Quando in realtà le peggiori figuracce sanitarie e amministrative le stanno compiendo proprio loro. Con Milano che continua a vedere aumentare il numero di contagiati e la Lega che si conferma essere solo “chiacchiere e distintivo”. Oltre che snob e sborona.
Tra i tanti, si sta distinguendo in particolare Vittorio Feltri, bergamasco doc. Già in passato autore di “perle” contro i meridionali ed i napoletani. Feltri, con le sue uscite a mezzo Libero o ospitate televisive, non perde mai tempo per esercitare il suo copione. Dando l’impressione che certe uscite siano più speculari che sincere.
Avendo ormai compreso la pubblicità che esse gli stanno fruttando grazie ai Social. Un po’ quello che accade a Vittorio Sgarbi, giullare alla corte di Berlusconi, che da anni ormai antepone il suo ruolo di buffone televisivo a quello di straordinario critico d’arte.
Tornando a Vittorio Feltri, personalmente credo che l’anti-meridionalismo sia solo l’ultimo dei mali. Il vero peccato originale il direttore di Libero lo ha commesso nel ‘94. Ecco [sta_anchor id=”feltri”]quale[/sta_anchor].
Vittorio Feltri, il Re Mida del giornalismo di destra
C’è stato un tempo, tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio anni ‘90, nel quale Vittorio Feltri poteva essere considerato il Re Mida del giornalismo di destra. Motivo? Quando andava a dirigere un giornale, le vendite di quest’ultimo aumentavano incredibilmente.
Guardando al Feltri di oggi, si penserà che ciò avvenisse perché riempiva quei giornali di Fake news, parolacce e uscite estrema. Non proprio. Trasformava quei giornali in quotidiani d’assalto, di critica raffinata contro il potere, capaci di suscitare indignazione e voglia di spaccare tutto in chi li leggeva.
Come riporta Wikipedia, la sua carriera è iniziata nel 1962, quando diciannovenne inizia a collaborare con L’Eco di Bergamo. Vince un concorso alla provincia di Bergamo, ma rinuncia per proseguire la sua passione per il giornalismo.
E così tante altre esperienze (tra cui al Corriere della sera) fino ad arrivare alla prima direzione: quella del settimanale L’Europeo nel 1989. Orbene, portò il giornale nel giro di 2 anni da 78mila a 130mila copie. Praticamente quasi raddoppiandole.
Nel 1992 sostituisce Ricardo Franco Levi alla direzione de l’Indipendente, in grave crisi di vendite. Feltri rilancia il giornale e ne fa un quotidiano di successo, cavalcando lo sdegno popolare a seguito dell’inchiesta Mani pulite. Concentrando più volte i suoi attacchi sulla figura dell’allora segretario socialista Bettino Craxi. Per il quale coniò il soprannome “Cinghialone“.
Nell’aprile 1993 conosce Silvio Berlusconi; il Cavaliere gli propone di lavorare come giornalista televisivo a Canale 5, ma Feltri rifiuta. Nel corso dell’anno l’Indipendente sale oltre le 120.000 copie, superando anche Il Giornale fondato da Montanelli circa vent’anni prima. Del quale non provava alcuna invidia.
All’epoca l’Indipendente contava alcune firme eccellenti, come Massimo Fini.
Nel gennaio 1994, Feltri viene contattato da Paolo Berlusconi, editore de Il Giornale, che gli offre la direzione del quotidiano – direzione che Indro Montanelli ha deciso di lasciare in contrasto con la nuova proprietà che voleva farne un eco di partito (Silvio Berlusconi aveva appena fondato Forza Italia, per “scendere in campo”.
Feltri accetta e rimane al Giornale per 4 anni, durante i quali riporta il quotidiano in auge, da 130.000 a 250.000 copie (media annuale del 1996). anche qui gli riesce quasi il miracolo di raddoppiare le copie.
Nello stesso periodo, Feltri cura anche una rubrica sul settimanale Panorama (scriverà anche alcuni reportage dall’Umbria colpita dal terremoto del settembre 1997), collabora con Il Foglio di Giuliano Ferrara e con altre testate nazionali, tra cui Il Messaggero e Il Gazzettino.
Vittorio Feltri e il voltafaccia dal ‘94 in poi
Tuttavia, con l’approdo a Il Giornale, Vittorio Feltri cambia anche drasticamente posizione nei confronti del Pool di Milano e di Bettino Craxi. Forse ubriacato dal denaro dei Berlusconi.
