Votare di lunedì non ferma l’astensionismo: sprecati 15 milioni di euro

Votare di lunedì non ferma l’astensionismo: sprecati 15 milioni di euro

Il Governo Meloni ha ben pensato di contrastare l’astensionismo ormai cronico della stanca democrazia italiana estendendo nuovamente il voto al lunedì. Infatti, il lunedì elettorale era stato abolito nel 2014 fa per risparmiare molti euro, con una deroga solo durante la pandemia (2020-21) al fine di evitare assembramenti alle urne.

Tuttavia, a fronte di una spesa di quasi 15 milioni di euro, abbiamo avuto un’affluenza maggiore rispetto all’anno scorso di soli 5 punti percentuali, ovvero il 59 percento contro il 54. I quali, tra l’altro, molto probabilmente non sono neppure imputabili al lunedì al voto.

La verità è che gli italiani sono sempre più sfiduciati dalla politica, preferiscono ormai non andare affatto a votare anziché votare “il meno peggiocome accaduto fino agli anni zero.

Ad onor del vero, un po’ di entusiasmo lo avevano riportato i Cinquestelle, postisi come una novità assoluta. Ma poi abbiamo visto come è andata a finire pure con loro. Ma torniamo al flop del lunedì alle urne e quanto ci è costato.

Il flop e il danno economico del lunedì al voto

Come rileva Il fatto quotidiano, il 2022 fu un annus horribilis dell’affluenza, con le comunali di giugno al 54% e le politiche del 25 settembre alle quali partecipa solo il 64% degli italiani, contro il 73% delle europee del 2018 e con aree del Sud dove si scende sotto al 50%.

Il governo ha calcolato che la deroga per il 2023, anno in cui si rinnovano cinque consigli regionali e quasi 800 consigli comunali, costerà 14.874.000 euro. Ai quali vanno pure aggiunti i costi di tenere chiuse le scuole in un giorno di lezione (oltre al danno agli studenti che ormai, tra virus e meteo, interrompono continuamente le lezioni in presenza), mentre la paga per scrutatori e presidenti di seggio rimane la stessa. Sebbene potranno contare su un giorno se non due giorni di permesso in più al lavoro.

Le maggiori spese sono tutte relative alla vigilanza delle circa 61.659 sezioni per cui si è calcolato di impiegare 60 mila agenti di Polizia per ulteriori 10 ore.

Le amministrative 2023, con 793 comuni al voto, hanno registrato un’affluenza del 59%. Come detto nell’incipit, un anno fa era del 54% con una sola giornata di voto. Ma quel magro cinque percento in più, come fa osservare il direttore di Noto Sondaggi, Antonio Noto, noto anche di fatto visto che spesso è ospite a Porta a porta di Bruno Vespa:

non si può attribuire al lunedì perché una parte di chi ha votato il secondo giorno lo avrebbe fatto in ogni caso

A influire sulla partecipazione alle comunali, dicono le serie storiche, è poi il numero di comuni al voto. Più sono e maggiore diventano il peso e la visibilità che la politica nazionale dà all’appuntamento. Ma ciò è vero fino a un certo punto: nel 2018, quando il numero dei consigli comunali da rinnovare era simile a quello di quest’anno (760 comuni), l’affluenza superò il 60% nonostante la sola domenica a disposizione. E così nel 2015, con mille comuni al voto e un’affluenza del 65%.

Il banco di prova c’era già stato, il 12 e 13 febbraio scorsi, con le regionali in Lazio e Lombardia. Le due regioni che, senza voler fare un torto alle altre, sono anche le più importanti d’Italia. Una per la presenza della Capitale e del Vaticano, l’altra per motivi economici e finanziari.

In Lombardia l’affluenza è stata del 41,67%. Nel 2018, quando si era votato in un unico giorno, era stata del 73,11%. Peggio nel Lazio, con il 37,2% di affluenza contro il 66,55% del 2018.

Gli elettori non credono più neanche ai Sindaci

Le elezioni amministrative dovrebbero attrarre di più i cittadini, dato che votano i loro rappresentanti locali, che dovrebbero sentire più prossimi rispetto ai parlamentari. Che tra l’altro non possono neanche scegliere direttamente.

Il presidente dell’Istituto Ixè, Roberto Weber, così smonta la vittoria del centro-destra alle ultime amministrative:

Sì, ha vinto, ma si governano città, regioni e interi Paesi col 75% di consenso contrario, espresso o meno che sia

In effetti, l’astensionismo è comunque una espressione di voto contrario. L’archeologo e filosofo belga David Van Reybrouck propone addirittura il sorteggio per ravvivare la democrazia:

Sorteggiare una parte degli attuali eletti potrebbe risvegliare la partecipazione più di quanto ormai non riescano a fare le elezioni, molto meglio di quanto non facciano i seggi aperti di lunedì che funzionano meno di un’aspirina

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Pubblicato da Vito Andolini

Appassionato di geopolitica e politica nazionale.

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