segnale di vicinanza e ricucitura nei suoi confronti già si è verificata. Come da parte del Ministro della cultura ed ex segretario del Pd, Dario Franceschini, peraltro pure capo di una delle più importanti correnti di maggioranza. Il quale ha invitato tutto il partito a sostenerlo.
Dimissioni Zingaretti: cosa accade ora
Cosa accade ora dopo le dimissioni di Zingaretti da segretario del Pd?
Lo Statuto del Partito democratico prevede che, dopo le dimissioni del segretario va convocata un’Assemblea Nazionale. Una di parlamentino interno al PD che conta circa mille componenti e che è eletta direttamente attraverso il voto alle primarie, con le liste collegate ai diversi candidati alla segreteria.
Se Zingaretti confermerà le sue dimissioni, si anticiperà il Congresso, con un reggente come traghettatore del Pd fino a quando quest’ultimo si svolgerà. Reggente che potrebbe essere affidata ad una donna, anche per placare le istanze rosa all’interno del Pd. Il nome che circola con insistenza è quello dell’ex ministra della Difesa Roberta Pinotti. Vicina alla corrente proprio di Dario Franceschini.
Con dimissioni Zingaretti Pd ha cambiato 8 segretari in 14 anni
IlSole24Ore sottolinea come il Pd abbia continuamente cambiato segretari, tra lotte intestine, “notti dei lunghi coltelli“, sconfitte alle elezioni e problemi vari ed eventuali. Ecco una sintesi:
- Walter Veltroni presenta la sua candidatura alle primarie del Partito Democratico il 27 giugno 2007 e viene eletto segretario con il 75% dei consensi. Ma le sconfitte elettorali subite tra il 2008 e il 2009 pesano. Così a febbraio 2009 si dimette
- Dario Franceschini diventa nuovo Segretario nazionale del Partito in attesa delle primarie
- Bersani vince le primarie contro Renzi, in uno scontro tra vecchio establishment e nuovo che avanza. Bersani si dimetterà dopo la sconfitta subita dal Pd nel 2013
- Al posto di Bersani ci va Guglielmo Epifani, ex capo della CGIL, sempre in attesa di nuove primarie
- Il 9 luglio 2013 Matteo Renzi ci riprova e stravince le primarie con il 67,55%. Farà piazza pulita dei vecchi del partito e lo porterà a sfiorare il 41% alle europee del 2014
- Sarà riconfermato segretario il 30 aprile 2017, sfiorando il 70%, dopo le prime dimissioni in seguito alla sconfitta al referendum costituzionale con una breve parentesi di Matteo Orfini. Dopo il quale si è anche dimesso da Premier, avvicendato da Paolo Gentiloni.
- Dopo la sconfitta del Pd alle politiche di marzo 2018, dove ha preso solo il 18% dei voti, Renzi si dimette una seconda volta. E lo sostituirà Maurizio Martina.
- Le nuove primarie si tengono il 3 marzo 2019 e vedono vincitore Nicola Zingaretti con il 66%, già Governatore del Lazio
Chi sarà nuovo segretario del Pd
Chi prenderà il posto di Nicola Zingaretti come segretario del Pd? I nomi più accreditati sono quelli di Dario Franceschini, dato addirittura dai papabili a Palazzo Chigi prima che diventasse concreta l’ipotesi di Mario Draghi. E Stefano Bonaccini, apprezzatissimo Governatore dell’Emilia Romagna.