Il Tribunale aveva inizialmente respinto la sua richiesta per carenza del nesso causale tra l’uso dei telefoni e la malattia, ma i giudici d’appello hanno disposto una nuova consulenza che ha individuato il nesso, quanto meno concausale tra la patologia e l’utilizzo di cordless e cellulare. Il dirigente ha anche subito alcuni interventi chirurgici ed è seguito da uno psichiatra dal 2003. I giudici bresciani sottolineano che lo studio usato dall’Inail per difendersi risale al 2000, e non tiene conto dell’uso più recente, ben più massiccio e diffuso di tali apparecchi e del fatto che si tratta di tumori di lenta insorgenza. Gli studi del 2009, su cui era fondata l’ultima consulenza, basati su dati più recenti, sono di per sé più attendibili.
UNA SENTENZA CHE POTREBBE FARCI CONOSCERE I VERI EFFETTI DELL’USO DI CELLULARI E CORDLESS
Fino ad oggi le ricerche sugli effetti sul nostro organismo provocati dall’uso ripetuto di cellulari e cordless, o dal loro semplice essere portati in tasca, sono tra loro in contraddizione nei risultati; anzi, pare che a parte qualche eccezione, nessun istituto di ricerca voglia prendersi la briga di investire somme per ricerche a tal fine e magari porsi in contrapposizione con colossi del settore.
C’è però una recente sentenza che potrebbe aprire la strada alla verità: la Corte d’appello di Brescia ha condannato l’INAIL a pagare una rendita pari all’80% di invalidità, con gli arretrati e gli interessi, a un dirigente d’azienda, poiché recita la sentenza: «È documentato, per quanto la letteratura non porta a un giudizio esaustivo, il rischio aggiuntivo per i tumori cerebrali, e in particolare per il neurinoma, dopo dieci anni di esposizione a radiofrequenze emesse da telefoni portatili e cellulari». Il dirigente aveva contratto una grave patologia cerebrale in quanto, durante il lavoro, «aveva utilizzato il telefono cellulare e il cordless per una media di 5-6 ore al giorno e per un periodo di 12 anni»; ovvero dal 1991 al 2003.
Il Tribunale aveva inizialmente respinto la sua richiesta per carenza del nesso causale tra l’uso dei telefoni e la malattia, ma i giudici d’appello hanno disposto una nuova consulenza che ha individuato il nesso, quanto meno concausale tra la patologia e l’utilizzo di cordless e cellulare. Il dirigente ha anche subito alcuni interventi chirurgici ed è seguito da uno psichiatra dal 2003. I giudici bresciani sottolineano che lo studio usato dall’Inail per difendersi risale al 2000, e non tiene conto dell’uso più recente, ben più massiccio e diffuso di tali apparecchi e del fatto che si tratta di tumori di lenta insorgenza. Gli studi del 2009, su cui era fondata l’ultima consulenza, basati su dati più recenti, sono di per sé più attendibili.
Il Tribunale aveva inizialmente respinto la sua richiesta per carenza del nesso causale tra l’uso dei telefoni e la malattia, ma i giudici d’appello hanno disposto una nuova consulenza che ha individuato il nesso, quanto meno concausale tra la patologia e l’utilizzo di cordless e cellulare. Il dirigente ha anche subito alcuni interventi chirurgici ed è seguito da uno psichiatra dal 2003. I giudici bresciani sottolineano che lo studio usato dall’Inail per difendersi risale al 2000, e non tiene conto dell’uso più recente, ben più massiccio e diffuso di tali apparecchi e del fatto che si tratta di tumori di lenta insorgenza. Gli studi del 2009, su cui era fondata l’ultima consulenza, basati su dati più recenti, sono di per sé più attendibili.
Una sentenza importante, per le ragioni menzionate in apertura di post, e che potrebbe spingerci ad utilizzare con più parsimonia i cellulari o i cordless in casa e ufficio, per diverse ore del giorno (uso che fortunatamente non ho, anche perché non amo parlare al telefono). Soprattutto l’uso smisurato che le tante promozioni offerteci possono indurci ad avere.
Gli studi più rilevanti sui danni che le onde dei telefoni portatili potrebbero arrecare all’organismo, sono stati pubblicati dal National Institute of Environmental Health Sciences americano, i cui ricercatori hanno lavorato con il finanziamento del Consiglio svedese per la ricerca. Essi affermano che il rischio potenziale dei campi elettromagnetici per il corpo umano costituisce una preoccupazione crescente per la società. Avendo già dimostrato come impulsi di onde leggere aumentino in modo significativo il passaggio di albumina attraverso la barriera emato-encefalica, ora hanno cercato di capire se un passaggio patologico di questo tipo possa avere a che fare con danni ai neuroni. Tre gruppi di 8 ratti ciascuno sono stati esposti per due ore a campi elettromagnetici di diversa entità generati da telefonini GSM, e vi sono prove significative di danni neurali nella corteccia, nell’ipotalamo e nei gangli dei cervelli dei ratti.
