Un primo esproprio c’e stato nella prima metà anni ’90 per il passaggio di un acquedotto che doveva portare acqua potabile a Napoli, proveniente dalla sorgente del Monte Sirino (Potenza). L’acquedotto, seppur terminato nel giro di due anni, non è mai andato in funzione, lasciando invece così la terra:
Cartello illegibile che ne indica l’esistenza:
Nel 2008 invece sono iniziati dei lavori per la sistemazione idrogeologica del versante che va dal Monte “S.Angelo a Palomba” alla collina di Cancello, Comune di San Felice a Cancello (CE), nonché di ripristino dell’alveo; alla famiglia proprietaria dell’appezzamento di terra hanno espropriato 2 particelle. Gli espropri di solito sono pagati bene, ma il geometra che ha curato l’operazione gli ha invece riconosciuto una somma davvero misera.
La zona di San Felice a Cancello fu anch’essa interessata alla frana che nel maggio ’98 colpì molte aree della Campania, soprattutto Avellino e Salerno, ma anche appunto il casertano, come testimonia questo articolo del Corriere della sera del 1998:
“Frane e fango, la Campania in ginocchio Emergenza in Irpinia e nel Salernitano: tre morti, numerosi i dispersi Una frazione scomparsa sotto tonnellate di detriti e terra Centinaia di persone sono senza un tetto NAPOLI – E’ difficile perfino contare i morti. Si parla pietosamente di dispersi: c’e’ chi dice che sarebbero cinque in tutto, chi si spinge addirittura a ipotizzarne una ventina. Fino a tarda notte, comunque, sono stati ritrovati tre cadaveri: quello di un giovane, figlio di un tabaccaio, quello di una poliziotta, a Quindici, e di un’anziana donna travolta dalla frana che ha spazzato via la sua casa a San Marco Trotti, una frazione di San Felice a Cancello, nel cuore della provincia casertana. Di certo vi e’ che la Campania sta cadendo a pezzi sotto i colpi di un temporale che da 48 ore sferza il Mezzogiorno e non accenna a diminuire. Interi paesi sono annegati in un mare di fango e detriti, piombati dalle montagne circostanti: Episcopio, una frazione di Sarno, e’ scomparso, completamente sommerso da tonnellate di terra e sarebbero crollate alcune palazzine, isolate dal resto della regione.“
Ecco lo stato dei lavori, lasciati in sospeso:
Insomma, nonostante l’appezzamento di terra sul quale il dichiarante ha una casa di proprietà rientri nella “zona rossa” da ormai dieci anni, e soggetta quindi a dissesto idrogeologico, e per i quali ricordo che le Province per mitigare il problema hanno ricevuto e probabilmente ricevono ancora fondi pari al 75% dall’UE (fondi FEOGA), al 17,5% dallo Stato e al 7,5% dalla Regione ai fini del provvedimento che va sotto la dicitura “Misura 1.3 – Sistemazione idraulico forestale e tutela delle risorse naturali” (P.O.R. Campania 2000-2006, e 2007-2013), esso viene deturpato con un acquedotto tra l’altro mai entrato in funzione, e anni dopo espropriato una seconda volta per lavori di messa in sicurezza lasciati incompleti (lavori iniziati solo dieci anni dopo dai fatti del ’98).
I punti conclusivi sono tre:
1) la famiglia in questione si ritrova con una casa in montagna al centro di un appezzamento di terra deturpato nella sua porzione anteriore e posteriore, “scippata” con pochi soldi dallo Stato tramite esproprio, riducendo sensibilmente la possibilità da parte loro di coltivarla (oggi si dedicano solo alla coltivazione di olive e aranci, per quanto è possibile);
(Anche le foto sono state scattate da me)