Infatti, come ammise quasi 10 anni dopo sempre su Il Giornale:
«Nel 1992 stavo a fianco di Antonio Di Pietro e di altre toghe. A Bettino Craxi ho dedicato i titoli più carogna della mia vita professionale al tempo dell’Indipendente. Del resto Bettino non fece nulla per sottrarsi ai colpi. Incurante di essere considerato il simbolo della politica ladra e corrotta, circondato da ometti che non facevano nemmeno lo sforzo di togliersi la giacca da gangster, non smetteva di ergersi senza ripararsi. Non schivava i colpi, e io pensavo fosse alterigia: quindi via con le ironie, le indignazioni e i sarcasmi. Ho sbagliato. Non scriverei più festosamente davanti alla «rivolta popolare» che accolse Bettino la sera del 30 aprile del 1993 fuori dall’hotel Raphaël a un passo da piazza Navona.»
Inoltre, quanto a Di Pietro, durante la sua permanenza alla direzione del Giornale Feltri accumula ben 35 querele da parte del magistrato. L’amministrazione del quotidiano decide di raggiungere un accordo con la controparte per la remissione delle querele.
Feltri si uniforma alla decisione presa e il 7 novembre 1997 scrive in prima pagina una diplomatica lettera al magistrato. Nello stesso numero è pubblicata una lunga ricostruzione (due pagine) in cui tutte le accuse a Di Pietro vengono smontate.
Un mese dopo il clamoroso articolo, Feltri lascia il Giornale. Ammettendo di aver intascato anche il 6 per cento del pacchetto azionario del giornale e che in fondo sbagliò ad andarsene.
Tra il ‘98 e il 2000 intraprende altre avventure, ma con gli riescono i precedenti miracoli giornalistici, assumendo anche la direzione de Il Borghese, lo storico settimanale fondato dal grande Leo Longanesi. Diretto per quasi un quarantennio da Mario Tedeschi (1957-1993).
Nel 2000 fonda Libero, del quale è direttore ed editore fino al 2009. Poi fino al 2016 alterna ritorni tra Il Giornale e Libero.
Ma è un altro Feltri. Dalla polemica pretestuosa, zerbino di Berlusconi, offensivo nei confronti di meridionali e gay. Il Vittorio Feltri letto fino al 1994 non c’è stato più.
Il ricordo di Massimo Fini su Vittorio Feltri
Molto bello è il ricordo che ne ha il grande Massimo Fini, esposto su un articolo scritto per Il Fatto quotidiano nell’agosto 2010. Fini ha avuto Feltri come direttore a L’Indipendente e a L’Europeo.
Nello stesso, Fini descrive il voltafaccia di Feltri arrivato a Il Giornale.
Su Di Pietro:
“Era stato un fan senza riserve di Antonio Di Pietro (che chiamava affettuosamente “Tonino”) e di Mani Pulite, con eccessi, lui sì, forcaioli, e divenne nemico acerrimo della Magistratura. Non c’era errore, vero o presunto, di magistrato fosse stato commesso pure in Nuova Zelanda (non dico per dire, c’è stato anche questo) che non fosse sbattuto in prima pagina con critiche feroci e sarcastiche. Divenne un “garantista” a 24 carati (salvo dimenticarsi bellamente di ogni garantismo ora che, per ragioni di scuderia, ha scatenato la “caccia all’uomo” nei confronti di Gianfranco Fini)”
Sulla Lega:
“Era stato un sostenitore appassionato della Lega e le voltò da un giorno all’altro le spalle quando Bossi nel ‘94 abbatté il governo Berlusconi con quello che resta il suo miglior discorso in Parlamento. Mi ricordo che dopo quell’avvenimento ci trovammo insieme a un dibattito a Bergamo con una platea zeppa di leghisti che lo attaccavano pesantemente come “traditore” e “voltagabbana”
Inoltre aggiunge che era anticraxiano e, in omaggio ai trascorsi del Capo, divenne filocraxiano. Riportando anche un suo articolo su L’Europeo del 1990, dove parla dei regali del pentapartito capeggiato da Craxi a Berlusconi nel 1984.
Ecco un passaggio, per tutto l’articolo rimando al link dato in precedenza:
“Non soltanto non sono morti, ma sono ancora lì, in piena salute, a far danni alla collettività, col pretesto di curarne gli interessi, interessi che sarebbero gli stessi, secondo loro, del dottor Silvio di Milano due, il quale pretende tre emittenti, pubblicità pressoché illimitata, la Mondadori, un quotidiano e alcuni periodici. Poca roba .Perché non dargli anche un paio di stazioni radiofoniche, il Bollettino dei naviganti e la Gazzetta Ufficiale, così almeno le leggi se le fa sul bancone della tipografia? Poiché nemmeno il garofano, pur desiderandolo, ha osato chiedere tanto per l’amico antennuto”
Quanto basta per trovare le differenze col Feltri letto dal ‘94 in poi.