Ad oggi, come ben noto, nessuna certezza scientifica si è avuta in merito ai danni che potrebbe causare l’uso dei telefoni cellulari, al punto che persino l’Organizzazione mondiale della Salute appare poco propensa a finanziare ulteriori indagini, peraltro invise ai costruttori di telefoni mobili. In questo caso però, come rilevano numerosi osservatori in queste ore, si sta ipotizzando l’esistenza di un possibile effetto collaterale che non era stato precedentemente messo sotto osservazione.
Il professor Salford ha posto l’accento sul fatto che non ci sono certezze in merito ai danni che potrebbe provocare il passaggio di certe proteine ma, ha spiegato che neuroni che normalmente non invecchiano prima che le persone raggiungano i 60 anni potrebbero invece decadere quando queste sono sulla trentina.
Anche lo studio della Finland’s Radiation and Nuclear Safety Authority ha trovato che l’esposizione alle radiazioni di telefoni mobili può causare un incremento dell’attività di centinaia di proteine in cellule umane coltivate in laboratorio. Nondimeno lo studio, di cui i ritrovamenti iniziali furono pubblicati il giugno 2002, nella rivista scientifica “Differensation”, pone nuove domande riguardo al fatto che le radiazioni dei telefoni mobili possa indebolire la capacità della barriera protettiva cerebrale di fermare sostanze nocive.
Lo studio si è concentrato sui cambiamenti nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni per verificare se tali cambiamenti potrebbero indebolire il funzionamento della barriera sanguigna cerebrale, che impedisce a sostanze potenzialmente nocive di affluire nel cervello dal flusso sanguigno. Hanno scoperto anche che un’ora di esposizione alle radiazioni dei telefoni mobili ha causato il restringimento di cellule umane in cultura. I ricercatori credono che il restringimento sia innescato da una reazione che normalmente avviene solo quando una cellula è danneggiata. In una persona, tali cambiamenti potrebbero disattivare meccanismi di sicurezza che impediscono a sostanze nocive di affluire nel cervello dal flusso sanguigno.
I cambiamenti prodotti dalle radiazioni sulle cellule potrebbero interferire anche con il processo di morte normale di apoptosis (naturale processo in cui una cellula si disintegra dopo aver raggiunto una certa età o dopo essere stata danneggiata). Se le cellule che sono “programmate” per morire non lo fanno, possono formarsi dei tumori. Lo studio ha scoperto che una proteina chiamata “hsp27” relazionata con il funzionamento della barriera cerebrale-sanguigna ha mostrato un’accresciuta attività dovuta all’irradiazione e ha indicato la possibilità che tale attività possa rendere la barriera più permeabile.
L’accresciuta attività della proteina potrebbe fare in modo che le cellule si restringano – non vasi sanguigni ma solo le cellule – e quindi tra quelle cellule potrebbero apparire dei minuscoli varchi attraverso i quali alcune molecole potrebbero passare.
A contrastare queste ricerche di qualche anno fa vi è quella del giapponese Naohito Yamaguchi datata 2008, il quale l’ha pubblicata sulla rivista “British Journal of Cancer”, ed è arrivato alla conclusione che possedere, utilizzare ed abusare del telefono cellulare non causa tumori al cervello.
L’indagine ha coinvolto oltre mille individui, di diversa provenienza e con diverse abitudini, e non ha evidenziato alcun rapporto diretto tra radiomobile e malattie degenerative del tessuto cerebrale. Finanziato con quasi 12 milioni di euro, il team della Tokyo Women’s Medical University ha intervistato 322 pazienti affetti da tumori al cervello e confrontato la loro storia clinica con 683 volontari assolutamente sani. Un campione eterogeneo in fatto di abitudini, a cominciare dall’utilizzo e dal possesso di un apparecchio per la telefonia mobile: i pazienti coinvolti erano assidui utilizzatori di cellulari o persone che non ne avevano mai posseduto uno, stesso criterio utilizzato per la scelta degli individui sani.
Fermo restando che il cellulare possa portare gravi conseguenze a chi lo usa per molte ore al giorno e che molto probabilmente quelli di vecchia generazione (diciamo quelli prodotti fino ad inizio 2000) sono più nocivi di quelli recenti e di ultima generazione, è anche vero che molto non ci viene detto, in nome del consumismo e degli interessi delle multinazionali produttrici di cellulari. Siamo circondati di onde elettromagnetiche, considerando, oltre ai cellulari che portiamo costantemente con noi, anche i cordless in casa e in ufficio, quelle prodotte dalle antenne paraboliche, dai ripetitori telefonici piazzati in città senza alcuna coscienza, quelle emesse dai computer, dai modem internet wireless, dagli elettrodomestici e dai cavi della corrente in generale.
Forse in futuro il genere umano è destinato tutto ad essere come il personaggio della Marvel “Uomo radioattivo”, ripreso poi ironicamente anche dal cartone animato dei “Simpsons”. In attesa di questa possibile e fantasiosa mutazione genetica, Dio ce ne scansi…